di Manlio Dinucci | da il Manifesto del 2 ottobre 2012
Ora sappiamo come sarà la bomba nucleare iraniana: a palla e con la miccia accesa, uguale a quella dei fumetti per bambini. L’ha mostrata con un disegno, all’Assemblea generale dell’Onu, il premier israeliano Netanyahu e, come un maestro di asilo infantile, ha tirato fuori un pennarello e ha tracciato sulla bomba una bella linea rossa. Qui, ha spiegato, deve essere fermato «il più pericoloso regime terrorista del mondo», quello iraniano, «prima che completi l’arricchimento nucleare necessario a fabbricare una bomba».
Ben altro quadro avrebbe dovuto essere presentato all’Onu: quello del potente arsenale nucleare israeliano, avvolto dalla linea nera del segreto e dell’omertà. Secondo Jane’s Defense Weekly, Israele – l’unica potenza nucleare in Medio Oriente – possiede da 100 a 300 testate, pronte al lancio su missili balistici che, con il Jericho 3, raggiungono 8-9mila km di gittata.
La Germania ha fornito a Israele (sotto forma di dono o a prezzi scontati) quattro sottomarini Dolphin modificati: in ciascuno, ai sei tubi di lancio per missili da crociera a corto raggio ne sono stati aggiunti quattro per i Popeye Turbo, missili nucleari con raggio di 1.500 km. I sottomarini israeliani made in Germany, silenziosi e capaci di restare in immersione per una settimana, incrociano nel Mediterraneo orientale, Mar Rosso e Golfo Persico, pronti ventiquattro’ore su ventiquattro all’attacco nucleare.
Gli Stati uniti, che hanno già fornito a Israele oltre 350 cacciabombardieri F-16 e F-15, si sono impegnati a fornirgli almeno 75 caccia F-35, anch’essi a duplice capacità nucleare e convenzionale. Il Pentagono, che mantiene segreti i codici di accesso al software dell’F-35 anche ai paesi (come l’Italia) che partecipano alla sua costruzione, li fornirà invece a Israele così che possa integrare l’F-35 nei propri sistemi di guerra elettronica. Darà inoltre priorità all’addestramento dei piloti israeliani, preparandoli all’attacco nucleare con questi caccia di quinta generazione.
Israele, che a differenza dell’Iran rifiuta il Trattato di non-proliferazione, non ammette di possedere un arsenale nucleare (la cui esistenza è riconosciuta dall’Agenzia internazionale per l’energia atomica), ma fa intendere minacciosamente di averlo e poterlo usare. Rifiuta quindi di partecipare alla Conferenza per la creazione in Medio Oriente di una zona libera da armi nucleari, indetta dall’Onu, cui l’Iran ha invece aderito.
Intanto Israele, che secondo il Sipri ha prodotto fino al 2011 690-950 kg.di plutonio, continua a produrne una quantità sufficiente a fabbricare ogni anno 10-15 bombe della potenza di quella di Nagasaki. Produce sicuramente anche trizio, gas radioattivo con cui fabbrica armi nucleari di nuova generazione. Tra cui mini-nukes, da usare in un teatro bellico ristretto, e neutroniche, che provocano minore contaminazione radioattiva, ma più alta letalità per la forte emissione di neutroni veloci: le più adatte contro obiettivi non tanto distanti da Israele.
Gli stati arabi membri della Iaea, che avevano preparato una risoluzione su «Le capacità nucleari israeliane», sotto pressione Usa ne hanno rimandato la presentazione al 2013. Mentre la miccia della bomba, non quella iraniana del fumetto ma quella vera di Israele, può essere accesa in qualsiasi momento.