di Domenico Losurdo, domenicolosurdo.blogspot.com
Nei giorni scorsi Gianfranco Fini ha espresso rammarico per le iniziali titubanze mostrate dall’Italia in occasione dello scatenamento della guerra Nato contro la Libia. Chiaramente il Presidente della Camera non riesce a rompere col suo passato di campione del fascismo e del colonialismo. Ecco quello scrivo nel mio libro “Il linguaggio dell’Impero”
Chi assume posizione netta contro la politica di Israele è facilmente sospettato di antisemitismo; ma perché far valere a senso unico questa ermeneutica del sospetto?Si prenda, per quanto riguarda l’Italia, un politico di primo piano quale Gianfranco Fini. La sua marcia di avvicinamento allo «Stato ebraico» è iniziata diversi anni fa allorché di Mussolini ha ritenuto opportuno criticare soltanto la legislazione antisemita: «Fino al 1938, cioè fino a un minuto prima della firma delle leggi razziali [antisemite], io credo che sia molto difficile giudicare il fascismo in modo complessivamente negativo». E le leggi razziali a danno degli «indigeni» (arabi e neri) nell’impero coloniale fascista? E i massacri in Etiopia? E l’impiego massiccio di iprite e gas asfissianti, i campi di concentramento? Come si vede, del fascismo è criticato solo l’antisemitismo, mentre non c’è alcuna presa di distanza dall’espansionismo e dal razzismo coloniale. Si potrebbe pensare che dichiarazioni sopra riportate rinviino ad una fase intermedia dell’evoluzione di Fini. Non è così. Eccolo nel 2004, già vice premier, lanciarsi in una celebrazione acritica della conquista e dell’occupazione della Libia, dove «gli italiani hanno portato, insieme alle strade e al lavoro, anche quei valori, quella civiltà, quel diritto che rappresenta un faro per l’intera cultura, non soltanto per la cultura occidentale».
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A questo punto conviene vedere in che modo un leader arabo (Gheddafi) ha risposto a Fini: «Ora è diventato antifascista, e questa è una cosa giusta. So che ha anche chiesto scusa agli ebrei, per quello che è stato fatto dai fascisti italiani agli ebrei. Se facesse la stessa cosa anche verso i libici, chiedendo scusa ai libici, in questo caso potrebbe essere elogiato».
Ben si comprende che un nostalgico del colonialismo quale Gianfranco Fini sia stato sin dall’inizio tra i più accesi sostenitori della guerra della Nato. E chiara è la superiorità morale di Gheddafi rispetto non solo a Fini ma anche ai carnefici di Washington e di Bruxelles.