Russia: per Biden, la minaccia più grande

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Per il Cremlino, Biden è un “Cold Warrior”, e non sarà facile trovare una sponda come lo fu con Trump. Il nuovo presidente USA ha già fatto capire che vuole fare quadrato contro Mosca, ricompattare la NATO e arginare vecchi e nuovi autoritarismi.

Negli anni dell’amministrazione Trump, Joe Biden ha più volte denunciato l’assalto russo alle fondamenta della democrazia occidentale, ribadendo in più occasioni che la sua politica verso Mosca sarà basata sul pesante uso di sanzioni, l’espansione e il potenziamento della NATO e la creazione di un fronte democratico internazionale che possa fare da argine a vecchi e nuovi autoritarismi. Biden ha appoggiato la decisione dell’amministrazione Trump di inviare armi all’Ucraina e si è negli anni a favore dell’ingresso di Georgia e Ucraina nell’Alleanza Atlantica. Infine, l’ex vicepresidente si è opposto al ritorno di Mosca nel G7, mentre si è detto aperto a negoziare nuovi trattati per la riduzione degli arsenali missilistici dei due paesi.

Una volta arrivato alla Casa Bianca, è dunque lecito aspettarsi che Biden adotti un atteggiamento da Cold Warrior contemporaneo nei prossimi quattro anni, con il risultato probabile di un ulteriore irrigidimento dei rapporti tra Mosca e Washington; per citare Andrey Kortunov, a capo del RIAC di Mosca, l’elezione di Biden porterà a un consolidamento dell’Occidente su una piattaforma anti-russa. L’atteggiamento da Cold Warrior è il risultato di anni di critiche e sospetti nei confronti della Russia e del suo presidente Vladimir Putin. L’episodio che probabilmente ha influenzato maggiormente l’opinione di Biden risale al 2011. Allora, Biden disse a Putin ad una riunione: “Ti guardo negli occhi e non credo che tu abbia un’anima”, secondo un’intervista rilasciata al New Yorker. Sempre secondo Biden, Putin si sarebbe voltato a guardarlo e gli avrebbe detto sorridendo: “Allora ci capiamo”. In seguito, la visione del neo-presidente sulla Russia e su Putin fu ulteriormente modellata dai suoi anni alla commissione esteri del Senato e dal suo ruolo nell’amministrazione Obama, di cui era l’uomo di riferimento nella gestione dei rapporti con l’Ucraina dopo l’aggressione russa. Esemplificativa del suo atteggiamento verso il Cremlino è stata la sua dichiarazione alla Conferenza sulla Sicurezza di Monaco del 2009, in cui l’allora neo vicepresidente disse che la sua amministrazione non avrebbe riconosciuto alcuna sfera di influenza per nessun paese – un chiaro riferimento alla politica estera post-sovietica di Mosca.

Il bastone e la carota

La maggior parte degli esperti si aspetta che Biden aumenti la pressione su Mosca e lavori di concerto con quei partner europei che stanno anche prendendo una linea più dura, come la Polonia, intensificando la presenza statunitense in Europa orientale contro quella che molti vicini di Mosca percepiscono come “la minaccia russa”. Dunque, potremmo assistere ad un maggiore coinvolgimento statunitense in Ucraina e in Bielorussia. In particolare, sulla questione della Bielorussia, gli USA di Trump avevano essenzialmente seguito la leadership dell’Unione Europea sull’introduzione di sanzioni; una situazione opposta rispetto al caso ucraino, in cui erano stati invece gli Stati Uniti di Obama a trainare gli alleati nel rispondere a Mosca. Biden dovrà fare i conti con il possibile rinnovo dell’accordo START, trattato concluso da Obama che limitava il numero di testate nucleari strategiche schierate da Stati Uniti e Russia, visto che i tentativi dell’amministrazione Trump di negoziare un nuovo trattato prima delle elezioni non hanno dato frutti. Nonostante siano molti i punti di disaccordo con Putin, non si può però scartare apriori un tentativo di dialogo da parte di Biden sulla questione del controllo degli armamenti. D’altronde, non ci sono solo hardliners nel partito democratico: ci sono altre voci che sulla politica estera e sulla Russia in particolare, chiedono un approccio più cauto e una rinnovata attenzione alla diplomazia come ai tempi del “reset”: insomma, il classico approccio del bastone (sanzioni) e la carota (dialogo e incentivi alla cooperazione). In questo senso, come afferma Jim Townsend, un ex funzionario del Pentagono Obama che è stato coinvolto nella campagna di Biden, il presidente dovrà mediare “tra le persone che dicono che dobbiamo lavorare con i russi e altre che sostengono che ci troviamo di fronte a una riedizione della Guerra Fredda”.