di Angelo Baracca, membro del Comitato scientifico di Marx XXI
Riceviamo e pubblichiamo come contributo alla discussione
È davvero Tehran la principale minaccia di una guerra nucleare? O non lo sono piuttosto le 20.000 testate esistenti nel mondo? La realtà è costituita da rischi incontrollabili di proliferazione e di guerra nucleare.
Da molto tempo viene denunciato come uno dei più gravi rischi per la sicurezza e la pace internazionale il programma nucleare dell’Iran, la diplomazia internazionale è impegnata per impedire che Tehran realizzi la bomba atomica, mentre per sbarrargli la strada si agita ogni giorno la minaccia di un attacco militare ai suoi impianti, che scatenerebbe reazioni e conseguenze imprevedibili, ma di estrema gravità per tutto il mondo.
Io mi auguro che anche la persona più sprovveduta nutra almeno un dubbio. L’Iran non possiede la bomba atomica, mentre è attorniato da paesi che hanno poderosi arsenali nucleari (Israele, che non lo ha mai ammesso, ne ha un numero imprecisato, tra 80 e 200; anche India e Pakistan non dichiarano la consistenza dei loro arsenali, che dovrebbero aggirarsi sulle 60-80 testate ciascuno): è credibile che sia proprio l’Iran la minaccia? C’è qualcosa che non torna. Vediamo di mettere un po’ di ordine nella questione.
Con una doverosa premessa. Non intendo in alcun modo legittimare le eventuali aspirazioni nucleari dell’Iran, sono contro il nucleare, militare e civile, chiunque lo possegga, senza se e senza ma. In primo luogo però è inconcepibile che si rischi un conflitto di enormi dimensioni e conseguenze per impedire a Tehran di realizzare la bomba. Inoltre l’Iran non è certo il solo paese a nutrire questa aspirazione (e programmi?): e se ora le potenze mondiali tuonano contro l’Iran, come nove anni fa denunciavano le inesistenti armi di distruzione di massa di Saddam Hussein, non si può dimenticare che Pakistan e India hanno ricevuto supporti decisivi da cani e porci per realizzare la bomba! Del resto pochi sanno che il Brasile ha realizzato i programmi che si vogliono impedire a Tehran, l’arricchimento dell’uranio per centrifugazione, senza che nessuno battesse ciglio [1]: e non ci sarebbe nulla da stupirsi se Brasilia per rafforzare il proprio ruolo di potenza regionale, nutrisse ambizioni di dotarsi di armamenti nucleari (il vice presidente José Alencar nel 2009 si lasciò perfino scappare l’intenzione, anche se venne smentito [2].
Il Presidente iraniano è indubbiamente impresentabile (ma non più dei dirigenti israeliani, o di quelli sauditi, qatarioti e bahreiniti, protetti dalle potenze occidentali) e le sue dichiarazioni sono inaccettabili. Anche se, senza volerle sminuire, sembra che anche il loro senso venga distorto nelle traduzioni e strumentalizzato dai media occidentali. Vale davvero la pena leggere, come esempi, “Cosa ha veramente detto Ahmadinejad all’Onu?” [3] (2009): non avrebbe mai usato l’espressione “cancellare dalla carta geografica” Israele, piuttosto che “il regime che occupa Gerusalemme deve sparire dalla pagina del tempo” [4]. Del resto Netanyahu non è da meno quando paragona l’Iran alla Germania del 1938 (come Saddam veniva paragonato a Hitler).
Intendo dimostrare, per quanto possa apparire provocatorio, che l’eventuale acquisizione di una capacità nucleare da parte di Tehran non aumenterebbe le minacce nella regione, perché esse sono dovute soprattutto ad altri motivi, che invece non si vogliono né ammettere, né affrontare: potrebbe anzi, addirittura, avere una funzione di riequilibrio. L’accanimento posto contro l’Iran nasconde la realtà di una proliferazione nucleare dilagante e sempre meno controllabile.
