Aziende, costerà 3.500 miliardi il muro tecnologico anti Cina

usa cina digitalsupremacyquesto articolo de ‘il sole 24 ore’ chiarisce quanto costeranno, anche a noi, le battaglie di Trump contro la Cina che, con molta disinvoltura, politici italiani di tutti gli schieramenti sostengono

di Riccardo Barlaam

da il sole 24 ore 21 luglio 2020

Un mondo diviso in due dalla tecnologia. Separato da un muro di Berlino virtuale. In questa battaglia, uno dei capitoli della guerra fredda che contrappone Stati Uniti e Cina dal 2018, le due potenze si contendono il dominio dell’economia digitale nel futuro: intelligenza artificiale, reti super veloci a 5G, robotica e altre tecnologie. 


Tutte le nazioni e le società tech devono scegliere da che parte stare. La disputa ha lacerato la supply chain globale, sta ridisegnando le reti tlc, l’economia delle app, i social network. Come in tutte le battaglie ci sono morti e feriti. C’è chi vince e chi perde. 

L’ultima vittima è TikTok, piattaforma di video brevi popolare tra i giovani, che la Casa Bianca vuole vietare per ragioni di sicurezza nazionale: i dati personali degli americani che, potenzialmente, possono finire sotto l’occhio del governo di Pechino che ha il controllo della rete. TikTok è di proprietà della startup di Pechino ByteDance, ma ha sede a Los Angeles e un amministratore delegato americano. Non basta a eliminare i sospetti. Una decisione verrà presa entro fine mese: si sta valutando di inserirla in una black list, alla stregua di altre società tech cinesi come Huawei e Zte. 

«Sarà sempre più complicato per le grandi piattaforme tech operare su scala globale», ha detto alla Cnn Dipayan Ghosn, condirettore del Progetto per la democrazia nel digitale ad Harvard. 

Dagli anni Ottanta Stati Uniti e Cina hanno sviluppato due sistemi diversi legati alla tecnologia. Mentre società come Microsoft, Google, Apple e Ibm hanno spinto per la libertà della navigazione su Internet, in Cina il governo ha attivato una Grande muraglia di firewall: meccanismo massivo di controllo e censura del web, lo stesso modello adottato da altri stati autoritari come la Russia. Motori di ricerca e social Usa come Google, Facebook e WhatsApp sono vietati in Cina.

Con l’amministrazione Trump i due sistemi, che pure negli anni della globalizzazione si sono sviluppati e interconnessi, invece di avvicinarsi si sono allontanati, con accuse di furti di proprietà intellettuale, violazione di sanzioni, spionaggio, dazi, arresti – un modo quello americano per cercare di frenare l’avanzata tecnologica cinese che procede a ritmo più veloce.

Nei prossimi cinque anni, il muro tecnologico costerà alle aziende tech americane, cinesi ed europee 3.500 miliardi di dollari, costrette a creare due sistemi per operare da un lato e l’altro del muro, secondo uno studio di Apjit Walia, capo delle strategie globali tech di Deutsche Bank. Le implicazioni della guerra fredda Usa-Cina impattano sulle opinioni dei consumatori: il 41% degli americani e il 35% dei cinesi smetteranno di comprare prodotti del Paese rivale. 

Il conto dei 3.500 miliardi in cinque anni deriva dalla riduzione annua della domanda cinese stimata in 400 miliardi. Dagli extra costi di 100 miliardi l’anno creati dal “tech wall”, che obbligherà le società a operare con piattaforme internet, sistemi operativi, sistemi di tlc e sistemi di pagamento differenti. La perdita della domanda cinese di prodotti tecnologici occidentali è particolarmente preoccupante, secondo lo studio: la Cina rappresenta il 13% dei ricavi globali del settore tecnologico, circa 730 miliardi l’anno. Altri mille miliardi di costi aggiuntivi arriveranno dagli investimenti per ricreare la supply chain globale dei prodotti hi-tech che hanno la Cina come base manifatturiera. 

Gli investimenti hi-tech cinesi sono aumentati con il Made in China 2025, ambizioso piano di Pechino che punta al primato nelle tlc wireless, nei microchips, nell’intelligenza artificiale e nella robotica. Il bando Usa all’export di tecnologia ha spinto ancora di più gli investimenti cinesi nei microchip: nel 2019 Pechino ha creato un fondo di investimento per i semiconduttori da 28,9 miliardi con sussidi per l’industria. 

Dall’altro lato del muro, gli Stati Uniti hanno convinto la Gran Bretagna a bandire Huawei dal 5G. Londra ora cercherà di passare all’incasso: Mike Pompeo è arrivato ieri. Adesso tocca a Germania e Italia decidere se vietare o no Huawei. Decisione non facile che ha implicazioni economiche e politiche. Tim ha appena annunciato che non userà Huawei per il 5G. Sarà più difficile per Deutsche Telekom, principale cliente di Huawei in Europa, che non vuol sentire parlare di divieti. Huawei continua a crescere (+13,1% di ricavi nel semestre del Covid) e ad espandere la sua rete in Asia, Europa, Africa e America Latina. 

Trump più volte ha lanciato l’idea di un’alleanza tra società americane ed europee per creare un campione industriale da contrapporre a Huawei. Ma la mano tesa di Trump all’Europa sul 5G è indebolita dalle sue continue minacce sui dazi e dalla digital tax che la Casa Bianca non vuole.