Mondo multipolare e fronte ampio. Editoriale

di Marco Pondrelli

Il nostro sito ha come ragione sociale quella di guardare la politica nazionale ed internazionale da una prospettiva diversa rispetto a quella del mainstream. Ecco perché, mentre la nave sta affondando e l’orchestra continua a suonare compiacente per il governo dei migliori, vogliamo commentare alcuni eventi che hanno ricevuto una copertura distratta ed insufficiente.

La settimana che si chiude ha visto l’incontro dei paesi Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa). Per quanto rispetto ad alcuni anni fa due di queste nazioni, Brasile e India, abbiano governi che difficilmente potrebbero essere giudicati progressisti, questo appuntamento è stato importante e rilevante. L’Occidente è abituato a considerarsi la comunità internazionale, con la Nato e il G7 che hanno sostituito il ruolo della Nazioni Unite ma proclamarsi guida del mondo non equivale ad esserlo. La convinzione che la nostra ‘democrazia liberale’ sia il migliore dei governo possibili porta con sé una presunta superiorità morale che nel tempo ha giustificato i peggiori crimini.

Il mondo è costituito da più centri di potere e da visioni diverse, è quindi necessaria una svolta democratica nei rapporti internazionali. Quando si parla dei Brics occorre ricordare alcuni numeri, questi 5 paesi rappresentano il 40% della popolazione mondiale e il 23% del PIL mondiale. Nella riunione che si è tenuta in settimana la Russia ha proposto di gestire gli scambi fra i paesi (che rappresentano il 17% degli scambi mondiali) non attraverso il dollaro ma con un paniere delle cinque divise nazionali. Questo potrebbe essere un ulteriore passo verso la de-dollarizzazione del mondo. Alcune importanti organizzazioni internazionali come la Banca Mondiale e il FMI non soppesano la reale forza dei paesi emergenti, sono invece costruite su misura per gli Stati Uniti. Il tentativo di ripensarli attraverso una diversa divisione delle quote non ha prodotto risultati soddisfacenti per Russia e Cina, ecco perché nascono nuove organizzazione come ad esempio la Banca asiatica d’investimento per le infrastrutture (AIIB) che rifiutano di operare attraverso la metodologia criminale del Fondo Monetario Internazionale.

Dal 2014 sentiamo ripetere che la Russia è isolata e recentemente abbiamo assistito all’esaltazione di tanti opinionisti e politici per il possibile ingresso di Finlandia e Svezia nella Nato, in pochi hanno però notato un fatto altrettanto rilevante ovverosia il sostegno che l’India sta dando alla Russia, la quale sta giocando un ruolo importante nell’avvicinamento di Nuova Delhi con Pechino. Il Quad con cui gli Stati Uniti pensavano di contenere l’ascesa cinese rischia di perdere un pezzo importante, la crisi ucraina e precedentemente la pandemia sono due fattori che accelerano la nascita di un mondo multipolare.

Le nazioni europee a partire dell’Italia dovrebbero essere protagoniste di questo cambiamento anziché tentare di fermarlo, questo perché gli equilibri mondiali non sono separati dalle condizioni di vita interna. L’Italia è preda del grande capitale finanziario internazionale ed è un Paese de-industrializzato in cui la povertà continua a crescere.

Questo è il secondo punto a cui non viene data la dovuta attenzione, recentemente il Cardinale di Bologna Matteo Zuppi neo Presidente della Cei ha parlato della possibilità di un prossimo autunno caldo. In effetti non è difficile prevedere che la situazione peggiorerà, le folli sanzioni alla Russia produrranno una contrazione del PIL che vorrà dire disoccupazione e nuova povertà, a questo si aggiunge che la pandemia ha colpito, oltre che l’economia, il tessuto di coesione sociale del Paese. Il rischio reale è che questa emergenza venga affrontata come è stata affrontata l’opposizione che criticava l’invio di armi in Ucraina ovverosia trasformando il dissenso in crimine. Purtroppo la sinistra italiana si presenta a questo appuntamento totalmente impreparata, mentre in Francia, seppur con contraddizioni ed errori, Mélenchon è riuscito a dare uno sbocco politico di massa al disagio sociale in Italia la protesta non ha un vero e credibile referente.

Come marx21 sosteniamo la necessità, accanto al lavoro per ricostruire una forte presenza comunista in Italia, di un fronte ampio che vada oltre il nostro campo e che sia capace di unire forze anche differenti fra loro ma che abbiamo al centro della loro prospettiva politica la lotta per la pace e per il lavoro. La costruzione di questo fronte ampio sarebbe il primo passo di una lunga battaglia politica, sociale ed anche culturale di cui in Italia c’è bisogno.

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