di Gregorio Piccin
da il manifesto 19 marzo 2020
Lo scorso 16 marzo lo European Command degli Usa ha confermato un significativo ridimensionamento della più grande esercitazione Nato dalla fine della (prima) guerra fredda: «In risposta all’attuale focolaio di Covid-19 e delle recenti raccomandazioni del Segretario della Difesa abbiamo modificato l’esercitazione Defender Europe 2020 in dimensioni e scopo. Dal 13 marzo scorso tutti i movimenti di personale ed equipaggiamento dagli Stati Uniti all’Europa sono cessati…».
La previsione che già avevamo azzardato sul manifesto dello scorso 13 marzo è concretizzata.
Dopo il ritiro dei contingenti finlandese, norvegese ed italiano e la cancellazione della collaterale Cold Response in Norvegia saltano anche altre importanti manovre: Dynamic Front, Joint Warfighting Assessment, Saber Strike e Swift Response.
La brigata corazzata già dispiegata in Europa condurrà attività di tiro e addestramento con gli alleati come parte di una versione modificata della esercitazione Allied Spirit ma, fa sapere lo European Command, «…Tutte le forze già dispiegate in Europa per le altre esercitazioni collaterali torneranno negli Stati Uniti…».
Di fatto Defender Europe 2020 chiude il sipario in forte anticipo: resta sul tappeto una ridimensionata esercitazione congiunta di carri armati, tutti gli altri a casa.
E’ certamente una buona notizia ma è chiaro che si tratta solamente di un rinvio poiché la politica di provocazione e confronto militare con la Russia rimane la stella polare della Nato al di là di ogni retorica «difensiva».
E l’Italia, quinto avamposto statunitense nel mondo con le sue basi ed infrastrutture ancora regolate da accordi mantenuti segreti dagli anni cinquanta, continua ad essere servile ancella di questo assurdo e pericoloso confronto.
In linea con la «ritirata» di fronte alla minaccia pandemica gli Usa hanno anche realizzato in questi giorni un trasporto aereo molto particolare. Come riferisce il sito statunitense Defence One lo scorso lunedì sono partiti dalla base Usaf di Aviano, con destinazione Menphis, 500.000 kit diagnostici per il Covid-19 che serviranno per far fronte alla epidemia scoppiata anche negli Usa.
Ieri, nel corso di un briefing dedicato al Pentagono, il generale medico Paul Friedrichs ha definito questa operazione come «Un grande esempio di come le nazioni stiano lavorando insieme per soddisfare la domanda globale». In un momento in cui c’è grande necessità di materiale di questo tipo nel nostro Paese viene da chiedersi se questi 500.000 kit diagnostici siano di produzione italiana e, in caso affermativo, se siamo di fronte a un accaparramento da parte statunitense o ad una generosa (stranamente silenziosa) manifestazione di solidarietà da parte del governo italiano.