di Lenny Bottai
A Livorno, il governo, io credo non di certo per caso ma per mera provocazione, ha spedito un pacchetto di migranti. Sia messo a verbale che il parallelo che faccio con la merce non è per niente casuale, ma voluto, considerando come molti trattano questo argomento.
La prima cosa da rilevare in merito è che neppure il super governo italianissimo della ‘destra confinara’ si dimostra capace di fermare questa emorragia dovuta ad un ampio disegno internazionale di sfruttamento delle terre altrui, che nessun sovranista potrà mai fermare. La seconda è il solito, ridondante, cortocircuito creato dalle fazioni in lotta, animate dai due sentimenti contrapposti: la paura, la repulsione, io direi anche la stupidità di chi pensa che siano questi disgraziati a toglierci qualcosa; e gli illusi, i talvolta – ma non sempre – ipocriti accoglienti, travolti dai buoni sentimenti privi di una visuale a lungo termine, sommati alle persone che si posizionano con legittimità, ma di pancia, in antitesi ai beceri allarmati dall’invasiome.
Altra cose da mettere a verbale è il fatto che salvare delle persone in balia del mare, tanto più quando minori e donne incinta, non è affatto un’opzione ma un dovere morale e giuridico, per tutti. Chi non la si pensa in questo modo, meriterebbe veramente di assaggiare certe condizioni di vita. Dopo, però, bisogna fare un’analisi più seria della situazione, partendo dal fatto che quelle persone non sono pesci e quindi non sono nate di certo in mare, perché i cuoricini sulle foto e gli striscioni Welcome Refugees in città, possono servire forse ad indispettire gli stupidi che scrivono “perché non li metti a casa tua!”, ma a nulla altro servono, neppure a risolvere la vita dei malcapitati migranti in cerca di qualcosa che non troveranno mai.
Il governo cittadino si è trovato di fronte ad una scelta, ed ha fatto sicuramente la cosa giusta, il problema dell’immigrazione tuttavia non si estingue in questo braccio di ferro misero rappresentato dai commenti sui social e sulle varie testate online. Ovviamente la soluzione ad un problema così complesso non può di certo essere semplice e veloce, ma al contrario necessita di un grosso impegno geopolitico da costruire nel tempo. Ma questo non avverrà mai se le istanze delle persone si fermano, o meglio si incagliano, questa lotta speculare che non guarda al di là del domani, ma soprattutto non indica un colpevole: il capitalismo globalizzato. Viviamo nel quarto di mondo più ricco economicamente, ma più povero di risorse, il quale per mantenersi in tutto il suo benessere e in tutti i suoi sprechi (ovviamente non parlo per i subalterni che invece arrancano sempre e ovunque) ha bisogno di tenere soggiogate, impoverite, vincolate le nazioni che sono più ricche di risorse. Mettere in mano i governi di questi paesi ad oligarchie compiacenti che in cambio di una vita agiata svendono i propri averi all’occidente è da sempre la prassi dell’imperialismo europeo e nordamericano, senza andare troppo lontano basta fare una mappatura dei pozzi che ha acquisito anche ultimamente Eni nel Nord Africa e gli utili che ha accumulato nel primo semestre. Se prendiamo come paradigma quello che è accaduto con il gas russo in riguardo alla crisi dovuta alla guerra, ci rendiamo conto cosa potrebbe causare – non di certo per noi ma per i capitalisti nostrani – una vera sovranità dei paesi ricchi di petrolio (pensate al Qatar o all’Arabia Saudita). E queste oligarchie compiacenti, come potrebbero se svendono le loro risorse all’occidente sfamare la propria popolazione e garantire un giusto progresso? Ovviamente questa impossibilità, sommata a delle masse affamate da gestire, significherebbe vedere delle vere e proprie rivoluzioni come è già successo in paesi come il Burkina Faso, quando un uomo di nome Thomas Sankara venne assassinato proprio per il suo progetto di emancipazione e autodeterminazione del suo popolo, di denuncia dei paesi occidentali che lo indebitavano e derubavano. Appare ovvio quindi che per le classi dominanti di questo e di quel mondo non vi possa essere niente di meglio che assistere ad un’emorragia continua di persone in cerca di una fortuna che non arriverà mai. L’alternativa a questa situazione è quella che mi hanno raccontato tanti amici imbarcati, ovvero i pirati che assaltano le petroliere, oppure i gruppi armati come sono nati nel delta del Niger per contrastare le razzie dell’occidente. Perché il nodo centrale, e qui stava colpa di chi si ferma allo striscione per l’accoglienza, sta nel fatto che questa non si concretizza purtroppo. Al contrario, l’unica cosa che si concretizza è un nuovo business per le classi dominanti del nostro mondo. Aumentano le risorse per chi vive di lavoro nero, per chi fa affari con questa fasulla accoglienza, per chi necessita di un esercito industriale di riserva, magari a colpi di voucher promossi dalla sinistra per favorire l’agricoltura locale, la quale altrimenti non potrebbe compensare con la grande distribuzione, infine per chi ha bisogno di manovalanza per la criminalità organizzata. I meccanismi di ingresso per ogni migrante in questi giri sono lampanti, basta avere a che fare con qualcuno di loro, parlarci, per capire. Così come è lampante che qualcuno ritiene con molta probabilità che l’africano che schiva vaffanculo sulle spiagge, o fuori del supermercato, con qualche euro donato possa avere la felicità di ognuno di noi. Forse servirebbe a tanti ascoltare gente come Kemi Seba, per capire che prima o poi le cose cambieranno. Invece siamo fermi alle due fazioni che non disturbano il conducente, ignare del fatto che i loro referenti politici (polo sinistro e destro dell’arco liberal coloniale) non hanno nessun interesse a cambiare queste condizioni che gli portano voti e affari.
Da una parte quelli di chi vorrebbe un’Italia composta solo da italiani, quando nella storia nessuna nazione è mai stata così (in Sicilia troverete le tracce dei Normanni come degli arabi, mentre l’Impero Romano ha campato per anni con l’immigrazione), dall’altra quelli del cuoricino e dello striscione facile che però dimenticano il proseguo della vita dei malcapitati non è di certo ciò che avrebbero sperato e soprattutto ciò di cui hanno il piano diritto di vivere.
La soluzione ovviamente è una vera e sana cooperazione internazionale, una lotta per l’autodeterminazione dei popoli, una feroce condanna ad ogni forma di neocolonialismo, la costruzione di un mondo multipolare. Fare come Cuba, che prende, forma medici africani e li mette in condizione di curare le persone in Africa; fare come ha fatto la Cina, che se ne dica, anche se su ogni motore di ricerca sembra l’unico paese colonialista, in Africa non è di certo Babbo Natale ma è l’unica che scambia risorse con infrastrutture, costruisce, e durante la pandemia ha distribuito milioni di vaccini gratuiti e soprattutto ha cancellato i debiti di molti paesi. Ma tutto questo non fa parte della cultura occidentale, la quale, ricordiamolo, ha campato per un secolo di colonie, ed oggi continua a farlo chiamandolo in un altro modo.
Forse un giorno le masse si renderanno conto di questo inganno creato ad arte, dove si simula una salvezza per non concedere una legittima prospettiva di vita, al netto di quanti credono di fare bene in un verso, e di quanti si nutrono di retorica, ipocrisia e disumanità.
Chi ha riportato le leggi livornine ha fatto bene, lo sottoscrivo, ma ha dimenticato che il contesto attuale è – purtroppo – ben diverso. Altrimenti si vive davvero su Marte. Oppure in un mondo dove basta un asterisco per essere equi. Forse la seconda…
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