di Francesco Maringiò
Questo viaggio inizia da Xi’an, l’antica capitale Chang’an dell’impero cinese e tappa posta ad oriente dell’antica Via della Seta, per finire a Malaszewicze, un villaggio polacco al confine con la Bielorussia. Lungo questo tratto sta viaggiando il treno merci numero 90.000 che collega la Cina all’Europa, attraversando tutto il continente eurasiatico. È il nuovo traguardo raggiunto dal China-Europe Railway Express, una rete di servizi ferroviari multimodali, parte dell’iniziativa Belt and Road, che collega città della Cina con quelle europee. Dal suo lancio nel 2013 il progetto si è esteso ad Asia, Africa, Oceania e America Latina.
Alcuni dati
Nel 2023 il China-Europe Railway Express (CRE) ha fatto circolare 17.000 treni, trasportando 1,9 milioni di TEU. Parallelamente, i treni del Nuovo Corridoio Occidentale terrestre-marittimo hanno trasportato 860.000 TEU con un incremento del 14% rispetto all’anno prima. Dal 2016 al 2023, il numero annuale di treni merci Cina-Europa è passato da 1.702 a oltre 17.000, con una crescita media annua del 39,5%.
Questo servizio è strutturato lungo tre corridoi principali: una rotta orientale, una centrale ed una occidentale. I convogli partono da diverse zone della Cina per terminare la loro corsa nel cuore dell’Europa. Il numero di linee con la velocità da 120 chilometri all’ora ha raggiunto quota 87, collegando 122 città in Cina. Al di fuori della Cina, sono servite 223 città in 25 paesi europei e più di 100 città in 11 paesi asiatici. È davvero sorprendente pensare come tutto questo sia iniziato nel 2021. In poco tempo, l’intero territorio dell’Eurasia è stato coperto da una fitta rete di collegamenti ferroviari che ha trasformato le città in snodi logistici di una fitta rete di infrastrutture. Guardando le mappe delle rotte terrestri è come se il progetto Belt and Road avesse trasformato il continente eurasiatico nella rete di una enorme metropolitana con le città al posto delle fermate.
Tale sviluppo ha portato alla nascita di nuovi centri logistici, industriali e commerciali, generando numerose opportunità di lavoro per le popolazioni locali. Un esempio lampante è il porto di Duisburg in Germania, che ha visto l’insediamento di centinaia di aziende di logistica attratte dal CRE, con la creazione di oltre 20.000 posti di lavoro. Anche la stazione portuale polacca di Malaszewicze ha raddoppiato il suo volume di affari, promuovendo lo sviluppo economico e sociale locale.
La rete ferroviaria non nasce per creare un’alternativa a quella marittima, ma per integrarla, al fine di garantire un flusso regolare di merci, anche in tempi così turbolenti e segnati da forte instabilità politica. Inoltre, la rapidità nel trasporto agevola la movimentazione di merci ad alto valore aggiunto, come è il caso dell’export di alta fascia cinese: veicoli elettrici, batterie agli ioni di litio e pannelli fotovoltaici.
Il caso italiano
La tratta occidentale della CRE arriva fino a Madrid e Parigi. Alcuni convogli sono arrivati anche in Italia, ma al momento hanno una periodicità episodica. In passato arrivarono dei treni a Mortara, in Lombardia, mentre ad aprile è stata aperta una nova linea che da Urumqi, Xinjiang, arriva a Salerno. È un peccato che la decisione strategica di integrazione nella rete logistica ed infrastrutturale servita dal CRE sia stata scambiata con una postura geopolitica. Non solo perché i principali partner europei (e competitor commerciali dell’Italia) hanno tranquillamente scelto la strada dell’integrazione nel progetto, lasciando quindi solo a noi il difficile ruolo da “ultimo giapponese sull’isola” nella contrapposizione alla Belt and Road, ma soprattutto perché il risultato finale è che l’Italia è il solo grande paese a non essere interessato da questo progetto.
E questo nonostante proprio nel periodo 2019-2023 le esportazioni italiane in Cina siano cresciute del 27,19%, un tasso di crescita che ha superato in modo significativo il commercio della Cina con l’UE nel suo complesso.
Proprio il potenziale trasformativo di iniziative infrastrutturali su larga scala dovrebbe farci riflettere. Il paio con i dati che abbiamo analizzato è rappresentato da quelli del porto del Pireo in Grecia, punto di snodo della rotta marittima della Belt and Road in Europa, che ha visto nell’ultimo anno un aumento del 5,4% del flusso di container secondo i dati di Statista (da 4,58 milioni di TEU nel 2022 a 4,59 milioni di TEU nel 2023).
Il risultato del porto greco è uno dei migliori raggiunti tra i maggiori porti container d’Europa, un risultato che sarebbe potuto tranquillamente essere in capo ad uno dei grandi porti italiani, se fosse diventato un hub intermodale delle BRI.
Per l’Italia, potenza manifatturiera europea, l’integrazione nella rete di logistica tra Cina ed Europa servita dal China-Europe Railway Express rappresenterebbe un’opportunità importante per accrescere il proprio export o giocare un ruolo importante nella catena del valore, ricevendo semilavorati dall’Asia e completando la produzione prima di una sua esportazione sul mercato europeo. Per questo, l’augurio è quello di riusciamo a rivedere la nostra posizione strategica, e non continuare a perdere terreno rispetto ai nostri partner europei.
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