di Hedelberto López Blanch
traduzione dall’inglese di Marco Pondrelli per Marx21.it
Dopo la debacle socio-economica rappresentata dall’espansione della pandemia Covid-19 in quasi tutte le nazioni del mondo, la Repubblica Popolare Cinese, dove il virus è stato individuato per la prima volta, è riuscita a fare crescere la sua economia mentre quella degli Stati Uniti continua a diminuire.
Gli specialisti assicurano che questa grande differenza tra le due principali potenze economiche del mondo è dovuta al fatto che la Cina, fin dai primi momenti, ha preso le misure necessarie per controllare la malattia, a differenza degli Stati Uniti il cui presidente, Donald Trump, ha disconosciuto la gravità del virus.
Il regresso nordamericano si sta verificando dall’ultimo decennio ed è aumentato con la comparsa del coronavirus, fondamentalmente a causa della pigrizia dei suoi funzionari nell’affrontarlo.
Diversi dati evidenziano le debolezze del colosso americano perché, nonostante sia una potenza con risorse e capacità molto importanti per il benessere della maggior parte dei suoi abitanti, il salario reale oggi è inferiore a 40 anni fa.
Data questa premessa, un impiegato medio deve lavorare il doppio degli anni rispetto a tre decenni fa per pagare il prezzo di un piccolo appartamento.
Tra la popolazione il livello di disuguaglianza è progressivamente peggiorato con il ristagno dei salari reali rispetto al costo della vita. Quasi 50 milioni di persone sono al di sotto della soglia di povertà e il 36% degli americani non dispone di un’assicurazione che dia loro accesso a un’assistenza sanitaria specializzata.
Nell’ultimo decennio, i suicidi sono aumentati del 24% e allo stesso tempo l’aspettativa di vita è scesa a soli 76,10 anni. A Cuba, un Paese in via di sviluppo economicamente e finanziariamente bloccato da Washington, questo dato è di 78,2 anni.
Recentemente il Dipartimento del Commercio ha riferito che l’economia del Paese si è contratta nel secondo trimestre del 2020 al ritmo più alto della sua storia, questo rappresenta la più grande debacle dai tempi della seconda guerra mondiale.
Secondo il Bureau of Economic Analysis del Dipartimento, il prodotto interno lordo (PIL) reale è sceso al 32,9 per cento nel secondo trimestre del 2020 a causa degli effetti disastrosi della pandemia. Nel primo trimestre era meno 5%.
L’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) ha stimato un calo del 7,3% del PIL statunitense per il 2020, un dato che potrebbe essere modificato se l’ondata di coronavirus fosse sostenuta o aumentasse.
Nel frattempo, la Cina emerge come la potenza che chiuderà l’anno della pandemia con una crescita economica positiva. Mentre il suo PIL si è attestato a -6,8% nel primo trimestre, è cresciuto del 3,2% nel secondo trimestre, superando le previsioni di tutti gli analisti.
L’Ufficio Nazionale di Statistica del gigante asiatico ha indicato che “nel secondo trimestre la crescita è passata da negativa a positiva”, in un contesto di ripresa economica dopo la stagnazione causata dal coronavirus e che “le prospettive di mercato sono generalmente buone”.
In termini nominali, la ricchezza totale della Cina nel primo semestre dell’anno si è attestata a 45,66 trilioni di yuan (6,53 miliardi di dollari).
Per il governo di Pechino, la politica sanitaria adottata a livello nazionale è stata fondamentale, perché attraverso questa è stato in grado di controllare il covid-19, anche nelle persone asintomatiche.
Dal 16 agosto non sono state registrate infezioni locali e sono stati individuati solo casi importati, persone che sono state immediatamente sottoposte a 14 giorni di quarantena.
Naturalmente, questo modo di fermare la proliferazione della malattia contrasta con quelli applicati negli Stati Uniti e in altre nazioni occidentali. Una politica sanitaria gratuita è stata essenziale per raggiungere questo obiettivo.
L’agenzia IHS Markit ha riferito che le esportazioni hanno rappresentato il 20% del totale globale tra aprile e giugno, sette punti percentuali in più rispetto allo stesso periodo del 2019 ed ha anche aumentato i consumi interni tra la popolazione.
La ripresa del gigante asiatico è stata influenzata dalla rapida trasformazione digitale della sua economia, in forte crescita prima della pandemia e che con essa ha subito un’accelerazione.
Nel 2018 rappresentava già il 34,8% del Prodotto Interno Lordo (PIL), una percentuale che cresceva anno dopo anno al di sopra della crescita del PIL.
Zhang Jun, preside della Scuola di Economia dell’Università di Fudan e direttore del Centro di Studi Economici della Cina, ha spiegato che le famiglie, non potendo uscire di casa, hanno usato applicazioni come JD.com, Meituan, Eleme e Pinduoduo per l’acquisto quotidiano dei prodotti.
Le aziende hanno sfruttato gli strumenti digitali, dalle piattaforme di comunicazione come Enterprise, WeChat e DingTalk ai contratti elettronici, per mantenere in funzione le loro attività.
Il risultato finale è stato che la Cina è sulla via della ripresa economica, mentre per gli Stati Uniti non c’è ancora luce in fondo al tunnel.