di Alessandro Pascale
[INTRODUZIONE – Quello che segue è il capitolo 15.6 di A. Pascale, Il totalitarismo liberale. Le tecniche imperialiste per l’egemonia culturale, La Città del Sole, Napoli 2018, pp. 444-447. Con il presente scritto continuiamo (per recuperare gli scritti precedenti si veda qui), in anteprima per Marx21.it, la pubblicazione del capitolo finale dell’opera, in cui dopo aver posto le premesse analitiche e presentato per grandi linee la “questione cinese” e l’attualità del socialismo si cerca di trarne alcune conclusioni politiche.
Con il presente scritto viene affrontata l’insostenibilità ecologica e sociale della globalizzazione imperialista quale abbiamo fino ad ora vissuto. In tempi recenti ho avuto occasione di approfondire le questioni dell’immigrazione e dell’ambiente, con una critica all’impostazione data al tema da Greta Thumberg. La crisi post-covid rischia di mettere in secondo piano tali questioni. Sarebbe un errore per i comunisti, anche per l’enorme interesse diffuso tra le nuove generazioni sul tema, trascurare il nesso dialettico che collega l’aggravamento delle condizioni sociali del proletariato con il fenomeno dell’imperialismo, che si presenta come la contraddizione principale anche in questo campo, come confermato dagli enormi sviluppi della Repubblica Popolare Cinese nel settore della sostenibilità ambientale (vd sul tema Piaccia o no: il Dragone scavalca l’America). Alessandro Pascale, 17 luglio 2020]
Una serie di Rivoluzioni socialiste non è solo un sogno per gli sfruttati, ma una necessità per lo stesso Pianeta. Dopo la questione della “fame”, la seconda grande urgenza a cui dovrà rispondere l’Umanità nel XXI secolo è infatti la questione ambientale ed ecologica. Senza una razionalizzazione della produzione e dell’utilizzo delle risorse, senza una riduzione delle disuguaglianze mostruose oggi esistenti su scala mondiale, si può immaginare facilmente un ulteriore deterioramento del clima, una serie di sempre più imponenti catastrofi naturali e lo scoppio di svariati conflitti e guerre su scala più o meno ampia per l’approvvigionamento di risorse un tempo date per scontate. Non bisogna dimenticare che la possibilità materiale per l’Umanità di liberarsi dal flagello delle carestie è stata raggiunta soltanto nel XIX secolo (e solo in alcuni Paesi) e la precipitazione di eventi di carattere naturale, politica o sociale, nell’instabilità delle relazioni internazionali e in presenza di una popolazione mondiale ancora in considerevole aumento demografico, sono fattori da non escludersi totalmente, anche per l’Occidente. L’uomo europeo, che in molti casi (la precisazione è fatta pensando ai popoli dell’ex-Jugoslavia e dell’Ucraina) non subisce da 70 anni sul proprio territorio le conseguenze di una guerra, non ha concezione della dura miseria e di quanto il socialismo sia necessario contro gli squilibri mostruosi che la provocano. Il ritorno del fanatismo religioso in molte realtà del “Terzo Mondo” ne è già un primo segnale, configurandosi come una forma di protesta rudimentale e inadeguata verso le storture dell’attuale sistema. Una protesta peraltro abilmente manovrata strumentalmente dagli USA, come nel caso dell’ISIS, per cercare di rafforzare le proprie posizioni in Medio Oriente.
Un altro segnale delle allarmanti condizioni del pianeta è dato dalle imponenti migrazioni intercontinentali che stanno avendo luogo negli ultimi anni. Particolarmente importante appare il nesso tra ambiente, immigrazione e concorrenza socio-lavorativa: nel mondo contemporaneo l’ambiente è messo a rischio soprattutto dalla tendenza alla sovrapproduzione di merci. Il riscaldamento del globo ha assunto caratteri preoccupanti da quando nel XIX secolo il modo di produzione capitalistico ha cominciato ad estendersi su larga scala. La «bulimia energetica del sistema» proviene, infatti, dalla concorrenza di capitali in lotta tra loro, dalla corsa al profitto e dalla logica di accumulazione illimitata proprie del capitalismo. Sono sempre più allarmanti le voci di uno sgretolamento progressivo delle calotte polari che sta dando luogo ad un innalzamento progressivo dei mari, con enormi ripercussioni ambientali e climatiche che rischiano di sconvolgere intere regioni geografiche.
