In Libia geopolitica del caos

da il Manifesto

Libia/Occidente. Al via la spartizione del Paese, in aree e giacimenti petroliferi. Ci vorrebbe tanto «un Gheddafi»…

Martin Kobler, l’inviato delle Nazioni Unite in Libia, è arrivato ieri a Tripoli, poi andrà a Misurata e anche a Tobruk. Solo una settimana fa il governo “ribelle” di Khalifa Ghwell non permetteva a Kobler di atterrare. Ora c’è il nuovo premier Fayez Serraj che si è insediato in città, sempre blindato nella base navale di Abu Sittah, non lo ha eletto nessuno ma sarà il solo governo considerato «legale», sostenuto dalla comunità internazionale e dall’Onu – quel che resta dell’Onu.

Visto il fallimento penoso dell’inviato precedente Bernardino Leon, finito alle dipendenze degli Emirati arabi uniti, Paese coinvolto nella guerra. Kobler appena arrivato ha già dichiarato di essere «molto felice di lavorare con lui, poi si recherà nella capitale della Cirenaica dove c’è l’altro governo ora «ribelle» ma finora l’unico riconosciuto internazionalmente, il cui leader è il generale Khalifa Haftar, armato e sostenuto dall’Egitto.

Siamo sull’altra sponda del Mediterraneo alla geopolitica del caos, risultato della guerra degli errori e degli orrori, quella che nel 2011 abbatté Muammar Gheddafi con i bombardamenti della Nato, scatenata da Francia e Gran Bretagna con Usa e Italia al seguito.

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