Il prossimo autunno. Editoriale

di Marco Pondrelli

Alcuni opinionisti e politici italiani ricordano molto da vicino Kamasuka, il soldato giapponese protagonista di un film con Bud Spencer e Terence Hill, che continuava a combattere nonostante la guerra fosse finita da decenni, sappiamo che si ispirava ad un evento reale ma a renderlo più simile ai nostrani guerrafondai è l’ironica caricatura del film.

Oramai anche il capo di gabinetto di Stoltenberg è diventato putiniano (aspettiamo con ansia la denuncia di repubblica e corriere) avendo capito che la guerra non può essere vinta e Sarkozy ritiene necessario il dialogo con la Russia. Quando intervenne al teatro Lirico di Milano poco prima di essere arrestato e giustiziato dai partigiani, Mussolini continuava a parlare di vittoria, come direbbe Marx siamo passati dal dramma alla farsa: da Mussolini a Kamasuka.

Elena Basile ha scritto su ‘il fatto quotidiano’ che il vertice di Gedda non ha segnato l’avvicinamento della Cina all’Occidente come qualcuno voleva fare credere. Sarebbe stato strano visto che l’Occidente collettivo è lo stesso che addita Pechino come principale nemico, proprio per questo il piano di pace cinese rimane il tentativo più realistico per porre fine alla guerra iniziata nel 2014. Siamo consapevoli che lo scontro mondiale difficilmente troverà una conclusione a breve termine, quindi anche se in forme diverse continuerà dopo la fine delle ostilità in Ucraina, in ogni caso oggi la priorità è chiudere questa guerra.

Arrivare ad un compromesso è negli interessi di tutti, compreso l’Occidente. In tanti hanno esultato per il recente deprezzamento del rublo, erano gli stessi che ci garantivano un anno fa che l’economia russa stava per crollare e ci dicevano anche che l’esercito di Putin, pronto a conquistare l’Europa intera, si sta disfacendo. La realtà è diversa, dopo la Germania anche l’Olanda è entrata in recessione, la situazione nel resto dell’eurozona non è migliore, come scritto su ‘il sole 24 ore’ del 17 agosto ‘la produzione è di fatto diminuita se si escludono i dati volatili dell’Irlanda, che ha registrato un aumento a due cifre‘.

Come abbiamo più volte affermato questa è una guerra che gli USA stanno facendo contro la Russia ma anche contro l’Europa, purtroppo per loro anche oltreoceano le cose non vanno meglio, è stato sempre l’organo di Confindustria ad informarci che le bancherotte di aziende statunitensi sono al massimo dal 2010. L’economia statunitense rimane debole perché eccessivamente finanziarizzata, la povertà, le crescenti diseguaglianze che si sommano alle tensioni razziali formano un ritratto del Paese molto lontano dalle ‘mille luci di New York’, che ci raccontano di un benessere condiviso. La novità positiva è che l’estate che gli USA stanno vivendo è un’estate calda, non solo a causa del clima ma anche di una imponente ondata di scioperi partita proprio dalla fabbrica dei sogni (o degli incubi): Hollywood. Queste lotte si sono diffuse ad altre realtà come quelle alberghiere, dell’automotive e degli spedizionieri.

È sempre più chiaro che la lotta di classe oggi si lega alla lotta contro l’imperialismo. La classe operaia sa chi dovrà pagare i costi della guerra, lo sa perché non è una novità, in Grecia la Ue mentre con una mano affamava il popolo con l’altra imponeva l’aumento delle spese militari. Il governo Meloni ha dichiarato guerra ai poveri, si taglia il reddito di cittadinanza con la motivazione che chi non lavora e solo perché non ne ha voglia e preferisce girare in Ferrari grazie ai soldi pubblici (frasi realmente pronunciate), ma allo stesso tempo le forze politiche si sono impegnate ad aumentare il budget della difesa. Fra poco ci diranno che il 2% del PIL è insufficiente e che bisogna spendere ancora di più e questi soldi saranno trovati tagliando la spesa sociale. Sembra passato un secolo ma sono solo pochi anni da quando, durante la pandemia, tutti i politici facevano a gara nel difendere la sanità pubblica e nel promettere assunzioni di medici e infermieri.

Contro tutto questo bisogna lottare, come a Genova dove i portuali sono stati in grado di unire le lotte contro lo sfruttamento dei lavoratori al blocco delle navi cariche d’armi. Se l’autunno che abbiamo alle spalle è stato brutto quello che ci si prospetta è ancora peggiore, ripensando e attualizzando una famosa frase di Che Guevara oggi dobbiamo creare 10, 100, 1000 Genova.

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