di Rick Rozoff, Stop NATO | globalresearch.ca
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
Uno degli sviluppi più significativi del periodo post-guerra fredda, e certamente il più inquietante, è la trasformazione della North Atlantic Treaty Organization (NATO), blocco militare creato dagli Stati Uniti durante la genesi della Guerra fredda nel 1949, in un’organizzazione che è cresciuta fino a includere la totalità dell’Europa, che ha ampliato le partnership militari in tutto il mondo e condotto la guerra in tre continenti. Nel 2006 Kurt Volker, a suo tempo nel Dipartimento di Stato e due anni dopo ambasciatore degli Stati Uniti presso la NATO, rivendicava che l’anno precedente la NATO era stata “impegnata in otto operazioni contemporanee in quattro continenti”.
Due anni dopo, Daniel Fried, del Dipartimento di Stato, dichiarava al Comitato della Camera degli Stati Uniti, Sottocommissione agli Affari esteri sull’Europa: “Quando è caduto il Muro di Berlino nel 1989, la NATO era un’alleanza di 16 membri con nessun partner. Oggi, la NATO vanta 26 membri, con 2 nuovi invitati, con prospettive di adesione per gli altri e più di 20 partner in Europa ed Eurasia, sette nel Mediterraneo, quattro nel Golfo Persico, e altri in tutto il mondo”.
Sebbene l’allora Segretario di Stato James Baker avesse assicurato il Presidente sovietico Mikhail Gorbaciov, al momento della riunificazione tedesca del 1990, che la NATO non si sarebbe mossa di un pollice verso est, l’atto di fusione portò la Repubblica Democratica Tedesca ad essere assorbita non solo nella Repubblica Federale, ma nella NATO, spingendo quindi immediatamente quest’ultima verso est, fino ai confini di Polonia e Cecoslovacchia e più vicino a quelli dell’Unione Sovietica.
Le due nazioni invitate, menzionate da Fried, sono l’Albania e la Croazia, che divennero membri a pieno titolo del blocco militare nel 2009, a completamento di un decennio di espansione che ha visto l’adesione alla NATO crescere del 75%, da 16 a 28. L’Espansione della NATO verso est ha reso disponibili, al Pentagono e ai suoi alleati occidentali, le basi aeree ed altre strutture militari in Bulgaria, Estonia, Ungheria, Lituania, Polonia e Romania per le guerre a est e a sud.
La Macedonia, che sarebbe stata anch’essa assorbita nel 2009 nella NATO, se non fosse per la questione del nome oggetto di una disputa con la Grecia, si trova ora in una nuova categoria di nazioni, definite di paesi aspiranti, che si preparano alla piena adesione all’Alleanza. Gli altri sono attualmente Bosnia, Georgia e Montenegro.
Con il programma Partenariato per la Pace, utilizzato per promuovere dodici nuovi paesi dell’est europeo nella NATO tra il 1999 e il 2009 – ogni membro non-sovietico del Patto di Varsavia e tre ex repubbliche sovietiche (Estonia, Lettonia e Lituania) -, il Dialogo Mediterraneo, l’Iniziativa per la Cooperazione di Istanbul e, dallo scorso anno, con il neo costituito Partner nel Mondo (i cui membri iniziali sono Afghanistan, Australia, Iraq, Giappone, Mongolia, Nuova Zelanda, Pakistan e Corea del Sud), fra membri della NATO e partner si raggiunge il numero di almeno 70 nazioni, ben oltre un terzo di quelle del mondo.
Nel gennaio del 2012, una riunione del Comitato militare NATO dei capi di Stato maggiore della Difesa è stata condotta con i vertici dei rappresentanti militari di 67 nazioni.
Partner nel Mondo e le collaborazioni militari di più vecchia data sono destinate a crescere in tutte le parti del pianeta. Alle oltre 50 nazioni che hanno fornito alla NATO contingenti di truppe per la guerra in Asia meridionale, sono stati aggiunte quelle dell’area Asia-Pacifico non coperte da altre forme di collaborazione internazionale con la NATO come Partenariato per la Pace (22 nazioni di Europa, Caucaso meridionale e Asia centrale), Dialogo Mediterraneo (sette nazioni del Nord Africa e Medio Oriente, con la Libia come ottava) e Iniziativa per la Cooperazione di Istanbul, rivolta ai membri del Consiglio di Cooperazione del Golfo (Bahrain, Kuwait, Oman, Qatar, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti).
