di Pietro Fiocchi
da https://lantidiplomatico.it
Nel cuore del Pigneto, a Roma, vive Latif Al Saadi, personaggio di particolare interesse. Originario di Bagdad, cittadino d’Iraq e d’Italia, Latif ha dedicato la sua vita al dialogo. Un impegno che ha messo in pratica come insegnante di lingua araba, in Iraq e in Algeria, giornalista e commentatore di politica internazionale per quotidiani, riviste, agenzie di stampa italiani e del Medio Oriente, poeta, mediatore culturale, membro del Partito Comunista iracheno, di cui ne è stato a lungo il rappresentante in Italia e di cui attualmente è uno dei maggiori attivisti.
Passione e dedizione a cui sono stati dati anche riconoscimenti importanti, come il Premio Letteratura del Muslim International Books Awards, edizione del 2017 (Accademia degli Artisti) e un film – parte di un progetto del Ministero italiano dei Beni Culturali – dedicato alla sua vita, del regista Massimiliano Zanin: “Latif…poeta combattente”.
Con lui non si esauriscono mai gli argomenti su cui poter riflettere. Profonde e lungimiranti le sue vedute su immigrazione-integrazione. Questa volta però parliamo di Iraq, che per quello che rappresenta, oggi in particolare, non passa mai di moda.
Latif, quale fase dell’intervento occidentale trovi più cinica e ipocrita, quella della distruzione dell’Iraq o della sua “ricostruzione”? – a te personalmente, cosa fa più rabbia?
Ho vissuto e seguito con molta attenzione, le politiche degli Stati Uniti e dei paesi occidentali per lungo tempo, e per rispondere a questa domanda, lasciami ricordare quel periodo, della campagna americana e britannica, per preparare alla guerra e all’attacco militare contro l’Iraq, un tempo di propaganda affamata. Parlavano di armi di distruzione totale, proibite a livello internazionale.
Allora mi ricordavo di alcuni fatti reali: l’America aveva dato ogni tipo di armi al regime di Saddam, durante la guerra con l’Iran, fino alla sua fine, dopo 8 anni di distruzione. Allora Saddam usava in maniera intensa le armi chimiche. E chi non ricorda lo stesso Rumsfeld, il ministro della difesa, che aveva fatto avere quelle armi al regime dittatoriale. Compresi anche i missili giganti…!!!.
Gli Stati Uniti rimasero zitti quando Saddam usò le armi chimiche durante la cosiddetta campagna di “Anfalat”, con cui sono stati uccisi migliaia di cittadini onesti, e distrutti migliaia di vilaggi del popolo curdo in Iraq. Anzi, loro negavano quei crimini.
Poi hanno parlato di liberare l’Iraq e portare la democrazia al popolo iracheno per giustificare la guerra del 2003. Invece hanno creato il caos sistematico, e hanno pianificato tutto per fondare uno stato basato sulla quota etnico-settaria, con cui è stata acuita la divisione nella società irachena. Sono state appoggiate le forze settarie, che hanno preso il potere cavalcando la rappresentanza etnico-settaria, alleandosi con gli occupanti… !!.
Due esempi che mi hanno fatto arrabbiare e continuo ad esserlo, quando penso al disastro senza fine che ci hanno lasciato i liberatori…. !!!
La politica in Italia, negli altri paesi europei, nel corso degli eventi, ha mai preso seriamente in considerazione i suggerimenti di chi come te conosceva e conosce concretamente la situazione, potendo forse evitare alcuni degli errori e orrori poi commessi?
Ovvio, vivendo in Italia, in quel periodo difficile, ho subito una maggiore sofferenza, per le posizioni politiche sia della destra che delle forze della sinistra italiana, ma anche europea.
Ho partecipato attivamente a tutte le iniziative e alle attività contro la guerra in Iraq, scandalizzando, smascherando la propaganda dell’Occidente per giutificare la guerra contro l’Iraq. Ma cercando sempre di far capire alle forze della sinistra, di essere chiari nel distinguere, tra essere contro la guerra e isolare il regime dittatoriale, alzare la voce contro la sua persecuzione criminale. Cioè essere contro la guerra non vuol dire difendere un regime criminale basandosi su un discorso non più giusto: “i nemici del nostro nemico sono i nostri amici”….!!!.
Questa situazione è stata motivo per me di tristezza, di rabbia. Ma non ha bloccato il mio attivismo con la sinistra italiana contro la guerra e le politiche degli USA e dei governi dei paesi occidentali….
A venti anni dalla guerra, quale è oggi la situazione, politica e sociale, nel tuo paese? Chi comanda e quali obiettivi ha?
Per rispondere a questa domanda, ho bisogno di scrivere un lungo articolo, ma posso dire sinteticamente che: la situazione in Iraq, continua ad essere contro gli interessi principali della stragrande maggioranza del popolo iracheno e del paese. Contro gli iracheni che hanno subito oltre 35 anni di oppressione e persecuzione, uccisioni, le guerre interne ed esterne. E oggi, invece di uscire finalmente dalla povertà causata dalle sanzioni criminali dell’Occidente per più di 12 anni, invece di ottenere finalmente una vera libertà, l’Iraq continua a subire le divisioni provocate dal sistema politico imposto dagli occupanti americani ed i loro alleati.
Un sistema basato sulla quota etnico-settaria, che ha permesso di dare il potere alle forze alleate con gli americani, cavalcando il discorso della rappresentanza etnico–settaria. Cosa che ha creato il caos sistematico nella società irachena, e aperto le porte alla corruzione e ai conflitti armati, fino ad arrivare all’entrata e l’inserimento di forze terroriste come Al Qaida e poi l’ISIS.
