Non dimenticare i palestinesi Sono un popolo di carcerati

di Stefania Maurizi

da il fatto quotidiano 28 ottobre 2022

Israele ritiene di avere l’immunità internazionale per portare avanti questa politica criminale stato definito lo storico israeliano più coraggioso. Ilan Pappé ha da poco dato alle stampe La prigione più grande del mondo. Storia dei Territori Occupati (Fazi editore), un libro che ricostruisce rigorosamente, con dati e materiali d’archivio, una mostruosa ingiustizia sotto gli occhi del mondo, eppure tollerata: come la Cisgiordania e la Striscia di Gaza siano state trasformate da Israele in un immenso carcere.

Il libro è dedicato ai bambini della Palestina che sono stati uccisi, feriti e traumatizzati e scrive che nella prima Intifada (la rivolta palestinese dal 1987 al 1993) la sezione svedese di Save The Children stimò che tra i 23.600 e 29.000 bambini, un terzo dei quali con meno di 10 anni, dovettero essere curati a causa delle ferite provocate dalle percosse. È figlio di gente sfuggita al nazismo, quando ha iniziato a mettere in discussione le brutali politiche di Israele contro i palestinesi?

Iniziai a notare la brutalità, e a rendermi conto quanto fosse strutturale, in due fasi. La prima volta quando lavorai al mio PH.D. all’università di Oxford sugli eventi del 1948 (la cacciata dei palestinesi dalla loro terra, ndr) ed esaminai freddi materiali d’archivio, che includevano immagini strazianti di massacri, espulsioni e altri crimini di guerra. Mi resi conto che la convinzione con cui ero cresciuto, che le forze armate israeliane fossero le più etiche del mondo, era discutibile. La seconda volta fu quando vidi con i miei occhi la brutalità dell’esercito d’israele nella seconda guerra del Libano nel 1982, poi durante la prima Intifada e, a distanza ravvicinata, durante la seconda nel 2000, quando iniziai a scrivere La pulizia etnica della Palestina.

La sua posizione senza compromessi l’ha resa un reietto in Israele. Riceve ancora minacce di morte?

Non più tanto, dopotutto ho lasciato il Paese per un lungo periodo e ci sono altri che ora vengono presi molto più di mira. Poiché sono ancora una figura pubblica, le paure ci sono ancora, così come le minacce, ma con il passare del tempo ci si abitua e ci si preoccupa meno. Mi pento solo di non aver iniziato prima, perché avrei potuto fare molto di più.

Abbiamo visto il supporto all’ucraina: sanzioni, armi e solidarietà con i rifugiati. Come guarda ai due pesi e alle due misure del mondo occidentale: grandissimo supporto per gli ucraini, mentre Israele può uccidere i palestinesi quanto vuole?

Credo che la crisi dell’ucraina abbia davvero rivelato questo doppio standard e questa ipocrisia, come mai prima d’ora. Ovviamente questa ipocrisia c’è sempre stata, ma quando l’occidente sostiene che un’occupazione anche di una settimana è illegale e che l’occupante dovrebbe essere punito con sanzioni, e quando acclama la lotta del popolo occupato, in particolare il suo uso della violenza contro l’occupante, e fornisce aiuto militare all’occupato, colpisce che non una piccola parte di questo comportamento sia stata applicata a Israele e alla Palestina. Abbiamo potuto vedere immediatamente i risultati di questa ipocrisia. Da quando è iniziata la guerra in Ucraina, il governo israeliano ha intensificato le uccisioni. A partire dalla guerra, uccidere palestinesi, inclusi i bambini, è un’attività quotidiana. L’israele ufficiale ritiene di avere l’immunità internazionale per portare avanti questa politica criminale, sotto la protezione dell’ipocrisia.

Lei sostiene la soluzione dello Stato unico: quanto è realistica la possibilità che israeliani e palestinesi vivano nello stesso Stato, dopo decenni di brutalità?

Storicamente, ci sono casi peggiori in cui il versamento di sangue da entrambe le parti è stato rimpiazzato dalla coesistenza. L’europa occidentale è piena di tali esempi, gli Usa dopo la loro sanguinosa guerra civile sono un altro esempio. In realtà non è questione di possibilità di vivere insieme, si tratta piuttosto dell’assenza di qualsiasi altra possibilità, a parte la “Mad”, la distruzione reciproca assicurata. La questione è come e su quale base (possano convivere), perché oggi è la peggiore possibile – (convivono in) un sistema di apartheid – dobbiamo anche investire su come trasformarla pacificamente e poi creare uno spazio comune. Non è un matrimonio d’amore, ma è il risultato di circostanze storiche, e non tutte possono essere cambiate. Cosa suggerirebbe a chi vuol aiutare i palestinesi? È importantissima la solidarietà, che abbia come duplice scopo sia sostenere la lotta dei palestinesi sia esercitare pressione sui governi, affinché cambino le loro politiche nei confronti di Israele e della Palestina. Non meno importante è offrire un’alternativa alla disinformazione su Israele e Palestina dei media mainstream in Paesi come l’italia.

la recensione del libro di Ilan Pappè è stata pubblicata da Marx21.it

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