di Emanuela Irace | da www.noidonne.org
Le rivoluzioni post-moderne sono diventate reazionarie
Le radici sono reazionarie. Bloccano. Frenano. Annientano la mobilità di un pensiero agganciato alle origini. Incasellano, come una madre quando riconosce somiglianze nella figlia e ne indirizza il futuro regalandole il contrario dell’autonomia o il seme della lotta con cui dovrà fare i conti per il resto della vita, per differenziarsene. Un regalo non è mai innocente. Il Washington Post e il New York Times raccontano dei finanziamenti ai giovani blogger della Primavera Araba, corsi di formazione e stage per gli attivisti non violenti. Gli stessi che hanno riempito le piazze del nord Africa e del Medio Oriente realizzando la prima rivoluzione per procura della storia, a forza di slogan pensati altrove e a oligarchie interessate più ai mercati della finanza e dell’economia che alle persone. Le rivoluzioni post-moderne sono diventate reazionarie. Come i Guelfi neri all’epoca di Dante. Come la rivoluzione del 1905 all’epoca di Lenin. Sono le “Rivoluzioni 2.0”. Quelle della rete, dei social network e di Google che presta piattaforme per gli internauti dei paesi che censurano. Sono le rivoluzioni amplificate da Al Jazeera, l’emittente del Qatar, che sa dosare libertà d’espressione e ideologia salafita. La tattica é di dare cinque notizie vere e una falsa per acquisire credibilità. La strategia è quella della propaganda anglo-americana: inventare orrori per suscitare l’indignazione popolare e provocare l’insurrezione, a scapito di giovani che ingenuamente credono di essere i protagonisti.