di Wang Jinglie, ricercatore dell’Accademia Cinese di Scienze Sociali
Quotidiano del Popolo online, 21 ottobre 2011 | Traduzione di Diego Angelo Bertozzi per Marx21.it
I media occidentali hanno banchettato sulla posizione della Cina sulla Siria e uno di questi aveva scritto: “La Cina ha chiesto che il presidente siriano Bachar al-Assad porti avanti delle riforme politiche più rapide, posizione che è un vero cambiamento di politica e uno strappo rispetto al suo consueto rifiuto di intervenire negli affari degli alleati strategici”.
Si tratta di una analisi errata, perché le azioni della Cina hanno come fine quello di aiutare la restaurazione della normalità quotidiana del popolo siriano il prima possibile e di condurre la pace e la stabilità in Medio Oriente. Dopo i cambiamenti dei governi in Egitto e in Libia, la Siria si è a sua volta ritrovata nell’occhio del ciclone che ha travolto il Medio oriente. In seguito all’intervento delle potenze occidentali, in particolare degli Stati Uniti, i conflitti violenti tra i differenti gruppi in Siria si sono intensificati, facendo aumentare gravemente i rischi di guerra civile.
Con una popolazione di 22.250.000 abitanti e una superficie di 185.000 km quadrati, la Siria è un paese di medie dimensioni in Medio Oriente, ma svolge un ruolo importante nella regione per la sua importanza geografica. E poiché confina con paesi come la Turchia, Iraq, Giordania, Libano e Israele, ha dovuto sopportare il peso del conflitto arabo-israeliano, e anche perso alcuni dei suoi territori, le alture del Golan, a favore di Israele.
Quando si prendono in considerazione questi fattori, si comprende che è impossibile riportare la pace nella regione senza la partecipazione attiva della Siria. Inoltre, la sua cooperazione con l’Iran, la sua influenza sul Partito Hezbollah in Libano e la presenza di 2 milioni di curdi nel suo territorio danno una grande importanza alla sua stabilità.
Non c’è da stupirsi che la Siria sia diventata un obiettivo della politica di intervento mirato dell’occidente nel segno dell’ondata di “democratizzazione” che ha travolto il mondo arabo. Una volta che le proteste anti-governative in Siria si sono sviluppate a marzo di quest’anno, i paesi occidentali hanno iniziato a fornire sostegno alle forze di opposizione in ogni modo possibile, imponendo sanzioni economiche, limitando i viaggi dei funzionari all’estero, e anche chiedendo direttamente a Assad a dimettersi.
L’Occidente ha cercato di trattare la Siria nello stesso modo con il quale ha trattato la Libia. Ha cercato di spingere il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite all’imposizione di nuove sanzioni e anche a lanciare un attacco alla Siria.
Gli Stati Uniti e i loro alleati occidentali sognano di fare del Mediterraneo un “lago all’interno della NATO.” Se le potenze occidentali riuscissero a cacciare Bashar al-Assad, questo permetterebbe loro di isolare l’Iran e per far avanzare il loro piano di creare un “Grande Medio Oriente”.
Intervenendo selettivamente in Medio Oriente, i paesi occidentali, infatti, agiscono nel proprio interesse, piuttosto che per la promozione di valori universali che portano avanti. Prendono di mira un paese nel quale vogliono intervenire, non perché non è democratico, ma perché minaccia o potrebbe minacciare i loro interessi. E i media occidentali non esistano mai a incoraggiare proteste di massa in paesi che ostacolano o potrebbero ostacolare gli interessi occidentali.
la Siria e la Libia (sotto il regime Gheddafi) sono state entrambe le spine nel fianco degli Stati Uniti, nella loro opposizione al loro piano di “democrazia” confezionato per il Medio Oriente e a quello della NATO nella sua ambizione di condurre tutte il Mediterraneo nella sua orbita. E ora che Gheddafi è stato estromesso dal potere in Libia, l’alleanza occidentale si rivolge alla Siria.
Ma la Siria non è la Libia. Anche se gli scontri armati si sono svolta tra i diversi gruppi del paese, Jamil Qadri, leader del Fronte popolare per il cambiamento, ha detto pubblicamente che lui e il suo partito hanno respinto ogni forma di intervento straniero e solo il popolo siriano dovrebbe decidere il futuro del suo paese. E il 12 ottobre, migliaia di persone hanno marciato a sostegno di Bashar al-Assad in Siria e hanno espresso opposizione a qualsiasi intervento straniero.
Come paese responsabile che crede nel non intervento negli affari interni di un paese, la Cina, il 5 ottobre, ha posto il veto ad un intervento del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite in Siria. Per lungo tempo, la Cina ha sostenuto il dialogo politico tra i diversi gruppi per mantenere la pace e la stabilità in Medio Oriente. Spera che il governo siriano mantenga le sue promesse di riforma e ha iniziato un processo di politica inclusiva, e sostiene gli sforzi di tutte le parti negoziali.
Le azioni della Cina illustrano meglio il suo principio della diplomazia pacifica e la sua ricerca di un mondo armonioso. La Cina ha molti interessi nella regione, ma sono d’accordo con quegli stessi paesi del Medio Oriente. Pace e stabilità, questo significa meno rischi e meno minacce alla vita delle persone in Medio Oriente.
La Cina e i paesi del Medio Oriente devono continuare a promuovere la cooperazione economica e il commercio del petrolio, aspetto che non solo garantirà la sicurezza delle forniture di petrolio alla Cina, ma aiuterà anche i paesi produttori di petrolio nella stabilizzazione dei prezzi del petrolio. Inoltre, la pace e la stabilità aiuteranno a eliminare il terrorismo il separatismo e l’estremismo, che è l’obiettivo comune della maggior parte dei paesi.
Se le Nazioni Unite avessero adottato la proposta di intervento in Siria, non solo la Siria, ma anche l’intero Medio Oriente, sarebbe presto stato immerso nel caos, e i popoli della regione avrebbero patito sofferenze maggiori.