di Marco Pondrelli
La sospensione del vaccino AstraZeneca è solo l’ultima pagina di una storia che assume contorni sempre più confusi. A leggere gli editoriali e gli articoli dei giornali italiani il rischio è quello di rimanere spiazzati, anche la stampa più schierata e fedele al verbo occidentale non riesce a cancellare le contraddizioni di questa delicata fase.
Il virus che da Donald Trump era stato ribattezzato ‘cinese’ in realtà non è tale, con grande scorno degli esultanti giannizzeri nostrani ad oggi non siamo in grado di dire dov’è nato, possiamo dire che è stato isolato in Cina per la prima volta ma, successivamente, l’Istituto dei tumori di Milano ha ravvisato casi precedenti in Italia. Dobbiamo allora parlare di virus italiano? No, innanzitutto perché non sappiamo se questo virus è nato in Italia o vi è stato portato ma sopratutto perché, a meno che non si voglia pensare ad un complotto cinese volto a contagiare l’intero mondo, dobbiamo rassegnarci al fatto che il virus non sia frutto di una decisione umana. Non è come riferirsi alla crisi del 2007-08, che non è mai stata definita ‘crisi statunitense’ anche se i motivi per definirla tale non mancherebbero.
Le contraddizioni non sono solo queste. Lo stesso giorno (14 marzo) in cui ‘il sole 24 ore’ ci informava che i guadagni di Big Pharma erano volati alle stelle (71 miliardi) i giornali riportavano la decisione del WTO che si rifiutava di sospendere i brevetti sui vaccini per i paesi poveri. Sempre lo stesso giorno dalle colonne de ‘la repubblica’ Molinari ci rassicurava sulla buona volontà degli Stati Uniti. È vero che Biden governa la vaccinazione all’insegna del prima gli statunitensi ma è pronto ad impegnarsi per i paesi poveri ricollegandosi alla tradizione di Georges W. Bush che di aiuti ai paesi poveri se ne intendeva (chiedere agli iracheni o agli afghani). Evidentemente ai più sfugge quello che ha dichiarato l’11 marzo Gino Strada a ‘il fatto quotidiano’ ovverosia: ‘ci sono Stati africani che hanno ricevuto solo 50 fiale, mentre alcune nazioni ricche hanno comprato una quantità di dosi sufficiente a vaccinare la propria popolazione cinque volte‘.
I poteri forti ed i loro portavoce capiscono che la battaglia sui vaccini è una battaglia geopolitica, aiutare i paesi poveri a superare questa emergenza è un modo per estendere la propria influenza. È proprio su questa sfida che si materializzano i limiti dell’Occidente. Negli ultimi 30 anni abbiamo tagliato oltre alla sanità ed al welfare anche la ricerca, siamo così rimasti disarmati davanti al virus ed i governi hanno potuto rispondere solo finanziando le multinazionali del farmaco. Una volta ottenuto il vaccino il contributo pubblico è stato dimenticato, è il privato a dare le carte ed a decidere quanti vaccini distribuire, a chi e quando. La realtà è che a fronte di una carenza di vaccini a livello nazionale vi sono milioni di dosi offerte alle regioni o vendute ad altri Stati a prezzi maggiori. Sarebbe molto interessante conoscere i contratti firmati dall’Unione europea che purtroppo sono in gran parte inaccessibili, ma ovviamente è la Russia a mancare di trasparenza.
Si rivela sui vaccini la contraddizione insita in un sistema che si presenta come universale ma che accentra potere e ricchezza in poche mani. Questo modello è sbagliato non solo politicamente ed eticamente ma anche sotto l’aspetto dell’efficenza, perché il virus, come la livella di Totò, è democratico non può essere fermato dai mari o dai muri.
Lo scontro mondiale si ripropone anche a livello pandemico. Cina, Russia e Cuba hanno dimostrato la superiorità di un modello a guida pubblica.
Cuba è un piccolo paese sottoposto ad un embargo sessantennale eppure, nonostante abbia un PIL ed una ricchezza inferiori a quella italiana, sta completando un vaccino che sarà distribuito gratuitamente non solo alla propria popolazione ma anche ai paesi poveri.
Non sono un medico e non entro nel merito scientifico della disputa mi limito ad una analisi geopolitica, perché solo con essa si può spiegare l’ostracismo, ad esempio, verso il vaccino russo. Gli argomenti contro sono stati i più disparati: all’inizio si sosteneva mancassero evidenze scientifiche, poi si è arrivati a dire che non c’era stata nessuna richiesta da parte delle autorità russe, si è detto che la domanda era stata mandata all’indirizzo mail sbagliato ed infine che il vaccino non è sicuro perché Putin non lo ha fatto, quindi the Lancet, che sostiene che lo Sputnik V ‘è superiore a molti vaccini attualmente sviluppati da altri paesi[1]’ è controllata dagli hacker russi?
Il punto è che verso il vaccino russo o cinese il muro è geopolitico. Non si vuole dare spazio al ‘nemico’ anche se questo ostruzionismo costa centinaia di morti ogni giorno, inoltre non si vuole riconoscere che un sistema, quello pubblico, presentato come inefficiente sia il realtà in grado di funzionare meglio di quello liberista.
Questa è però una battaglia già persa in partenza. La pandemia, come tutte le crisi, è un potente acceleratore e anche oggi, come nel 2007-08, la Cina sarà un potente fattore di stabilizzazione aiutando il mondo a riprendersi da questa tremenda crisi. Il virus ci consegnerà nuovi equilibri nei quali l’Occidente perderà forza ed egemonia.
Esemplare il caso degli Emirati Arabi Uniti[2], fedele alleato degli USA in medioriente, che inizieranno a produrre il vaccino cinese su licenza della Sinopharm. Diventeranno così un importante anello della via della seta della salute. L’impostazione muscolare a stelle e strisce ha trovato un avversario più forte che non gli sfila gli alleati con le armi ma con il sostegno economico e medico.
Sta nascendo un mondo multipolare, l’Occidente deve abituarsi all’idea di non essere più il centro del mondo con grande disappunto di chi compiange coloro che, come cantava Georges Brassens, non ebbero ‘la presenza di spirito di venire alla luce nel loro paese’.
Note:
2. https://www.beltandroad.news/lifestyle/healthcare/health-silk-road-uae-china-middle-east-vaccine-hub/