Gli stati asiatici come Malaysia, Singapore e Tonga sono probabilmente i prossimi candidati per il nuovo partenariato globale, come lo sono i fornitori di truppe latinoamericane come El Salvador e Colombia. L’inclusione di questi ultimi segna l’espansione della NATO, attraverso adesioni e collaborazioni, a tutti e sei i continenti abitati.
Per Iraq e Yemen ci sono probabili prospettive di inserimento nell’Iniziativa per la Cooperazione di Istanbul. I membri di Dialogo Mediterraneo, Giordania e Marocco, hanno fatto domanda di adesione al Consiglio di Cooperazione del Golfo (composto da altre sei monarchie del mondo arabo) durante la guerra della NATO contro la Libia nel 2011, per la quale Qatar ed Emirati Arabi Uniti, membri del Consiglio di Cooperazione del Golfo e dell’Iniziativa per la Cooperazione di Istanbul hanno fornito decine di aerei da guerra.
Se l’Occidente riuscirà a realizzare il rovesciamento del governo siriano, si punterà all’adesione di Siria e Libano al Dialogo Mediterraneo della NATO (come avverrà per la Palestina, se e quando sarà riconosciuta dalle Nazioni Unite). Con il nuovo governo di Cipro, che ha confermato la sua intenzione di aderire immediatamente al Partenariato per la Pace, ogni nazione nel Mar Mediterraneo sarà membro o partner della NATO. L’integrazione di Cipro completerà anche il processo di reclutamento di ogni nazione europea (esclusi i mini-stati di Andorra, Liechtenstein, Monaco, San Marino e il Vaticano) nell’orbita della NATO.
Negli ultimi tre anni si è discussa l’istituzione da parte delle NATO di un accordo di collaborazione collettiva, che potrebbe includere anche singoli partenariati, con i dieci membri dell’Associazione delle nazioni del Sudest asiatico [ASEAN], che sono, oltre alle sopramenzionate Malesia e Singapore, Brunei, Cambogia, Indonesia, Laos, Myanmar, Filippine, Vietnam e Thailandia.
Iniziative analoghe per forgiare una partnership collettiva sono state fatte dalla NATO con i 54 membri dell’Unione Africana. Tutte le nazioni africane sono membri dell’Unione Africana, tranne il Marocco e il giovane stato del Sud Sudan. Tutti i paesi africani, tranne l’Egitto, sono nella zona di responsabilità del Comando africano degli Stati Uniti [AFRICOM], che prima di raggiungere la piena capacità operativa nel 2008 è stato creato e sviluppato dal Comando europeo degli Stati Uniti [EUCOM], il cui comandante militare è allo stesso tempo quello della NATO.
L’attuale Segretario generale della NATO ha lasciato trapelare l’intenzione di coltivare relazioni formali con India e Cina, probabilmente basate sul modello bilaterale del Consiglio NATO-Russia.
Si è discusso in questi ultimi anni, anche con l’invito esplicito da parte di un ministro degli esteri portoghese, dell’espansione della NATO verso l’Atlantico del Sud e della costruzione di partnership militari con paesi come il Brasile e il Sudafrica (sei navi da guerra, della Standing NATO Maritime Group 1, hanno svolto esercitazioni con la marina sudafricana nel 2007, nel corso della circumnavigazione del continente africano. Sempre nello stesso anno questa forza navale NATO ha condotto operazioni nei Caraibi e, per la prima volta, le navi da guerra dell’Alleanza entravano in questo mare).
In collaborazione con gli Stati Uniti, la NATO sta cercando di assemblare i resti dei blocchi militari defunti o dormienti della Guerra fredda nella regione Asia-Pacifico, creati successivamente all’Alleanza – Organizzazione del Trattato Centrale (CENTO), Organizzazione del Trattato Sud-Est Asiatico (SEATO) e Trattato di sicurezza tra Australia, Nuova Zelanda e Stati Uniti d’America (ANZUS) – per replicare in Oriente contro la Cina quanto l’espansione della NATO ha già realizzato in Europa negli ultimi 14 anni rispetto alla Russia: la sua esclusione, isolamento e accerchiamento con basi militari, forze navali e installazioni di missili intercettori.
Mentre il Pentagono e la NATO stanno attuando piani per attivare missili intercettori terrestri in Romania e Polonia e gli equivalenti della marina su navi da guerra, dapprima nel Mediterraneo e presumibilmente poi nel Mar Nero, nel Baltico e nel Mare Norvegese, così gli Stati Uniti hanno reclutato Giappone, Corea del Sud e Australia nel loro scudo missilistico globale terrestre e marittimo, con un recente rapporto che indica come il Pentagono preveda di aggiungere le Filippine alla lista con il dispiegamento di un sistema mobile di missili intercettori per la sorveglianza radar della marina americana, del genere già di stanza in Giappone, Israele e Turchia.
