di Daniele Cardetta | da www.tribunodelpopolo.it
Cosa è cambiato negli equilibri di potere in Medio Oriente negli ultimi tempi ? Molto a giudicare da quello che è successo in Egitto, con la destituzione di Morsi ad opera di un esercito sempre più nasseriano e antiamericano. E le aperture del Cairo a Mosca minacciano di modificare equilibri ormai consolidati in tutto il Medio Oriente.
Siamo davvero sicuri che quello che sta succedendo in Siria, con la minaccia di intervento americano e la crisi delle armi chimiche, non sia in qualche modo collegato con quello che è successo in tutto il Medio Oriente? Tutto cominciò con le ormai famose Primavere Arabe, con la destituzione di Hosni Mubarak e l’inizio di quello che troppo frettolosamente è stato etichettato da una opinione pubblica occidentale sempre troppo eurocentrica e superficiale come un processo positivo di democratizzazione. Ma l’Egitto, che è forse il Paese più determinante per gli equilibri mediorientali, non è un paese occidentale, proprio come la Siria, e quindi cercare di applicarvi etichette e analisi valide per il nostro contesto è inutile oltre che dannoso.
La “svolta” è avvenuta a luglio, quando forti di venti milioni di firme raccolte nel Paese, i militari raccoglievano l’appello del movimento progressista e laico di sinistra Tamarod, destituendo de facto un Morsi che stava traghettando l’Egitto verso l’orbita saudita e indirettamente americana. I Fratelli Musulmani, si sa, erano graditi alla Casa Bianca, che in questo modo poteva continuare a mantenere i suoi artigli sulle piramidi, artigli che aveva conficcato in Egitto dalla morte di Nasser e dall’insediamento di Sadat, lo stesso che cominciò un’operazione di riabilitazione dei circoli islamici nell’esercito per paura che le idee marxiste che originarono Nasser proliferassero. Ironia della sorte, lo stesso Sadat finì ucciso da un commando islamista, e da allora cominciò l’era di Mubarak sempre nell’orbita dell’Occidente.
Tutto quello che è successo dopo, con i Fratelli Musulmani che hanno organizzato proteste di massa, comunque inferiori a quelle degli anti-Morsi, e la repressione dell’esercito, è storia nota, così come è storia nota l’ennesima strumentalizzazione mediatica con Al Jazeera assurta a fonte primaria di tutte le informazioni dateci in pasto dalla stampa nostrana, ignorando, o forse volendo ignorare, che Al Jazeera non è parte terza in quello che accade in Medio Oriente. Di colpo l’Occidente si è schierato apertamente contro i militari, appoggiando un Morsi che in realtà dovrebbe essere portatore di valori antitetici rispetto a quelli che Stati Uniti e Occidente vorrebbero farsi portavoce. Al Sisi, il nuovo uomo forte del governo egiziano dei militari, viene identificato come un “nasseriano” che vorrebbe riacquistare Al Cairo la sovranità completa sulle proprie risorse nazionali. Del resto una delle prime mosse di Al Sisi una volta insediatosi al potere è stato quello di voler riconsiderare i rapporti con Damasco, dopo che Morsi in modo frettoloso li aveva troncati schierandosi acriticamente con i ribelli. Ma il fatto che l’Egitto voglia decisamente cambiare rotta lo si desume che dalla notizia che il Cairo avrebbe intenzione di ricostruire relazioni privilegiate con la Russia. Quando c’era ancora l’Unione Sovietica Nasser aveva stretto legami molto profondi con il Cremlino, e dopo la sua morte per decenni la Russia ha dovuto tenersi fuori sostanzialmente dalla regione. Come ha detto il ministro degli Affari Esteri dell’Egitto Nabil Fahmi, nei prossimi giorni in visita a Mosca però, ora le cose potrebbero cambiare: “Vogliamo un nuovo livello di qualità delle relazioni con la Russia in tutti settori… Questo è il motivo della mia visita“ ha detto nell’intervista all’agenzia RIA Novosti. Nel corso della sua visita Fahmi incontrerà il suo omologo russo Lavrov, e sarà quella l’occasione per discutere della situazione internazionale e di una possibile partnership con l’Egitto. Gli Stati Uniti infatti hanno più volte minacciato di togliere gli aiuti al Cairo, ma Al Sisi potrebbe fare buon viso a cattivo gioco e guardare alla Russia, un ritorno nel XXI secolo ai tempi della Guerra Fredda in un contesto reso sempre più precario e imprevedibile da quello che sta succedendo in Siria.
Daniele Cardetta