Ciò produce il dilagare di fenomeni migratori di massa: nel solo 2016 in tutto il mondo oltre 65 milioni di persone sono stati costretti ad abbandonare le proprie case. Di questi, 40 milioni sono “sfollati” all’interno del proprio Paese, mentre più di 22 milioni sono coloro che hanno assunto lo status di “rifugiati”. Un quarto di questi (5,5 milioni) è stato causato dalla guerra imperialista in Siria… [1] Solo una piccola parte di queste persone giunge dalle periferie del mondo nei Paesi imperialisti. Nell’UE ad esempio nel 2015 sono stati 2,4 milioni gli immigrati provenienti da Paesi extra-UE[2]. Eppure nonostante le cifre non siano particolarmente elevate, ciò ha dato luogo ad un dibattito politico molto ampio, fomentando e ravvivando razzismo e xenofobia tra le organizzazioni politiche di destra, mentre le sinistre hanno avviato, d’accordo con le organizzazioni cattoliche, campagne per l’accoglienza in nome della solidarietà umanitaria. In pochi, anche a sinistra, hanno saputo o voluto affrontare la questione nei termini espressi da Lenin ne L’Imperialismo, fase suprema del Capitalismo: «una delle particolarità dell’imperialismo, collegata all’accennata cerchia di fenomeni, è la diminuzione dell’emigrazione dai Paesi imperialisti e l’aumento dell’immigrazione in essi di individui provenienti da Paesi più arretrati, con salari inferiori»[3].
In generale l’imperialismo favorisce enormi flussi migratori che vanno a costituire enormi eserciti industriali di riserva pronti a fare concorrenza alle classi lavoratrici già costrette a far fronte ad una sempre maggiore pressione socio-economica. Tale constatazione non può certamente nell’immediato eludere il compito internazionalista dell’accoglienza e il sostegno a milioni di profughi e rifugiati in fuga da una miseria e una devastazione figlie delle politiche imperialiste occidentali; ma non deve neanche far dimenticare che pochi hanno parallelamente denunciato il ruolo e le responsabilità dei Paesi occidentali e delle multinazionali nei drammi subìti da milioni di persone. Persone difficilmente contente di dover abbandonare la propria terra, i propri affetti, la propria patria. Non c’è molto da stupirsi d’altronde: l’omissione delle cause delle migrazioni, o la generica attribuzione a “catastrofi naturali, guerre e regimi politici corrotti”, come spesso si usa dire, ben si adatta all’occultamento dell’imperialismo che agisce in maniera sotterranea. Si adatta però molto meno alle organizzazioni “progressiste” che, abbandonando l’analitica marxista-leninista, non possono affrontare il tema in modo adeguato, cioè di classe, abbandonando così alle organizzazioni reazionarie il compito di denunciare la concorrenza salariale a basso costo, facendo leva sul razzismo, su un messaggio populista e sugli istinti popolari più retrogradi.
Conta chiaramente anche in questo caso il meccanismo politico-mediatico dell’agenda setting e la capacità conseguente della borghesia di distogliere l’attenzione dai problemi reali. Diamo a tal riguardo un solo dato: nel 2011 le paure principali dei cittadini europei riguardano l’Economia (60%), la Finanza Pubblica e la Disoccupazione (entrambe al 30%), mentre solo il 10% era preoccupato dall’Immigrazione. Nel 2018 invece le paure principali sono l’Immigrazione (40%) e il Terrorismo (30%), mentre le questioni economico-sociali sono scese al di sotto del 20%. Tale risultato è stato reso possibile grazie ad un bombardamento mediatico continuo e criminale. Una storiella recita: ci sono un immigrato, un padrone e un elettore intorno a un tavolo con 12 biscotti. Il padrone prende 11 biscotti e dice all’elettore: “Attento, l’immigrato vuole prendere il tuo biscotto!” Il ruolo dei comunisti dovrebbe essere quello di svelare la truffa e indicare il vero nemico: l’imperialismo.
Note:
1. UNHCR, Nel 2016 il numero più elevato di sempre di persone costrette a fuggire da guerre, violenze e persecuzioni, Unhcr.it, 19 giugno 2017.
2. Eurostat, Statistiche sulle migrazioni internazionali e sulle popolazioni di origine straniera, Europa.eu, marzo 2017.
3. V. Lenin, L’Imperialismo fase suprema del capitalismo, cit., p. 146.