Il Segretario generale Anders Fogh Rasmussen e altri leader della NATO normalmente affermano che il sistema missilistico dell’Approccio Europeo Adattativo e a Fasi [European Phased Adaptive Approach] è rivolto non solo contro l’Iran, ma contro la Corea del Nord – e la Siria. Nel mese di aprile di quest’anno, Rasmussen è diventato il primo Segretario generale della NATO a visitare la Corea del Sud. Nei giorni precedenti, il suo secondo in comando, il Vice segretario generale Alexander Vershbow, ha parlato della possibilità di invocare contro la Corea del Nord l’Articolo 5 della NATO sulla reciproca assistenza militare.
Dal 1999 il blocco nord-atlantico ha intrapreso guerre aeree e terrestri in Europa (Jugoslavia), Asia (Afghanistan e oltre il confine in Pakistan) e in Africa (Libia), e ha esercitato una sorveglianza globale navale, di interdizione, abbordaggio e di operazioni d’assalto nel Mar Mediterraneo (Active Endeavor), nel Mare Arabico e Oceano Indiano (Ocean Shield) e con operazioni di trasporto aereo per le truppe africane nella regione del Darfur, nel Sudan occidentale e nella Somalia devastata dalla guerra.
La NATO post-Guerra fredda ha ripetutamente e senza dissimulazione identificato la propria competenza e area di operazioni come di portata internazionale, e nel corso degli ultimi 22 anni i suoi sforzi per raggiungere tale obiettivo sono costantemente accelerati fino al punto in cui l’alleanza militare è ormai pronta a soppiantare le Nazioni Unite come il principale, anzi l’esclusivo arbitro dei conflitti non solo tra ma all’interno delle nazioni di tutto il mondo. Un blocco armato dominato dagli USA, che comprende tre potenze nucleari e rappresenta circa il 70% della spesa militare globale ha ampliato gli schieramenti, le operazioni e le partnership in tutto il pianeta.
Quattro anni fa, Hans von Sponeck, ex assistente del Segretario generale delle Nazioni Unite e coordinatore umanitario delle Nazioni Unite per l’Iraq, scriveva per un giornale svizzero un articolo di graffiante denuncia chiamato “Le Nazioni Unite e la NATO: Quale sicurezza e per chi?”, in cui nella sezione intitolata “NATO del 21° secolo incompatibile con la Carta delle Nazioni Unite”, dichiarava:
“Nel 1999, la NATO ha ammesso di cercare di orientarsi verso un nuovo concetto strategico fondamentale. Da alleanza per la difesa strettamente militare era in procinto di diventare una alleanza ampia per la protezione della necessità di risorse vitali dei suoi membri. Oltre alla difesa delle frontiere degli Stati membri, essa si è posta dei nuovi scopi, come l’accesso sicuro alle fonti di energia e il diritto di intervenire nei ‘movimenti di un grande numero di persone’ e in conflitti lontani dai confini dei paesi della NATO. La disponibilità della nuova alleanza a includere altri paesi, in particolare quelli che in precedenza avevano fatto parte dell’Unione Sovietica, mostra come il carattere di questa alleanza militare sia cambiato … Il monopolio dell’uso della forza delle Nazioni Unite, in particolare, come specificato all’Articolo 51 della Carta, non era più accettato stante la dottrina NATO del 1999 … L’Ambito territoriale della NATO, fino a allora limitato alla regione euro-atlantica, è stato ampliato dai suoi membri fino a comprendere il mondo intero in linea con un contesto strategico dalla dinamica globale”.
Negli ultimi 18 anni la NATO ha cercato di sostituire e, infine, rimpiazzare le Nazioni Unite, come von Sponeck ha avvertito, inizialmente attraverso la promozione di se stessa come ala militare delle Nazioni Unite, guidando le forze militari multinazionali nei mandati successivi ai conflitti in Bosnia, Kosovo e Macedonia – 60.000 uomini nel primo e 50.000 nel secondo caso come punta massima (le prime due missioni seguite, rispettivamente, a una campagna di bombardamenti NATO contro la Repubblica Serba di Bosnia e a 78 giorni di guerra aerea contro la Repubblica Federale di Jugoslavia, per essere sicuri). Una situazione analoga si è avuta in Iraq, con la NATO che ha sostenuto l’occupazione straniera della nazione dal 2004 al 2011. In realtà, tutte le reclute post Guerra fredda della NATO – Albania, Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania, Slovacchia e Slovenia – sono state costrette a fornire truppe per l’Iraq come prova della loro fedeltà alla NATO prima e poco dopo la loro adesione.
