La guerra in Siria e le difficoltà dei Paesi occidentali

di Massimiliano Trentin, Ricercatore, Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali – Università di Bologna

siria guerriglieriarmatiPubblichiamo come utile contributo alla discussione sulla situazione in Siria

Che la Siria non fosse la Tunisia o l’Egitto o addirittura la Libia, e che non sarebbe stato altrettanto facile deporre il regime di Damasco era chiaro a chiunque avesse un minimo di conoscenza della regione, e del Paese in particolare. Dopo un anno e mezzo di conflitto sociale, poi trasformatosi velocemente in guerra civile e regionale, sembra che questa constatazione stia prendendo piede anche nelle capitali europee, in Turchia e negli Stati Uniti. Nella situazione attuale, la caduta del regime di Bashar al Asad comporterebbe un disordine politico e una frammentazione territoriale difficilmente governabile in tempi brevi: né la Turchia, né la Nato, né le monarchie del Golfo hanno ad oggi le risorse e soprattutto le capacità politiche per gestire una situazione post-Asad, e nelle capitali occidentali sembra farsi largo l’idea che i costi della transizione siriana verso le magnifiche sorti progressive del capitalismo di libero mercato e della democrazia rappresentativa non sarebbero sostenibili alla luce dell’esperienza irachena, o della stessa Libia. 


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