Sì oggi, e dopo la sconfitta, non definitiva, dell’l’ISIS, la situazione è calma, sono diminuiti molto gli attacchi terroristici, ma il regime della quota settaria continua a danneggiare lo stato, ostacola la costruzione di un paese veramente civile e democratico. E continuano le interferenze al nostro interno, per i propri interessi, da parte di Iran, Turchia, America e dei paesi del Golfo…
Rispetto a temi fondamentali per la rifondazione dello stato iracheno, governo e opposizione riescono a dialogare in maniera costruttiva? Ci sono progetti comuni in cantiere? Il tuo partito quali proposte ha?
Noi come Partito Comunista iracheno, come comunisti, ma anche come gente delle forze civili, democratriche e del cambiamento, abbiamo cercato sempre il dialogo. E siamo stati sempre, prima e dopo il 2003, contro la guerra e contro il sistema che è venuto dopo.
Avevamo e abbiamo un ruolo fondamentale nel movimento civile e democratico, per il cambiamento, per combattere lo stato degli interessi esclusivi delle forze settarie e delle milizie comandate dall’estero e per far nascere un altro stato. Un stato unito e federale, democratico, della cittadinanza e dei diritti civili. Uno stato che viva in pace con tutti i paesi della regione, del Medioriente e del Golfo. Cosi abbiamo partecipato attivamente sia alle manifestazioni del 2011, sia a quelle di Tishreen (Ottobre) del 2019.
Oggi siamo riusciti a fondare un’alleanza di varie forze civili e democratiche, parte di esse sono attivisti civili, che partecipano alle maniefestazioni di massa. Abbiamo un progetto per il movimento del cambiamento e posso elencare alcuni dei punti principali:
- Chiedere di andare alle elezioni anticipate al più presto, cambiando la legge elettorale e la commissione elettorale, fuori della quota settaria. E fare dell’Iraq un collegio unico, o almeno un collegio per ogni provincia.
- Rendere noti e punire tutti i criminali che hanno contribuito all’uccisione dei manifestanti, in particolare di quelli della rivolta di Tishreen del 2019 (Ottobre).
- Combattere la corruzione in tutti i suoi livelli. E far ritornare i miliardi dei soldi rubati da alcuni dei funzionari e dirigenti dello stato in maniera ampia ed estesa … !!.
- Offrire tutti i servizi vitali fondamentali, come l’elettricità e l’acqua potabile in tutto l’Iraq.
- Uscire dell’economia di rendità basata solo sul petrol E costruire relazioni estere di indipendenza al di fuori degli interessi dei paesi vicini…!!!
C’è un interessante e continuo progredire dei rapporti bilaterali, su tutti i fronti, tra l’Iraq e la Cina. Secondo te, secondo l’opinione pubblica e la Stampa del “mondo arabo”, la cooperazione con la Repubblica Popolare può contribuire, una volta per tutte, alla stabilità e al progresso del tuo paese?
Il progredire, l’evolvere delle relazioni di collaborazione e amicizia con la Cina potrebbe essere un elemento fondamentale per andare avanti nel processo di costruzione di uno stato civile, democratico, e di uno sviluppo economico sostenibile del paese. Questo permetterebbe di riequilibrare i rapporti con altri paesi nel mondo e di fatto sarebbe una maniera concreta per uscire anche dal sistema mondiale dello sfruttamento occidentale dei cosiddetti paesi in via di sviluppo.
Rafforzare le relazioni Iraq Cina rappresenterebbe una strada di stabilità e di pacificazione per il paese, senza essere sottoposti alle politiche dei paesi capitalisti e dei nostri vicini.
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Di seguito una poesia di Latif Al Saadi, “Nella distanza tra Bagdad e Roma”, dalla raccolta Profondi di una vita, edita da Porto Seguro:
Da Roma
Decollano gli urli e gli slogan
E a Bagdad
Si divincolano corpi
Penzolano colli e teste
Teste che indicano un orizzonte.
A Roma l’amante,
le mani, e gli slogan di pace
Dipingono
Il panorama di Piazza del Popolo.
E a Bagdad
S’incastrano le genti forzatamente
votano senza voce
senza volti
e il prezzo del No
è la morte.
Roma è la capitale per la pace,
a Bagdad della pace,
e Bagdad è un simbolo
Per i sogni nella pace
Sogni sgozzati.
Fra Bagdad e Roma
Un legame viscerale
Bagdad e Roma
Sono unite nei sogni.
Un risveglio nel buio oscuro.
Nei quartieri di Roma
Si disseminano infiorati,
le sensibilità della frustrazione,
sentimenti di dolore
e il pentimento.
S’infiammano presagi,
della tolleranza
delle solidarietà.
E nei vicoli di Bagdad antica
La gente si dissangua
Si sopprimono animi e sogni.
Tra Bagdad e Roma c’è
una linfa d’amore
un fiume turbolento
una corrente nella prospettiva.
Fra Bagdad e Roma
Ci sono le volontà, le voglie,
che si uniscono alle convinzioni:
che un mondo migliore verrà
o dovrebbe venire
all’orizzonte.
Roma il 13 novembre 2002
Nota dell’autore
N.B. la poesia era stata scritta quando, nella data sopra indicata, partecipai a una manifestazione contro la guerra in Iraq, in cui erano organizzate le elezioni per falsificare le volontà degli iracheni e così sono uscite queste immagini, in un momento molto particolare e deludente per il poeta.
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