Ma a differenza delle missioni NATO nei territori ex jugoslavi, per l’Afghanistan si è trattato di una zona di guerra attiva, costituendo così la prima guerra di terra della NATO e la prima guerra fuori dall’Europa.
Dopo aver assunto la direzione della Forza internazionale di assistenza alla sicurezza [ISAF], l’alleanza militare si è trovata a comandare la quasi totalità dei 152.000 soldati stranieri nella nazione e i soldati provenienti da oltre 50 Paesi contributori di truppe (denominazione ufficiale). Forze armate che in molte nazioni non avevano mai combattuto una guerra, tanto meno sotto un unico comando e in una sola nazione.
Quelle nazioni sono:
Tutti i 28 attuali membri della NATO: Stati Uniti, Albania, Belgio, Gran Bretagna, Bulgaria, Canada, Croazia, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Francia, Germania, Grecia, Ungheria, Islanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Paesi Bassi, Norvegia, Polonia, Portogallo, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna e Turchia.
Partenariato per la Pace: Armenia, Austria, Azerbaigian, Bosnia, Finlandia, Georgia, Irlanda, Macedonia, Montenegro, Svezia, Svizzera e Ucraina.
Altri: Australia (Partner nel Mondo), Bahrain (Iniziativa per la Cooperazione di Istanbul), El Salvador, Giordania (Dialogo Mediterraneo), Malesia, Mongolia (Partner nel Mondo), Nuova Zelanda (Partner nel Mondo), Singapore, Corea del Sud (Partner nel Mondo), Tonga e gli Emirati Arabi Uniti (Iniziativa per la Cooperazione di Istanbul).
Diverse nazioni aggiuntive hanno fornito personale militare e di sicurezza al servizio e sotto il comando della NATO in Afghanistan, senza essere formali Paesi contributori di truppe quali la Colombia, l’Egitto (Dialogo Mediterraneo), Giappone (Partner in tutto il mondo), Moldova (Partnership for Peace), e senza dubbio anche altri. Sforzi sono stati fatti dagli USA e dalla NATO per garantire i contributi di truppe da nazioni come il Bangladesh e il Kazakistan.
I governi e le forze armate dello stesso Afghanistan e del vicino Pakistan sono legate alla NATO tramite la Commissione tripartita Afghanistan-Pakistan-ISAF.
La NATO ha basi militari aeree e di altro tipo in Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan. Questi tre paesi sono stati utilizzati dalla NATO come parte della Rete di distribuzione del nord e di altre vie di transito che includono anche Azerbaigian, Bielorussia, Estonia, Georgia, Iraq, Lettonia, Lituania, Kazakistan, Kuwait, Oman, Romania, Russia, Turchia, Turkmenistan, Ucraina, Emirati Arabi Uniti, ecc.
La guerra in Afghanistan, la più lunga nella storia della nazione, così come in quella degli Stati Uniti, ha permesso alla NATO in quasi 12 anni di consolidare una rete militare internazionale e di sviluppare l’integrazione operativa e di comando delle forze armate di quasi 60 nazioni. Questa è la NATO globale che il primo ambasciatore dell’amministrazione Obama per l’alleanza, Ivo Daalder, ha apertamente propagandato proprio con quel nome sin dall’inizio di questo secolo.
Molti membri e partner della NATO, in particolare le ex repubbliche sovietiche nella regione del Mar Baltico e nel Caucaso meridionale, hanno usato la guerra in Afghanistan per fare esperienza di combattimento per le loro forze armate da utilizzare in conflitti nelle loro aree. La Georgia, ad esempio, in preparazione di qualsiasi ripresa del conflitto armato con l’Ossezia del Sud e la Russia, come si è verificato nell’agosto del 2008.
Proprio come la NATO ha seguito gli Stati Uniti nei Balcani e in Afghanistan, nel sistema missilistico di intercettazione globale e nella cosiddette iniziative di sicurezza energetica (in realtà di guerra energetica), così si è unita a Washington nella nuova corsa al Mar Glaciale Artico, nelle operazioni di guerra informatica e nel tentativo di comandare le rotte e i canali marittimi strategici del mondo.
L’Organizzazione del Trattato Nord Atlantico, nome ormai arcaico in quanto la maggior parte dei suoi membri e tutte le sue decine di partner non confinano con l’Oceano Atlantico, a nord come a sud, è a buon punto nella missione targata USA per la sua trasformazione nel primo e più grande blocco militare internazionale della storia e in una minaccia senza precedenti per la pace mondiale.