Modernizzazione socialista cinese: in cosa differisce dalla via occidentale

di Francesco Maringiò

da https://italian.cri.cn

In un recente libro pubblicato dalla prestigiosa casa editrice tedesca Springer, il professor Hu Angang (1) ha illustrato le caratteristiche peculiari del processo di modernizzazione cinese e le tendenze di sviluppo al 2035 (l’anno nel quale la Cina punta a realizzare la modernizzazione socialista), chiarendo un aspetto peculiare: quella cinese è una modernizzazione guidata dal Partito comunista.

Già questo distingue nettamente il poderoso sviluppo cinese degli ultimi decenni dalla via seguita dai paesi capitalisti più sviluppati e ci permette di comprendere alcuni aspetti che, vista l’importanza che il dibattito sulla modernizzazione riveste per la classe dirigente del paese, è utile conoscere e comprendere. Non è un caso che Xi Jinping, nel suo discorso programmatico dopo il 20º Congresso Nazionale del PCC abbia dedicato un lungo passaggio proprio al tema della modernizzazione in stile cinese e la sua differenza sostanziale con quella occidentale.

Proviamo a fare un passo indietro. Quando i rivoluzionari cinesi presero il potere dovettero fare i conti col fatto che era quasi del tutto assente una teoria marxista della modernizzazione in senso stretto ed essi dovettero sperimentare sia sul piano teorico che pratico per riuscire ad individuare la strada in grado di modernizzare il paese nel tempo più breve possibile. Per quanto l’Unione Sovietica fosse un esempio di alternativa allo sviluppo capitalistico, tuttavia alcune caratteristiche (tutt’ora fondamentali) quali l’enorme popolazione ed il bisogno di uno sviluppo armonico tra le varie aree del paese, spinsero il gruppo dirigente cinese ad avviare diverse sperimentazioni.

Agli inizi del Novecento molti cinesi avevano guardato con interesse e fiducia al processo di modernizzazione occidentale, ma apparve ben presto chiaro che tale percorso non solo non si adattava alle caratteristiche della Cina dell’epoca, ma soprattutto associarono quel processo al tentativo di dominio ed alla violenza delle potenze coloniali che sperimentarono sulla loro pelle durante il secolo delle umiliazioni. Ai patrioti cinesi è apparso subito chiaro che nessuna vera salvezza, nessuna vera modernizzazione poteva venire dal modello capitalista. Il giovane Mao scriverà nel giugno del 1949 un testo (Sulla dittatura democratica del popolo) che illustra molto bene la ricerca da parte dei patrioti cinesi di una via autonoma di modernizzazione, non imitativa dell’Occidente. Tale acquisizione è in piena sintonia con l’esperienza sovietica di Lenin che insiste sulla necessità di un percorso di modernizzazione autonomo e contrapposto all’imperialismo.

Nel corso del processo di modernizzazione europea, accanto agli sviluppi tecnologici e alle trasformazioni in ambito economico, politico e sociale, una delle componenti fondamentali è stata la sempre più evidente sinergia tra militarismo, industrialismo e capitalismo. Tale congiunzione ha portato a una vasta espansione territoriale oltremare e all’incorporazione di estese regioni dell’Africa, dell’Asia e delle Americhe in una posizione subordinata all’interno del sistema europeo. L’obiettivo di questa espansione territoriale era di arricchire il nucleo dominante, alimentandone lo sviluppo economico e tecnologico. La competizione all’interno delle strutture militari europee è stata la forza trainante di questa espansione coloniale che ha permesso di attingere risorse in tutto il mondo a discapito dei legittimi proprietari.

Nella tradizione occidentale la pretesa che l’entrata nella modernità di tutti i popoli del mondo si irradiasse dall’occidente, azzerando le differenze geografiche e culturali, ha portato all’idea secondo cui la modernizzazione coincide con il processo di “occidentalizzazione”. Tuttavia, le prove storiche mettono in discussione questa prospettiva, evidenziando che la storia umana ha seguito due percorsi di modernizzazione distinti. Quello scelto dai paesi occidentali, che ha nel colonialismo e l’imperialismo lo strumento per creare una “accumulazione originaria” alla base del proprio sviluppo e quello invece che richiede la liberazione dalla dominazione imperialista occidentale.

Quando i dirigenti cinesi di oggi pongono l’accento sulla natura “socialista” del proprio processo di modernizzazione, non indicano soltanto un contenuto relativo alla dimensione sociale di tale processo, ma si rifanno esattamente a quella precisa tradizione politico-filosofica, rivendicando un percorso indipendente di modernizzazione e differenziandosi dall’imitazione occidentale. Anche per questo insistono sul carattere universale del proprio percorso: non si chiede ad altri popoli di restare in uno stato di arretratezza e dipendenza, al contrario si propone un percorso di sviluppo comune capace anche di difendere le peculiarità delle diverse civiltà, come si evince dalla proposta cinese della comunità con un futuro condiviso per l’umanità, che proprio nel 2023 ha celebrato il suo decennale.

Questo concetto rappresenta una pietra miliare nella politica cinese contemporanea. Non pretende di annullare le diversità all’interno di una globalizzazione che assume la forma di un falso processo di universalizzazione e mira a imporre valori unilaterali. La proposta di globalizzazione avanzata dalla Cina è un processo di avvicinamento e di rispetto reciproco tra realtà storiche e politiche diverse: è l’accettazione del fatto che nel mondo esistono diversi modelli economici sociali che hanno l’obbligo di cooperare per il bene dell’umanità. Questo discorso dà voce non solo alla Cina, permettendole di esprimere il proprio punto di vista sulle modalità di costruzione delle forme di governance globale, ma dà voce soprattutto a quei Paesi in via di sviluppo che, accanto alla lotta per l’indipendenza economica, lottano per il riconoscimento e la difesa del proprio modello di sviluppo e dei propri canoni culturali. Ma, cosa altrettanto importante, parla anche alle società occidentali.

Al particolarismo aggressivo di una parte dell’Occidente e al desiderio di gerarchizzare i rapporti tra le nazioni e i popoli si contrappone oggi un nuovo umanesimo, che si caratterizza per essere una visione universalistica che incarna una strategia di trasformazione del mondo nel suo complesso e diventa il manifesto di un nuovo tipo di relazioni internazionali che mira all’unità del genere umano e si sforza di concepire il mondo come una totalità, capace di costruire una governance globale. Esattamente il contrario della gerarchia di potere basata sui rapporti di forza.

Note:

(1) Angang Hu, Modernization with Chinese characteristics and great power, Springer, 2023

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