Le strane Ong che operano in Egitto

di Enrico Campofreda www.contropiano.org

 

murales mediorienteContrasti tra autorità egiziane e alcune “Organizzazioni non Governative” occidentali e arabe “piene di soldi”. Dietro le Ong ci sono gli apparati statunitensi che ovviamente intendono “promuovere la democrazia”.

 

Il contrasto apertosi fra il giudice egiziano Samr Abu Zeid e alcune Organizzazioni non Governative operanti nel Paese – accusate dal magistrato di gravi omissioni per: mancata registrazione, violazione delle leggi fiscali e gestione di fondi illegali provenienti da Stati Uniti ed Europa, più alcuni Paesi arabi, su conti personali di singoli impiegati anziché quelli dell’organizzazione – ha prodotto un’alzata di scudi del Dipartimento di Stato americano. Alcuni membri del Consiglio Supremo delle Forze Armate sono stati convocati al Pentagono per discutere sull’aiuto che il governo statunitense ha promesso a un alleato i cui recenti pronunciamenti legislativi e giuridici iniziano a infastidire. Così l’1.3 milioni di dollari promessi da Washington potrebbero svanire se l’azione legale contro le Ong dovesse continuare. E gli Usa rincarano la dose sostenendo come una situazione politica deteriorata (leggi non confacente ai propri intereressi) metterebbe in discussione anche l’altro finanziamento di 3.2 miliardi di dollari che dovrebbe arrivare dal Fondo Monetario Internazionale per sostenere la difficile situazione finanziaria presente nella nazione a un anno dalla caduta di Mubarak. La materia del contendere sta proprio nella diversa aria respirata dagli alleati dell’Egitto nei mesi seguenti la caduta del raìs, sebbene il pesante controllo sulle istituzionali tuttora operato dalla giunta militare garantisca un legame con quel passato. La novità introdotta nel quotidiano dalla “rivoluzione egiziana” si vede con la mobilitazione perenne di piazza Tahrir e con iniziative come questa del giudice Zeid o quella della corte che sta giudicando l’ex presidente-dittatore. Consiste nel dissolvimento del muro della paura e dell’omertà che bloccava generazioni di cittadini intimoriti o addirittura terrorizzati, ora desiderosi di esprimersi e operare. Un clima nei confronti del quale i tutori mediorientali d’Oltreoceano iniziano a intervenire con la tradizionale arma del ricatto economico e con altri strumenti più o meno mascherati.

 

Le Ong possono prestarsi alla bisogna, specie se si chiamano International Republican Institute e National Democratic Institute. La prima si proclama organizzazione no-profit e vide luce nel 1983 su iniziativa del presidente Ronald Regan con l’intento di “costruire strutture di democrazia in altri Paesi, un diritto inalienabile per tutti gli esseri umani”. Tramite il National Endowment for Democracy e denari provenienti direttamente dal Dipartimento di Stato questa “Ong” fornisce assistenza tecnica agli organi politici di tutto il mondo, occupandosi di questioni governative, sicurezza, strategia militare più che di aiuti umanitari. Non è un segreto come il suo rapporto col Partito Repubblicano sia strettissimo soprattutto con le componenti più retrive, i falchi del fondamentalismo nazionale. E che dalla fine del blocco sovietico l’IRI abbia incentivato interventi in nazioni di quell’area (sostegno del gruppo Optor nell’ex Jugoslavia) oltreché in Asia e America Latina. Allo stesso modo il National Democratic Institute for International Affairs, pur proclamandosi apartitica, è una costola neppure tanto mascherata del Partito Democratico statunitense. Egualmente si propone di “promuovere la democrazia e lo sviluppo delle nazioni, costruire organismi politici, salvaguardare le elezioni” nei Paesi dove interviene. Ai fondi provenienti dal governo dì federale attraverso il Dipartimento di Stato si sommano quelli delle sovvenzioni volontarie di fondazioni private e d’altri soggetti. L’IRI aveva già offerto la propria “assistenza” alla politica egiziana durante le elezioni del 2005, contestatissime per i palesi brogli operati dall’NDP, il partito dell’amico Mubarak. Nel 2010 il National Democratic Institute ha lanciato un sito web per studenti universitari che potevano confrontarsi con modelli politici democratici, quelli made Usa. Per le presidenziali egiziane il suo apparato organizzativo è proteso ad acculturare i candidati indicando loro strategie di direzione e comunicazione, piani strategici, coalizioni da perseguire. Vista la piega presa dalle Primavere Arabe occhio e mano delle due speciali “Ong” impegnate in Egitto sono rivolti ai giovani attivisti che dovranno venire “istruiti per una leadership che lavori su strategie e tattiche volte a un vero sviluppo della propria comunità”. Chissà se le nuove leve del Partito della Libertà e Giustizia e di Al Nour rappresentano un obiettivo.