Il conflitto in Ucraina e le contraddizioni dell’Unione Europea. Editoriale

di Francesco Galofaro, Università IULM

In Polonia è recentemente cambiato il governo, ma non la linea sciovinista in politica estera. Durante una conferenza stampa tenutasi il 5 febbraio scorso, il giornalista di un quotidiano scandalistico di taglio popolare, Super Express, ha chiesto al ministro della Difesa, Władysław Kosiniak-Kamysz, se ha preso in considerazione la possibilità di una sconfitta militare dell’Ucraina e di una conseguente invasione della Polonia. Il ministro ha risposto: “Mi aspetto ogni scenario e tengo conto seriamente di quelli peggiori”. Inoltre, avrebbe già iniziato passi concreti per prepararsi alla possibile minaccia, esaminando anche lo stato dei rifornimenti di materiale bellico. Il ministro ha poi sottolineato che, per quanto siano importanti i rifornimenti di armi su larga scala, anche l’equipaggiamento di ciascun soldato va preso molto sul serio. Il riferimento, nemmeno troppo implicito, è alla sospensione degli aiuti militari a Kiev voluta dal governo precedente nel contesto del conflitto commerciale con l’Ucraina sulle importazioni del grano. Il governo precedente aveva motivato la sospensione con la necessità di non sguarnire le proprie difese militari.

La risposta di Kosiniak-Kamysz non va interpretata come un’uscita estemporanea. Come egli stesso ha ribadito, si tratta di una posizione meditata. Il ministro, esponente di punta del Partito contadino (PSL), non è solo il titolare di un ministero di peso, direttamente coinvolto nelle vicende belliche; è anche vicepresidente del consiglio nel Governo guidato da Donald Tusk. La posizione del governo polacco è chiaramente ideologica. Infatti, presenta come “consequenziale” il legame tra la sconfitta militare dell’Ucraina e l’invasione della Polonia. In questo modo si chiude a ogni possibilità di compromesso politico, alternativo alla disfatta militare sul campo di una delle due parti, e a ogni tentativo di trovare una situazione che soddisfi sia la Russia e la UE sulla sicurezza internazionale.

Che questa sia la linea di Bruxelles è testimoniato dal tentativo di alimentare la paranoia e la paura di massa nell’opinione pubblica. Già in luglio i piani della NATO in caso di invasione Russa erano stati “rivelati” dal giornale tedesco Bild: un’altra testata scandalistica, come la stampa italiana dimentica di spiegare. Questi piani sono oggetto dell’esercitazione militare NATO Steadfast defender, attualmente in corso proprio mentre la Russia sta lanciando la sua contro-controffensiva. Le probabilità di un incidente militare, casuale o provocato, non fanno che aumentare: nella giornata del 7 febbraio Varsavia ha schierato in volo la propria aviazione in risposta a un missile russo lanciato nelle vicinanze del confine polacco.

La realtà è che, dietro proclami e atteggiamenti belluini, l’UE cerca di nascondere una situazione di crescente difficoltà. Il 2 febbraio il consiglio ha stanziato ben 50 miliardi per la guerra ucraina, mentre l’8 febbraio il senato USA ha ribadito l’ennesimo stop al pacchetto di 61 miliardi di aiuti a Kiev. Sempre il 2 febbraio, Ursula von der Leyen ha ammesso che entro fine marzo l’Ue avrà consegnato all’Ucraina soltanto metà del milione di munizioni da artiglieria promesso nella primavera scorsa; il 5 febbraio Borrel ha invitato i Paesi UE a interrompere le esportazioni di armi per concentrare il flusso sull’alleato ucraino. Nel frattempo, Mosca avanza: il 7 febbraio Kiev è rimasta senza elettricità; l’8 febbraio Zelensky ha silurato il capo delle forze di difesa ucraine, generale Valery Zalushny.

Il peso del conflitto ricadrà sempre più sull’economia e sulla società europea, già duramente provata, come dimostrano le proteste cui hanno dato vita gli agricoltori in diversi Paesi d’Europa. La stampa per lo più presenta quella dei contadini come una vertenza contro le politiche “green” di Bruxelles, ma si tratta di una mezza verità. L’agricoltura europea è duramente provata a causa di un accordo con l’Ucraina del 2022, che prevede il libero commercio dei prodotti agricoli ucraini, e dalla crisi conseguente al conflitto, che ha gettato nell’instabilità i prezzi di energia, riscaldamento e logistica. A fronte di ciò, L’UE è disponibile sacrificare, in parte, il proprio programma di modernizzazione ecologica, pur di non retrocedere sulla guerra. Il compromesso sull’ecologia è chiaramente una miserabile toppa rispetto al disastro economico che incombe sul nostro futuro prossimo.

Proprio il governo polacco è un esempio lampante delle contraddizioni della politica di Bruxelles. Donald Tusk è un esponente di peso del partito popolare europeo. Rappresenta una destra liberale moderata e filoeuropea. Il suo vicepresidente, tuttavia, rappresenta il partito tradizionale dei contadini: dovrà dunque scegliere tra l’orientamento filoeuropeo del proprio governo e l’interesse della propria base elettorale a non venir rovinata dalle condizioni di favore che la UE ha accordato all’Ucraina. Inoltre, la destra liberale di Tusk governa con l’appoggio, parte interno e parte esterno, della coalizione di sinistra Lewica. Che cosa ne sarà di questo appoggio, già di per sé difficilmente comprensibile dal popolo, se il governo lascerà che i costi della guerra ricadano sulle classi popolari? La tattica di paventare invasioni russe imminenti non funzionerà all’infinito. Per motivi simili, anche il governo italiano è in difficoltà: a parole, Giorgia Meloni ha promesso che l’Italia difenderà i propri interessi a Bruxelles; nei fatti, il governo ha fin da principio indossato l’elmetto contro la Russia e non fa nulla per discutere l’accordo di libero commercio che favorisce l’importazione di derrate alimentari dall’Ucraina.

Con le elezioni europee che si avvicinano, la coalizione popolare e socialdemocratica che governa l’Unione farebbe meglio a prendere atto, con realismo, che le speranze di vincere la guerra si allontanano e che i prestiti a Kiev diverranno presto inesigibili. Per il momento, tuttavia, si direbbe sia del tutto incapace di comprendere l’importanza di una exit strategy per l’immediato futuro.

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