
di Marco Pondrelli
Gli attacchi sul suolo russo confermano che la strada per la pace è ancora lunga, essi si collocano nel segno del doppiopesismo occidentale. Proviamo a domandarci cosa sarebbe successo se durante l’invasione dell’Iraq da parte degli USA Russia e Cina avessero aiutato Saddam ad organizzare un attentato (anzi più attentati) sul suolo statunitense? Quali sarebbero state le reazioni delle isteriche comari nostrane? Al contrario le reazioni entusiaste e trionfanti agli attacchi ucraini (leggasi Nato) dei giorni scorsi sono rivelatori di un clima da curva sud, che dimostra come la guerra è entrata nella testa delle nostre sempre più discreditate élite.
Mentre il 9 maggio a Mosca gli stati presenti rappresentavano non solo la maggioranza della popolazione mondiale ma anche il nuovo mondo multipolare, l’Occidente preferiva crogiolarsi nella sua autoconferitasi superiorità, incapace di cogliere i mutamenti che si verificano sotto i suoi occhi dall’Africa all’America Latina. Nonostante gli entusiasmi dei soldati da salotto del nostro Paese la situazione sul campo non sta cambiando, avere colpito il ponte di Crimea e i bombardieri russi (intanto calati da 41 a 12) ha, come scritto da analisidifesa.it, ‘un valore propagandistico rilevante pur non influenzando l’andamento delle operazioni belliche sul terreno’. Ovviamente l’uso del terrorismo da parte ucraina/Nato ha un significato, perché continuando l’avanzata russa l’unico strumento è quello di mandare in crisi il fronte interno russo. Terrorizzare la popolazione per indurre i leader russi a ritirarsi. Analizzando realisticamente i rapporti di forza possiamo definire questa una mossa disperata e con scarse speranze di riuscita.
Come abbiamo più volte affermato l’Ucraina si trova in una condizione difficile perché, pur essendo uno stato fallito, è costretta a continuare la guerra. Difficilmente un accordo che non prevedesse il ritorno ai confini del 1991 sarebbe accettato dalle milizie neonaziste e questo porterebbe all’apertura di uno scontro interno (essendo queste milizie molto bene armate).
In questo quadro il Regno Unito si presenta come il più feroce sostenitore della guerra e pur essendo uscito dall’Unione europea continua a dirigerne la politica estera. Il laburista Starmer si atteggia a leader di un impero, ma come gli altri governanti europei più che imporre l’egemonia sul resto del mondo dovrebbe preoccuparsi di avere ancora consenso, se non nel suo Paese almeno nel suo collegio elettorale. Il progetto inglese trova un punto di contatto con quello francese e tedesco nella necessità di proseguire la guerra, che è diventata l’unica cosa che tiene insieme la Ue è che permette la sopravvivenze di questa screditata classe dirigente. Tolta la guerra Francia e Germania hanno prospettive molto distanti, con la Polonia che, dopo le recenti elezioni, potrebbe convertirsi ad una politica più filo-statunitense indebolendo la posizione francese.
In una situazione così caotica l’Unione europea sopravvive aspettando Godot ovverosia la vittoria ucraina, vittoria che non ci sarà. In televisione opinionisti e politici sempre più spaesati continuano a ripetere parole d’ordine alle quali non credono più, anziché dire l’unica cosa che avrebbe senso: la Russia non è nemica dell’Italia e riaprire una collaborazione con Mosca sarebbe nell’interesse di entrambe le nazioni oltreché della pace. Aspettando uno sprazzo di lucidità occorre prendere atto che gli Stati Uniti sono sempre meno propensi a investire risorse in Europa sapendo che il vero scontro è nell’Indo-Pacifico, questo vuoto come sarà colmato? Dal nucleare francese o dal riarmo tedesco? Al momento guardando ai popoli europei l’unica cosa che possiamo affermare è che le politiche di riarmo non sono condivise, gli italiani sono più preoccupati delle liste d’attesa nella sanità che non da una fantomatica invasione russa. È necessario che questa opposizione sociale si esprima, acquisti forza e abbia una rappresenta politica.
Lo scenario che si aprirà nel Vecchio Continente è di difficile interpretazione, quello che possiamo dire è che questa Unione europea è finita e al suo posto nascerà altro, di migliore o peggiore è difficile dirlo oggi.
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