Come la NATO colpisce la Russia sull’Ucraina

di Ray McGovern * | da strategic-culture.org
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

Il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha usato l’intervista di mercoledì con Bloomberg News per affrontare la questione preminente relativa al futuro dell’Ucraina, quanto meno dal punto di vista di Mosca. In un inglese fluente, ha detto che la Russia sarebbe “categoricamente contro” l’adesione dell’Ucraina alla NATO.

Lavrov ha detto che ha gradito la domanda dell’intervistatore se l’Ucraina può far parte della NATO, riconoscendola come una possibilità di introdurre informazioni di base nell’intervista. E’ stata l’occasione per spiegare la posizione di Mosca ad un vasto pubblico internazionale di lingua inglese – soprattutto gli americani. I suoi commenti sembravano in parte rivolti a coloro così privi di informazioni dai “media mainstream” da apprendere la storia dell’allargamento della NATO per la prima volta.

“A mio modo di vedere – afferma Lavrov -, tutto è iniziato negli anni ’90, quando nonostante tutte le dichiarazioni su come la guerra fredda fossa finita e che non avrebbero dovuto esserci vincitori – la NATO si è tuttavia considerata come vincitrice”.

Lavrov prosegue sostenendo che gli Stati Uniti e la NATO si sono sottratti ad una serie di impegni a: non allargare l’alleanza; poi (dopo che la NATO è stata ampliata in contrasto con tale impegno) a non dispiegare consistenti forze sui territori dei nuovi membri della NATO; infine a non portare infrastrutture NATO sul confine russo.

“Tutti questi impegni sono stati, in un modo o nell’altro, violati”, dice Lavrov, aggiungendo che “i tentativi di attrarre l’Ucraina nella NATO avrebbero avuto un impatto negativo sull’intero sistema della sicurezza europea”. Lavrov conclude ricordando che gli interessi della sicurezza nazionale della Russia e i 25 anni di storia recente fanno sì che questo sia un problema fondamentale, non solo per l’Ucraina e la NATO, ma anche “una questione della Russia”.

È Lavrov che sta distorcendo la storia? La risposta è importante – tanto più in quanto le informazioni necessarie per formulare giudizi validi raramente si ritrovano nei “media mainstream” statunitensi. Quello che è accaduto nei mesi immediatamente prima e dopo la caduta del muro di Berlino il 9 e 10 novembre 1989, è la chiave per comprendere ora l’atteggiamento della Russia.

Niente balli

Il presidente George H. W. Bush, gli va reso merito, inviò un messaggio rassicurante ai sovietici, dicendo: “Non ballerò sul muro di Berlino”. E appena tre settimane dopo la caduta, Bush è volato a Malta per un summit di due giorni con Gorbaciov.

In una conferenza stampa congiunta il 3 dicembre 1989, Gorbaciov disse, “Siamo all’inizio di una lunga strada verso un periodo di pace duratura. La minaccia della forza, la sfiducia, la lotta psicologica e ideologica dovrebbero essere tutte cose del passato”.

Nello stesso spirito, Bush parlò di un nuovo futuro appena iniziato “proprio qui a Malta” – un futuro di pace duratura e di durevole cooperazione Est-Ovest. Ciò è avvenuto solo sei mesi dopo che Bush aveva pubblicamente fatto appello in un importante discorso a Mainz nella Germania Ovest, ad una “Europa unita e libera”. All’epoca non si doveva essere inguaribili ottimisti per sperare che della sostanza potesse aggiungersi a quella retorica.

Secondo Jack Matlock, in seguito ambasciatore USA nell’URSS, che prese parte al vertice di Malta, gli accordi fondamentali comportavano (1) l’impegno di Gorbaciov a non usare la forza in Europa orientale dove i russi avevano 24 divisioni (circa 350.000 soldati) nella sola Germania orientale, e (2) la promessa di Bush di non “approfittare” dal ritiro sovietico dall’Europa orientale.

Ai primi di febbraio del 1990, Bush inviò il segretario di Stato James Baker per definire i dettagli più importanti direttamente con Gorbaciov e il ministro degli Esteri Eduard Shevardnadze. L’ambasciatore Matlock era lì anche quella volta e prese accuratamente nota dei negoziati, incentrati sulla riunificazione tedesca.