Come imparai ad amare la bomba (S. Kubrik, Il Dottor Stranamore)
Il dual-use – militare e civile – è intrinseco, ineliminabile nella tecnologia nucleare, che nacque e si sviluppò come militare [5]: il civile è un sottoprodotto che da solo non si sarebbe mai sostenuto. Tutti i paesi che ne hanno avuto una minima capacità hanno avuto programmi nucleari militari, più o meno sviluppati o segreti, sorretti o ostacolati dalle potenze nucleari secondo i loro interessi geopolitici. Oggi piccole monarchie del Golfo che galleggiano su un mare di petrolio ordinano reattori nucleari, di potenza sproporzionata ai loro ridotti sistemi elettrici: difficile non pensare che non nutrano almeno il retro pensiero che una volta acquisita la tecnologia nucleare . . ..
Oggi – a differenza dagli anni ’40-’60 – è relativamente semplice fabbricare la bomba, almeno per uno Stato che disponga di un minimo di capacità tecniche: la Corea del Nord lo fece in tre anni. Il problema principale è dotarsi dei materiali fissili necessari: Pyongyang estrasse il plutonio ritrattando il combustibile di un piccolo reattore.
Sono state prodotte nel mondo quantità enormi di materiali fissili militari, circa 1.500 tonnellate di plutonio (principalmente dai programmi civili), e altrettante di uranio altamente arricchito: è pensabile un controllo inviolabile? Bastano pochi chilogrammi per realizzare una testata nucleare. Hanno accumulato decine di tonnellate di plutonio paesi come Germania e Giappone, che hanno la capacità per realizzare bombe in tempi brevissimi (Berlino le ha già fabbricate collaborando al programma militare del Sudafrica negli anni ’80; il Giappone ha segretamente sviluppato programmi nucleari militari fin dagli anni ’60, che gli Stati Uniti hanno coperto e favorito, aggirando la propria legislazione [6] ).
Le potenze nucleari non hanno mai voluto concludere un trattato che vieti la produzione di materiali fissili di uso militare (FMCT, Fissile Material Cutoff Treaty): sono decisamente ipocrite quando denunciano i pericoli di proliferazione nucleare. E sono proprio loro che alimentano le aspirazioni di tanti paesi, che si sentono minacciati, di realizzare la bomba. Le 9 potenze nucleari (Usa, Russia, Francia, Gran Bretagna, Cina, Israele, India, Pakistan, Nord Corea) mantengono quasi 20.000 testate intatte (malgrado USA e Russia, secondo il nuovo trattato Start del 2010, ridurranno a 1.550 per parte quelle strategiche operative per il 2017; gli altri Stati ne hanno quasi un migliaio), dimostrando di non volerle eliminare, e possibilmente di usarle [7].
Inoltre la minaccia principale viene dai sistemi di difese antimissile, un salto tecnologico enorme che configura uno spaventoso sistema aggressivo [8]: il Paese che le possieda (Usa, ma tutti i paesi “occidentali” se ne stanno dotando: quando avviene un salto tecnologico militare, esso diventa irreversibile, e scatena ulteriori sviluppi ancora più minacciosi) acquisisce una superiorità strategica divenendo potenzialmente immune ad un first strike, per cui può mantenere un numero ridotto di testate nucleari.
Chi minaccia la pace in Medio Oriente? Il segreto di . . . Sansone.
Il vero fattore destabilizzante in Medio Oriente è il “segreto di Pulcinella” dell’arsenale di Israele [9], che gli garantisce un’inattaccabile superiorità strategica nella regione, ed un poderoso mezzo di ricatto (che di fatto ha utilizzato per lo meno due volte, quando si trovò a mal partito nella guerra del Kippur del 1973, e nel 1991 quando subì dall’Iraq l’attacco dei missili Scud, che si temeva portassero aggressivi chimici). A questa superiorità Israele non è disposto a rinunciare, costi quel che costi. Né sono disposti a comprometterla i Paesi occidentali, per i quali Israele svolge da sempre la funzione di gendarme nella regione.
