di Bassam Saleh
Tra il Mediterraneo e il fiume Giordano, gli ebrei non sono la maggioranza della popolazione. L’annuncio è dell’Ufficio Centrale di Statistica israeliano, sotto diretto controllo del Primo Ministro. Infatti su 12 milioni di abitanti gli ebrei sono solo 5,9 e gli altri 6,1 non sono ebrei.
Sul quotidiano Haaretz il commentatore Akiva Eldar ha scritto «tra le righe di questa dichiarazione si legge un importante riconoscimento ufficiale del governo di Israele che tra il mare e il fiume, “cioè la Palestina mandataria”, non esiste una maggioranza ebraica. In altre parole, nel territorio sotto il controllo di Israele vi è un sistema di apartheid, una minoranza ebraica controlla la maggioranza araba.
Sono anni che questa martoriata terra, testimone, di una battaglia basata su chi ha la maggioranza numerica, in altre parole possiamo dire che la “bomba demografica” è scoppiata, e che «l’utero palestinese” come deterrente nucleare è probabilmente decisivo. I tentativi della estrema destra, di aggirare la notizia, togliendo dal censimento gli abitanti di Gaza,1,5 milioni, per mantenere una maggioranza ebraica, non convincono nessuno, perché la Striscia continua ad essere non solo territorio palestinese occupato ma anche assediato e controllato dall’esercito israeliano.
In effetti, il discorso della destra israeliana ha visto, negli ultimi anni, dei cambiamenti sul problema demografico. Di qui l’annuncio del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu a Bar-Ilan University, per il suo sostegno alla soluzione “due Stati per due popoli, ma alle sue condizioni.
Anche se quella posizione è stata un po in risposta alle pressioni degli Stati Uniti, in realtà esprime la convinzione di Netanyahu sulla complessità della realtà demografica.
Ciò si è palesemente manifestato nel suo discorso davanti il suo governo più di un anno fa, sulle virtù della separazione dai palestinesi in Cisgiordania. E’ stata la prima volta che si è detto disponibile a una rinuncia di alcune parti della Cisgiordania, pur rilevando che il numero dei palestinesi tra il fiume e il mare è “insignificante“, e che la cosa più importante è “il mantenimento di una solida maggioranza ebraica all’interno dello Stato di Israele”.
Netanyahu ha detto in quel dibattito che «la discussione sul numero di ebrei e palestinesi tra il mare e il fiume non è significativo. Non mi importa se i palestinesi siano un milione in più o in meno, perché non ho nessuna intenzione che siano cittadini di Israele. Voglio separarmi da loro, in modo che non diventino cittadini dello Stato di Israele. Quello che mi preoccupa è una solida maggioranza ebraica all’interno dello Stato di Israele, all’interno dei suoi confini, che saranno delimitati. Peccato che Netanyahu non dica né come né quando Israele intenda rispettare le risoluzione Onu al riguardo, che si attende da 64 anni.
Eldar, “l’analista di Haaretz” dimostra che il termine apartheid è stato utilizzato in un articolo sulla rivista americana Foreign Policy sul suo sito web, citando un nuovo rapporto confidenziale redatto da ben 16 agenzie di intelligence degli Stati Uniti. Il rapporto confronta il sistema israeliano di segregazione e il sistema di apartheid in Sud Africa. L’articolo è stato scritto da Franklin Lamb, spiega che la relazione segreta “avverte che la “primavera araba’” e “il risveglio islamico” incoraggeranno 1,2 miliardi di musulmani su ciò che essi considerano il “wrestling, immorale occupazione europea” della Palestina. Come pure, nella relazione confidenziale che accusa Israele di interferire negli affari interni degli Stati Uniti, si raccomanda di abbandonare lo stato di Israele, e avvicinarsi ai paesi arabi e all’Iran. Ma questo rapporto segreto, non preoccupa né Netanyahu né gli israeliani perché sanno che non è ancora disponibile, e forse non sarà mai disponibile, una amministrazione statunitense che possa improntare la sua politica estera sulla base dell’abbandono di Israele.
La questione demografica, e gli sviluppi della situazione nel mondo arabo,saranno sull’agenda politico – militare dei partiti israeliani alle prossime elezioni previste per il mese di gennaio. Elezioni volute dal primo ministro israeliano per evitare una bocciatura da parte del parlamento, della legge finanziaria del prossimo anno. Non di meno cresce pressione della estrema destra, rappresentata dai coloni, che chiedono mano libera nei territori palestinesi.
La vera preoccupazione di Netanyahu, anticipando l’elezione, è quella di vietare al suo rivale Olmert la possibilità di partecipare, per i problemi giudiziari, che gli impediscono di candidarsi. Olmert gode di un largo consenso, anche tra l’opposizione. Ed è molto probabile che lo scenario di alleanze tra i partiti veda un gran cambiamento attraversale, in particolare tra i partiti di centro e centro sinistra.
L’unico assente dalle elezioni sarà il processo di pace, anche se la questione demografica potrebbe portare i partiti xenofobi a compiere azioni mirati al trasferimento dei palestinesi di Gerusalemme.