A memoria, Matlock mi ha detto che Baker cercò di convincere Gorbaciov che era nell’interesse di Mosca permettere che la Germania riunita rimanesse nella NATO. Matlock ricorda che Baker iniziò la sua argomentazione dicendo qualcosa come: “Supponendo che non vi sia alcuna espansione della giurisdizione della NATO ad Est, nemmeno di un centimetro, cosa preferireste: una Germania incorporata nella NATO o una che possa andare autonomamente in qualsiasi direzione scelga?”.

L’implicazione era che la Germania avrebbe potuto semplicemente scegliere di acquisire armi nucleari, se non fosse stata ancorata alla NATO. Gorbaciov rispose che prendeva sul serio l’argomento di Baker e non ci mise molto ad accettare l’accordo.

L’ambasciatore Matlock, uno dei maggiori esperti della Russia, mi ha detto che “il linguaggio usato era categorico e l’intera trattativa è stata nel quadro di un accordo generale che non ci sarebbe stato alcun uso della forza da parte dei sovietici e alcuna ‘ approfittamento ‘ da parte degli Stati Uniti”.

Ha aggiunto, “Io non vedo come qualcuno possa vedere nella successiva espansione della NATO un qualcosa di diverso da un ‘approfittamento’, tanto più che, da allora, l’URSS non c’è stata più e la Russia non era certo una minaccia credibile”.

Nel suo libro “Superpower Illusions”, Matlock ha scritto che l’allargamento della NATO era in funzione di politiche interne USA e non di un pensiero strategico della politica estera. Sembra proprio che avesse ragione.

Clinton il duro

Dalla campagna elettorale il 22 ottobre 1996, due settimane prima di sconfiggere Bob Dole per un secondo mandato come presidente, Bill Clinton ha usato l’allargamento della NATO per pubblicizzare il suo comportamento deciso in politica estera e sul ruolo dell’America come “nazione indispensabile del mondo”. Clinton si vantava di proporre l’allargamento della NATO al suo primo vertice NATO nel 1994, dicendo che essa “dovrebbe allargarsi costantemente, volutamente, apertamente”. Non ha mai spiegato perché.

Il presidente Clinton, quindi, ha rinnegato gli impegni assunti da Baker con Gorbaciov e Shevardnadze. Inutilmente Clinton ha invitato la Russia a considerare l’allargamento della NATO come un accordo che farebbe far “progredire la sicurezza di tutti”.

I modi da duro di Clinton verso la Russia erano, in parte, una risposta agli ancor più aggressivi piani della NATO dell’avversario repubblicano di Clinton, Bob Dole, che andava proponendo di incorporare Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria come membri a pieno titolo della NATO e aveva accusato Clinton di “menare il can per l’aia” su questo. Clinton non aveva intenzione di farsi scavalcare.

Questi tre paesi hanno aderito alla NATO nel 1999, iniziando una tendenza. Entro l’aprile 2009, altri nove paesi hanno aderito, portando le aggiunte post-Guerra Fredda a 12, pari al numero degli originali 12 stati della NATO.

Clinton ha fatto quello che lo specialista per antonomasia di Russia, l’ambasciatore George Kennan definì un “errore fatale”. Scrivendo sul New York Times del 5 febbraio 1997, Kennan affermò: “L’espansione della NATO sarebbe l’errore più fatale della politica americana in tutto il periodo post-guerra fredda”.

“Una tale decisione prevedibilmente scatenerebbe le tendenze nazionalistiche, anti-occidentali e militariste nell’opinione russa; avrebbe un effetto negativo sullo sviluppo della democrazia russa; ripristinerebbe l’atmosfera della guerra fredda nelle relazioni Est-Ovest e spingerebbe la politica estera russa in direzioni decisamente non di nostro gradimento”.

Se però sei “il solo indispensabile” paese al mondo, sei fortemente tentato di non prestare attenzione agli apprensivi.

