La selettività bizzarra degli interventi NATO

di Gian Paolo Calchi Novati | su il manifesto

 

caccia missili-w350Al di là delle molte ragioni di disaccordo segnalate rispettosamente anche dalla redazione, l’articolo in cui Uri Avnery “benedice” la Nato ha il merito di evidenziare, forse involontariamente, le ragioni di tale disaccordo. Là dove accusa gli ex-comunisti e i nostalgici dell’Urss-Russia di giudicare le varie crisi che tormentano il mondo “dall’esterno” anziché “dall’interno”. In effetti, ammesso che, con integrazione, interazioni e globalizzazione, fra interno e esterno ci sia veramente una differenza, è probabile che l’esterno nelle crisi del Terzo mondo ma anche nei Balcani (si veda il caso del Kosovo) prevalga sull’interno. Cosicché non è assurdo che si faccia fatica ad auspicare e approvare gli interventi militari contro chicchessia. Gli Stati Uniti, la Nato, l’Occidente, il capitalismo, il Neo-Impero (ma in Georgia la Russia) interferiscono, non sempre mediante la guerra ovviamente, in pressoché tutti i grandi eventi “interni” che possono cambiare la correlazione delle forze a livello internazionale. Gli obiettivi sono fin troppo chiari. Giustamente Avnery ammonisce a non ridurre tutto al petrolio. Anche in Libia la guerra della Nato non aveva come sola posta il petrolio o addirittura il petrolio era una posta secondaria.

 

Sorprende che Avnery, così coinvolto nella disputa storica fra Israele e Palestina e/o arabi, non tragga proprio da quella disgraziata situazione le stesse conseguenze esposte qui. Sono motivi interni o esterni che spingono gli Stati Uniti a “coprire” tutte le trasgressioni di Israele, anche in modo irragionevole e su fatti relativamente secondari come l’ampliamento degli insediamenti nei territori occupati? È lo stesso Avnery a parlare di ossessione antislamica di Israele e prima ancora di Herzl. Dall’inizio, l’insediamento ebraico in Palestina ha pesato soprattutto per i rapporti esterni. I sionisti sono diventati il fattore di progresso ed egemonia facendo scivolare via via sullo sfondo la popolazione araba perché avevano dalla loro un collegamento preferenziale con il Centro, possedevano i capitali e la tecnica del Centro. L’esodo degli ebrei dai paesi del Nord Africa e Medio Oriente, e poi dall’Urss, quali che fossero i timori di discriminazioni o persecuzioni, è stato determinato dalla volontà di trovare, oltre che una patria, un ubi consistam più congeniale al proprio ethos e ai propri interessi trasformando automaticamente il neo costituito stato di Israele in un’appendice o un aggregato dell’anti-Sud e anti-Est. Stando ai soli motivi interni, gli innumerevoli conflitti arabo-israeliani nell’epoca del bipolarismo non mettevano in gioco questioni vitali per i rapporti Est-Ovest eppure la guerra fredda ha egualmente condizionato quei conflitti stabilendo eo jure gli schieramenti sulla base di considerazioni che non riguardavano solo le peripezie della Palestina o di Israele ma gli equilibri nello scenario complessivo.

Anche Uri Avnery ammetterà che gli interventi della Nato sono selettivi. La decisione ultima, a parità di condizioni interne, è influenzata dai primi o secondi fini di carattere regionale o mondiale. Così è stato per il Kosovo, è così per Iraq, Afghanistan e Libia. E così sarà, se ci sarà, per una guerra contro l’Iran, incluso dieci anni fa dalla Casa Bianca fra gli “stati canaglia”. Non risulta che gli Stati Uniti e Israele trattino alla pari l’eventuale bomba atomica di Teheran e la bomba reale del Pakistan. Senza un raggio di portata esterna Israele non si ingerirebbe negli affari del remotissimo Sudan attentando in un arco di tempo di decenni alla stabilità del sistema centrato su Khartoum fino a favorire, con molte concause interne, il distacco del Sud.

Tutte le recenti vicende del Nord Africa sono state un continuo rimbalzo di fattori interni ed esterni. Se Uri pensa davvero che i libici si siano “liberati” da soli dovrebbe misurarsi con le conclusioni che le fonti legate ai comandi militari di Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti hanno ricavato dalla guerra contro Gheddafi. Se non fosse per fattori “esterni”, del resto, il mondo occidentale sarebbe indifferente o contento per la vittoria dei partiti islamici in Tunisia e verosimilmente in Egitto e persino in Libia perché di per sé essa ricompone il quadro delle forze politiche in un ambito più realistico dopo l’eccesso di “importato” sull’”autoctono” sia delle decolonizzazioni che dei successivi sviluppi nei paesi arabi e musulmani.