di Manlio Dinucci | da il Manifesto
L’accordo che impedisce all’Iran di ottenere un’arma nucleare rende «il nostro mondo più sicuro», ha annunciato il presidente Obama il 2 aprile. Lo stesso giorno, però, il Comando della U.S. Air Force per l’«attacco globale» comunicava l’avvenuto lancio sperimentale (con testate non-nucleari) nel Pacifico di due Minuteman III, missili balistici intercontinentali a testata nucleare, quale «promemoria visivo sia ai nostri avversari sia ai nostri alleati» del fatto che «la U.S. Air Force può attaccare ovunque, in qualsiasi momento, con rapidità e precisione maggiori che mai».
Ciò conferma quanto «The New York Times» documentava lo scorso settembre, ossia che «l’amministrazione Obama sta investendo miliardi di dollari nella modernizzazione dell’arsenale nucleare». Il piano pluriennale, il cui costo è previsto in circa 1000 miliardi di dollari, prevede la costruzione di 12 nuovi sottomarini da attacco (ciascuno in grado di lanciare, con 24 missili balistici, fino a 200 testate nucleari su altrettanti obiettivi), altri 100 bombardieri strategici (ciascuno con circa 20 missili o bombe nucleari) e 400 missili balistici intercontinentali con potenti testate nucleari.
Rientra in tale piano l’ammodernamento delle 70-90 bombe nucleari Usa schierate in Italia, ignorate dall’alto rappresentante Ue Federica Mogherini che, mentre inneggia all’accordo sul nucleare iraniano, tace sul fatto che l’Italia, ospitando armi nucleari al cui uso vengono addestrati anche piloti italiani, viola il Trattato di non-proliferazione.
Vengono così vanificati i limitati passi sulla via del disarmo stabiliti col nuovo trattato Start, firmato a Praga da Stati uniti e Russia nel 2010. Sia la Russia che la Cina stanno potenziando le loro forze nucleari, anche per neutralizzare lo «scudo anti-missili» col quale gli Usa mirano ad acquisire la capacità di lanciare un first strike nucleare e non essere colpiti dalla rappresaglia. Secondo la Federazione degli scienziati americani, gli Usa mantengono 1920 testate nucleari strategiche pronte al lancio (su un totale di 7300), in confronto alle 1600 russe (su 8000). Comprese quelle francesi e britanniche, le forze nucleari della Nato dispongono di circa 8000 testate nucleari, di cui 2370 pronte al lancio. Aggiungendo quelle cinesi, pachistane, indiane, israeliane e nordcoreane, il numero totale delle testate nucleari viene stimato in 16300, di cui 4350 pronte al lancio.
E la corsa agli armamenti nucleari prosegue con la continua modernizzazione degli arsenali. Per questo la lancetta dell’«Orologio dell’apocalisse», il segnatempo simbolico che sul «Bulletin of the Atomic Scientists» indica a quanti minuti siamo dalla mezzanotte della guerra nucleare, è stata spostata da 5 a mezzanotte nel 2012 a 3 a mezzanotte nel 2015, lo stesso livello del 1984 in piena guerra fredda.
Particolarmente alto il rischio che un giorno possano essere usate armi nucleari in Medio Oriente, dove l’unico paese a possederle è Israele, che a differenza dell’Iran non aderisce al Trattato di non-proliferazione. Secondo le stime, le forze armate israeliane possiedono 100-400 testate nucleari, comprese bombe H, con una potenza equivalente a quasi 4mila bombe di Hiroshima. I vettori comprendono oltre 300 caccia statunitensi F-16 e F-15, armati anche di missili israelo-statunitensi Popeye a testata nucleare, e circa 50 missili balistici Jericho II su rampe di lancio mobili. Israele possiede inoltre 4 sottomarini Dolphin, modificati per l’attacco nucleare, forniti dalla Germania, che lo scorso settembre ha consegnato il quarto dei sei previsti.
Mentre punta i riflettori sull’Iran, che non possiede armi nucleari e il cui programma nucleare civile è verificabile, l’apparato politico-mediatico lascia in ombra il fatto che Israele possiede un potente arsenale nucleare, fuori da ogni controllo, e che gli Stati uniti hanno firmato accordi per la fornitura ad Arabia Saudita, Bahrain ed Emirati arabi di tecnologie nucleari e materiale fissile con cui possono dotarsi in futuro di armi nucleari. L’Arabia Saudita ha ufficialmente dichiarato («The Independent», 30 marzo 2015) che non esclude di costruire o acquistare armi nucleari, con l’aiuto del Pakistan di cui finanzia il 60% del programma nucleare militare. Tutto legale: il Pakistan non aderisce al Tnp e può quindi fare ciò che vuole delle sue bombe nucleari, fornendole sottobanco alla monarchia saudita.