I programmi nucleari militari di Israele sono sempre stati coperti, e favoriti. Ai primi di giugno il giornale tedesco Der Spiegel ha pubblicato un’inchiesta shock [10], che solleva un vero scandalo svendo con molti dettagli spinosi l’appoggio fornito dalla Germania a Israele. In particolare la Germania ha progettato e fornito a Israele, ed anche parzialmente ma generosamente finanziato, tre sommergibili a propulsione convenzionale dotati delle tecnologie più avanzate, un quarto è in cantiere, mentre un quinto e un sesto sono previsti rispettivamente per il 2014 e 2017. Un altro “segreto di Sansone” era che Israele abbia armato i tre sommergibili con missili a testata nucleare, ma ora l’inchiesta di Der Spiegel rivelerebbe che il governo tedesco l’avrebbe sempre saputo, ed avrebbe adattato i tubi di lancio al diametro necessario per questi missili.
Questi sommergibili consentono di avvicinarsi, senza potere essere osservati, alle coste dell’Iran, avendo sotto tiro tutto il paese da una distanza molto inferiore a quella del territorio di Israele.
Graphic: Dolphin class submarines (Der Spiegel). Graphic: Israel’s deterrent (Der Spiegel)
I tre sommergibili di cui già dispone Israele sono a propulsione Diesel, ma molto silenziosi: il quarto in costruzione (e i successivi), più grande e tecnologicamente avanzati, saranno dotati comunque di celle a combustibile, che li renderanno ancora più silenziosi e insidiosi.
Suicidio nucleare dell’Iran?
Ovviamente il quadro che ho delineato non costituisce un buon motivo per “giustificare” che l’Iran si doti di armamenti nucleari. Ma proviamo per un momento a ragionare (sempre pregando di non essere frainteso) che cosa accadrebbe se Tehran possedesse testate nucleari, e fosse in grado di lanciarle, per capire quanto sia strumentale la denuncia così drammatica e ultimativa che viene agitata.
Supponiamo dunque che l’Iran possieda, poniamo, 10 testate nucleari, sferri un first strike e rada al suolo il territorio di Israele. Ma Israele dispone dei sommergibili dotati di missili nucleari, due dei quali presumibilmente sono costantemente in navigazione, indistruttibili: da questi partirebbe un second strike di ritorsione, che cancellerebbe l’Iran dalla carta geografica!
Per un Paese che si senta minacciato le armi nucleari non servono per attaccare, ma come deterrente. Quando la Corea del Nord esplose il primo test nucleare nel 2006, proprio un giornale israeliano commentò eloquentemente: “Ora la Corea del Nord non può venire attaccata”, perché è potenzialmente in grado di una risposta nucleare. L’effetto pratico di un Iran nucleare sarebbe di porre fine al monopolio di Israele, alla superiorità di cui si giova strumentalmente, esercitando ogni tipo di sopruso e di violazione della legalità internazionale. Sempre pregando di non essere frainteso, potrei arrivare a dire che un Iran nucleare potrebbe avere una funzione di stabilizzazione nella regione. Ovviamente anche Israele non potrebbe sferrare un attacco ad un Iran che possieda armamenti nucleari: è la logica analoga a quella della “distruzione mutua assicurata” (Mutual Assured Destruction, MAD, che in inglese significa “pazzo”!), che pur nella sua inaccettabile follia evitò un attacco nucleare intenzionale tra i due blocchi al tempo della Guerra Fredda (anche se l’olocausto nucleare è stato sfiorato varie volte, anche dopo la fine del Blocco dell’Est, per una risposta nucleare dovuta a un allarme per errore [11] ).
Attacco alla Siria? Rischio nucleare?
A proposito della crisi siriana è di questi giorni la conferma che la Russia e la Cina non sarebbero disposte a stare a guardare un attacco dei paesi occidentali alla Siria, addirittura con la notizia che Mosca, secondo il quotidiano Nezavisimaja Gazeta, starebbe facendo concreti preparativi militari [12]. La notizia, comunque da confermare, non stupisce, perché dopo lo scacco subito da Mosca e Pechino nella vicenda libica è evidente che ora hanno assunto un atteggiamento diverso; Entrambe hanno interessi strategici diretti nella regione.
