Gli Stati Uniti attaccano la sovranità commerciale del Brasile

di Erman Dovis

newsdalmondo bannerIl governo Imperialista statunitense ha duramente attaccato il Brasile, accusandolo di praticare una politica commerciale protezionista.

L’attacco frontale è partito da Michael Punke, ambasciatore a stelle e strisce presso l’organizzazione mondiale del commercio. Punke, uno dei migliori negoziatori della Casa Bianca,  ha dichiarato che le misure commerciali adottate da Brasilia sono in aperto contrasto con gli impegni assunti dal paese sudamericano,  e si è spinto talmente  oltre da inviare un messaggio a tutti i rappresentanti  di ogni nazione presso l’OMC in cui dichiara la sorpresa e la preoccupazione degli Usa per la piega presa dal Brasile. 

Successivamente a quest’attacco, la  Casa Bianca ha rilasciato una dichiarazione sottolineando  la sua perplessità circa il percorso intrapreso dal governo presieduto da Dilma Roussef.

Settimane fa, il Brasile ha alzato le sue tariffe d’importazione su un centinaio di prodotti.

La decisione è assolutamente legale, in quanto nell’ambito degli accordi interni  al WTO, nessuna regola è stata violata: il governo brasiliano ha diritto di alzare le sue tariffe sui prodotti importati fino al 35% e l’imposta in questione è stata collocata intorno al 25% .

Spalleggiando gli strali americani, il quotidiano brasiliano filo-yankee “O jornal O Estado de S.Paulo”  sostiene che il paese sta andando in una direzione pericolosamente sbagliata, contro l’apertura dei mercati e manca alle proprie promesse fatte durante l’ultimo G-20.

Quel che è peggio, secondo il giornale, è che questa improvvida decisione potrebbe essere d’esempio per altri paesi emergenti , che potrebbero alzare barriere commerciali tali da arrecare danni al “libero mercato”.

Ma in definitiva, per gli yankee c’è poco da lamentarsi commercialmente parlando: solo nel 2011,il loro  surplus commerciale generato dagli affari  col Brasile è stato di 8,1 miliardi di dollari.

Il problema è piuttosto un altro. In Brasile, le condizioni economiche e l’importanza strategica delle sue imprese sono cambiate molto negli ultimi anni. 

Nonostante le disuguaglianze e  le contraddizioni, l’economia è cresciuta molto, e le potenzialità di sviluppo sono enormi. Allo stesso tempo, è diminuita la dipendenza economica dagli Stati Uniti, e ciò è dimostrato anche dal fatto che la Repubblica Popolare Cinese è diventata il primo partner commerciale di Brasilia.

Gli Usa sanno fin troppo bene che per mantenere ed aumentare la loro egemonia sul paese hanno bisogno di un Brasile economicamente debole, de-industrializzato ed inondato da prodotti americani.

Per far si che questo accada non esitano ad esibire una doppia morale davvero riprovevole  e vergognosa, sintomatica di un’attitudine imperiale sempre più decadente quanto arrogante:  mentre si accusa ingiustamente il Brasile di protezionismo pur di favorire i propri prodotti a stelle e strisce,  in un tribunale di San Josè (California) un giudice ha  dato ragione all’americana Apple nella causa intentata contro la coreana Samsung, condannata per non meglio precisate violazioni sui brevetti e  per aver copiato tecnologie e funzioni. E dopo che i modelli Galaxy del colosso orientale erano stati vietati alla vendita sul suolo americano.

Questa è la prassi dei paesi imperialisti: il protezionismo ha valore ed è legittimo solo se a praticarlo sono le nazioni ricche, le stesse  che pretendono l’esatto contrario verso le economie emergenti,  in via di sviluppo, ed antimperialiste.

Fonte vermelho.org.br