di Tony Cartalucci | globalresearch.ca
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
Il New York Times ammette che il falso gruppo per i diritti umani siriano è in realtà “un singolo uomo” di base nel Regno Unito, finanziato dall’Unione europea e da un altro “paese europeo”.
In realtà, l’Osservatorio siriano per i diritti umani è da tempo accusato di essere un assurdo fronte propagandistico gestito da Rami Abdul Rahman, dalla sua casa nella campagna inglese. Secondo un articolo della Reuters del dicembre 2011 intitolato “Coventry – an unlikely home to prominent Syria activist” [Coventry, una casa improbabile per un importante attivista siriano], Abdul Rahman ammette di essere un membro della cosiddetta “opposizione siriana” e chiede la cacciata del presidente siriano Bashar Al Assad:
Dopo tre brevi periodi in carcere in Siria come attivista pro-democrazia, Abdul Rahman, temendone un quarto e più lungo, arriva in Gran Bretagna nel 2000.
“Sono venuto in Gran Bretagna il giorno in cui è morto Hafez al-Assad, e ci voglio tornare quando Bashar al-Assad se ne andrà” ha detto Abdulrahman, con riferimento ad Hafez, padre di Bashar, anch’esso autoritario.
Non potrebbe esserci una più inaffidabile, coinvolta e parziale fonte di informazioni, ma ciononostante negli ultimi due anni, il suo “Osservatorio” è servito da unica fonte informativa per il flusso propagandistico senza fine che si sprigiona dai media occidentali. La cosa peggiore di tutte è forse il fatto che le Nazioni Unite utilizzano questa parziale e assurdamente palese fonte di propaganda come base per i loro vari rapporti – almeno, questo è ciò che il New York Times sostiene ora nel suo recente articolo “A Very Busy Man Behind the Syrian Civil War’s Casualty Count” [Un uomo molto impegnato dietro al conteggio delle perdite nella guerra civile siriana].
Nell’articolo si ammette che gli analisti militari di Washington, per valutare il corso della guerra, seguono proprio questi suoi conteggi delle perdite fra soldati siriani e ribelli. Le Nazioni Unite e le organizzazioni dei diritti umani setacciano le sue descrizioni di uccisioni di civili, come prova in possibili processi per crimini di guerra. I grandi organi di stampa, compreso questo, citano le sue cifre sulle vittime.
Eppure, nonostante il suo ruolo centrale nella feroce guerra civile, l’Osservatorio siariano, pomposamente chiamato per i diritti umani, è praticamente formato da un’unica persona. Il suo fondatore, Rami Abdul Rahman, 42 anni, fuggito dalla Siria 13 anni fa, opera in una villetta a schiera dai mattoni rossi, in una normale strada residenziale di questa grigia città industriale [Coventry, Inghilterra].
Il New York Times per la prima volta rivela anche che l’operazione Abdul Rahman è in realtà finanziata dall’Unione europea e da un “paese europeo” che però egli rifiuta di identificare: “Il denaro proveniente da due negozi di abbigliamento copre le sue esigenze minime per i report sul conflitto, insieme a piccole sovvenzioni da parte dell’Unione europea e da un paese europeo che si rifiuta di menzionare”.
E mentre Abdul Rahman si rifiuta di identificare questo “paese europeo”, è fuor di dubbio che esso sia proprio il Regno Unito, dal momento che Abdul Rahman ha accesso diretto al ministro degli Esteri, William Hague, come attestano i loro incontri, documentati in diverse occasioni, al Foreign and Commonwealth Office di Londra. Il New York Times, infatti, rivela che fu il governo britannico a trasferire Abdul Rahman a Coventry, in Inghilterra, dopo essere fuggito dalla Siria oltre un decennio prima per le sue attività anti-governative: “Dopo l’arresto di due affiliati nel 2000, egli lasciò il paese pagando un trafficante di esseri umani perché lo trasportasse abusivamente in Inghilterra. E il governo lo spedì a Coventry, di cui apprezzava il ritmo calmo”.
Abdul Rahman non è un “attivista dei diritti umani”. Egli è un propagandista prezzolato, non diverso dalla troupe di sgradevoli, ostinati bugiardi e traditori cui Washington e Londra hanno dato rifugio durante la guerra in Iraq e la più recente depravazione dell’Occidente in Libia, con il solo fine di fornire ai governi occidentali una costante grancassa propagandistica e rapporti di intelligence intenzionalmente falsificati, concepiti specificamente per giustificare i disegni egemonici occidentali.
I contemporanei di Abdul Rahman includono il famigerato disertore iracheno Rafid al-Janabi, nome in codice “Curveball” [tiro deviato], che oggi si compiace pubblicamente di aver inventato le accuse sulle armi di distruzione di massa irachene, il casus belli dell’Occidente per una guerra durata 10 anni, che alla fine è costata oltre un milione di vite, incluse le migliaia delle truppe occidentali, e che ha lasciato l’Iraq ancora oggi nel caos. C’è anche il meno conosciuto Dr. Sliman Bouchuiguir in Libia, che ha costituito la base del racket dei diritti umani pro-occidente a Bengasi e che ora si vanta apertamente del fatto che i racconti sulle atrocità del leader libico Muhammar Gheddafi contro il popolo libico sono stati ugualmente inventati per dare alla NATO l’atteso input per intervenire militarmente.
A differenza di Iraq e Libia, l’Occidente ha categoricamente fallito nel vendere un intervento militare in Siria, e anche la sua guerra segreta ha cominciato a rivelare al pubblico diventato sempre più consapevole, il fatto che i cosiddetti ” ribelli pro-democrazia” armati per anni dall’Occidente sono, in effetti, gli estremisti settari che combattono sotto la bandiera di Al Qaeda. Anche la farsa dell'”Osservatorio siriano per i diritti umani” si sta rivelando per quel che è. Tuttavia è improbabile che il limitato bacino di diffusione del New York Times possa convincere i lettori che Rami Abdul Rahman non sia niente di meno che un altro “Curveball”, che aiuta le élite societarie e finanziarie di Wall Street e Londra a vendere al pubblico un’altra inutile guerra.