Al di là della notizia, colpisce che un paio di settimane prima “il primo ministro russo Dmitrij Medvedev aveva avvertito che un intervento militare in Siria potrebbe rapidamente degenerare e provocare l’uso di armi nucleari”!
Finché gli armamenti nucleari esisteranno perdurerà il pericolo concreto di una guerra nucleare, che nel clima di tensioni e di competizione per il controllo delle risorse e delle aree strategiche, potrebbe facilmente dilagare in un vero olocausto planetario.
La bomba nucleare dei terroristi?
Rimanendo in tema, è utile aggiungere qualche precisazione sul pericolo che viene spesso agitato che un gruppo terrorista possa munirsi di ordigni nucleari. Senza negare questo pericolo, ritengo però che anch’esso sia stato strumentalizzato. Le difficoltà infatti sono enormi, almeno per un gruppo “non statale”. Se anche riuscisse ad ottenere il materiale fissile (la massa critica per uranio arricchito a più del 90% sarebbe 50-60 kg, ma con un arricchimento del 50% sarebbe 160 kg, del 20% 800 kg), la realizzazione di una testata anche rozza porrebbe molti problemi: ad esempio, per ottenere l’esplosione è cruciale ottimizzare i tempi al livello delle decine di nanosecondi (miliardesimi di secondi), altrimenti l’esplosione può fallire (fizzle, fiasco). Vi è qualche dubbio sul fatto che il test nucleare della Corea del Nord del 2006, forse anche quello del 2009, sia pienamente riuscito: ma naturalmente nessuno sarebbe disposto a scommettere, come nella roulette russa. Ma forse il problema più grande per un gruppo terrorista, quand’anche avesse realizzato una testata efficiente, sarebbe come trasportarla o lanciarla, poiché essa certamente non sarebbe miniaturizzata come quelle delle potenze nucleari, e richiederebbe vettori di grande potenza e portata.
Ben diverso è il pericolo di una dirty bomb di un gruppo terrorista, cioè in parole povere del possesso e dell’esplosione di materiale nucleare. Ma anche questo dipende da tutti i materiali nucleari radioattivi prodotti in primo luogo dalle potenze nucleari in questi decenni! Ritengo che ci sia veramente da stupirsi che i cosiddetti “terroristi”, per come vengono descritti, non abbiano mai pensato ad un attentato a depositi di scorie nucleari, o a centrali nucleari
Tutte le denunce che attribuiscono il rischio nucleare ad altri Paesi, anche se hanno un fondamento di verità, sono però strumentali, perché sviano dal pericolo più grosso, e incombente con le politiche di potenza e di guerra: le 20.000 testate degli Stati nucleari, e la proliferazione incontrollabile per le aspirazioni a dotarsene comprensibili per gli altri Paesi. La minaccia nucleare diminuirà solo quando verranno eliminati tutti i programmi nucleari, militari e civili: e neanche allora scomparirà, poiché i materiali fissili prodotti dureranno per migliaia di anni. Questa è l’Era Nucleare: una delle fasi più pericolose e gravide di conseguenze dannose, letali e irreversibili che la “civiltà” umana abbia sviluppato!
NOTE
1 Un’analisi aggiornata e completa è sviluppata in Yana Feldman, Brazil, 12 settembre 2010, SIPRI, Stockholm, http://www.sipri.org/research/disarmament/nuclear/researchissues/past_projects/issues_of_concern/brazil/brazil_default. V. anche A. Baracca, -«Problemi e prospettive degli armamenti nucleari: aggiornamento», in Chiara Bonaiuti, Debora Dameri, Achille Lodovisi (a cura di), L’Industria Militare e la Difesa Europea. Rischi e Prospettive, Annuario Armi-Disarmo Giorgio La Pira, Milano, Jaca Book, 2008, Par. 10.5.5.