I semi di una crisi

Mercoledì, Lavrov ha detto che i semi della crisi Ucraina sono stati gettati nell’aprile 2008 durante il vertice NATO di Bucarest, quando i leader della NATO hanno affermato in una dichiarazione che “la Georgia e l’Ucraina saranno nella NATO.”

Se Lavrov non fosse il diplomatico consumato che è, avrebbe anche potuto dire al suo intervistatore che due mesi prima del vertice di Bucarest, aveva avvertito l’ambasciatore USA in Russia William J. Burns preannunciandogli una forte reazione russa all’idea di includere l’Ucraina e la Georgia nella NATO. Ma i diplomatici in genere non si permettono un “Te l’avevo detto”.

Grazie al soldato Chelsea (già Bradley) Manning e WikiLeaks, abbiamo il testo di un cablo del Dipartimento di Stato datato 1 febbraio 2008, dall’ambasciata americana a Mosca dall’insolito titolo: “NIET VUOL DIRE NIET: LA LINEA ROSSA DELLA RUSSIA ALL’ALLARGAMENTO DELLA NATO”.

La categoria di IMMEDIATO del cablo indica che l’ambasciatore Burns (ora Segretario di Stato) sottoponeva una questione prioritaria all’attento esame di Washington. Benché fosse sei anni fa, l’interlocutore di Burns era il medesimo ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov. Questa la sintesi introduttiva di Burns dei suoi colloqui con Lavrov:

“Sommario. Dopo una prima reazione pacata all’intenzione dell’Ucraina di cercare un piano d’azione per l’adesione alla NATO al [prossimo] summit di Bucarest, il ministro degli Esteri Lavrov e altri alti funzionari hanno ribadito una forte opposizione, sottolineando che la Russia avrebbe considerato un’ulteriore espansione verso est come una potenziale minaccia militare. L’allargamento della NATO, in particolare all’Ucraina, rimane una questione ‘emotiva e nevralgica’ per la Russia, ma anche considerazioni politiche strategiche sono alla base di una forte opposizione all’adesione di Ucraina e Georgia alla NATO.

“Riguardo l’Ucraina, sono presenti timori che la questione potrebbe potenzialmente dividere il paese in due, dando luogo a violenze o addirittura, alcuni sostengono, a una guerra civile, che costringerebbe la Russia a decidere se intervenire”.

L’ambasciatore Burns proseguiva: “La Russia ha chiaramente fatto capire che avrebbe dovuto ‘rivedere seriamente’ l’insieme delle relazioni con l’Ucraina e la Georgia nel caso che la NATO le invitasse ad aderire. Questo potrebbe includere importanti ripercussioni in materia di energia, economia e impegno politico-militare, con possibili ripercussioni in tutta la regione e nell’Europa centrale e occidentale”.

Commento di chiusura di Burns: “L’opposizione della Russia all’adesione alla NATO di Ucraina e Georgia è sia emotiva che basata sulla percezione di preoccupazioni strategiche circa l’impatto sugli interessi della Russia nella regione… Se l’opposizione russa alla prima tornata di allargamento della NATO a metà degli anni 1990 era forte, la Russia ora si sente in grado di rispondere con più forza a ciò che percepisce come azioni contrarie ai suoi interessi nazionali”.

Non sappiamo se il Segretario di Stato Condoleezza Rice abbia letto le osservazioni premonitrici di Burns, ma gli avvisi di Lavrov chiaramente sono caduti nel vuoto. Il 3 aprile 2008, il vertice NATO di Bucarest ha rilasciato una dichiarazione formale in cui “la NATO dà il benvenuto alle aspirazioni euro-atlantiche di Ucraina e Georgia di adesione alla NATO. Abbiamo concordato oggi che questi paesi diventeranno membri della NATO”.

Ora, con gli eventi che stanno rapidamente sfuggendo al controllo in Ucraina, alcuni politici dovrebbero dire al presidente Obama che per il futuro potrebbero esserci problemi ancora più gravi, se non si tiene conto degli interessi di sicurezza nazionale della Russia.

* Ray McGovern è stato analista della CIA per 27 anni e a capo dell’Ufficio per la politica estera sovietica.