2 V. ad sesempio: “Il Brasile favorevole allo sviluppo di armi nucleare”, Eurasia Rivista di Studi Geopolitici, 28 settembre 2009, http://www.eurasia-rivista.org/il-brasile-favorevole-allo-sviluppo-di-armi-nucleari/1529/; o http://it.peacereporter.net/articolo/18013/Brasile,+vicepresidente%3A+”Dovremmo+sviluppare+armi+atomiche.
4 http://www.comedonchisciotte.org/site//modules.php?name=Forums&;;file=viewtopic&t=41639.
5 La prima realizzazione pratica fu nel dicembre del 1942 la cosiddetta “Pila di Fermi, il primo reattore nucleare, che però non era concepito per produrre un solo kilowattora di energia, ma per sperimentare la possibilità della reazione a catena controllata, con lo scopo di produrre plutonio: per una decina d’anni vennero costruiti solo reattori militari, dopo quelli plutonigeni, o reattori per la propulsione dei sommergibili nucleari.
6 “The United States deliberately allowed Japan access to the United States’ most secret nuclear weapons facilities while it transferred tens of billions of dollars worth of American tax paid research that has allowed Japan to amass 70 tons of weapons grade plutonium since the 1980s, a National Security News Service investigation reveals. These activities repeatedly violated U.S. laws regarding controls of sensitive nuclear materials that could be diverted to weapons programs in Japan. The National Security News Service investigation found that the United States has known about a secret nuclear weapons program in Japan since the 1960s, according to CIA reports”: Joseph Trento, United States Circumvented Laws To Help Japan Accumulate Tons of Plutonium, National Security News Service, April 9th, 2012, http://www.dcbureau.org/201204097128/national-security-news-service/united-states-circumvented-laws-to-help-japan-accumulate-tons-of-plutonium.html.
7 V, una rassegna completa e aggiornata in A. Baracca, “Il sistema degli armamenti nucleari da Hiroshima all’era Obama: la prospettiva tecnica”, in Chiara Bonaiuti (a cura di), Disarmo e Non Proliferazione Nucleare tra Retorica e Realtà: il Ruolo dell’Europa all’VIII Conferenza di Riesame del Trattato di Non Proliferazione Nucleare, VI Annuario La Pira Armi e Disarmo, Edizioni Plus, Pisa, 2011.
8 Si veda la rassegna citata alla nota precedente.
9 V. ad esempio: Matteo Gerlini, Sansone e la Guerra Fredda. La capacità Nucleare Israeliana fra le Due Superpotenze (1953-1963), Firenze University Press, 2010.
10 “Operation Samson Israel’s Deployment of Nuclear Missiles on Subs from Germany”, 4 giugno 2012, http://www.spiegel.de/international/world/israel-deploys-nuclear-weapons-on-german-built-submarines-a-836784.html.
11 Si veda ad esempio: Alan F. Phillips, «20 Mishaps that Might Have Started Accidental Nuclear War»,Nuclear Age Peace Foundation, gennaio 2008, http://www.wagingpeace.org/articles/1998/01/00_phillips_20-mishaps.php; Barry Goldwater e Gary Hart, Recent False Alerts from the Nation’s Missile Attack Warning System, Report to the Committee on Armed Services, United States Senate, Washington, D.C., Government Printing Office, 1980; Stewart Britten, The Invisible Event, London, Menard Press, 1983; William M. Arkin, «Nuclear Weapon Command, Control, and Communications», in World Armaments and Disarmament: SIPRI Yearbook 1984, London and Philadelphia, Taylor & Francis, 1984, pp. 455-516; Scott D. Sagan, The Limits of Safety, Princeton, Princeton University Press, 1993.
12 Clara Weiss, “Russia prepares army for Syrian deployment”, World Socialist Web Site, 12 giugno 2012, http://www.wsws.org/articles/2012/jun2012/rusy-j12.shtml (traduzione italiana: http://aurorasito.wordpress.com/2012/06/13/la-russia-si-prepara-ad-inviare-lesercito-in-siria/).