Gli Stati Uniti, il Qatar e gli islamisti

da Atlas Alternatif | Traduzione a cura di Marx21.it

 

Egitto-Fratelli-MusulmaniIl New York Times del 3 gennaio 2012 titolava “Le aperture agli islamisti egiziani rovesciano la politica a lungo termine degli Stati Uniti” (Overtures to Egypt’s Islamistis Reverse Longtime US Policy). L’articolo di David D. Kirpatrick e Steven Lee Myers sottolinea il fatto che Washington ormai si è adattata ai Fratelli Musulmani in Egitto dopo che questi si sono impegnati a rispettare le regole democratiche, il liberalismo economico e i trattati con Israele, nel momento in cui si accumulano le frustrazioni nei confronti del regime militare che viene accusato di voler confiscare il potere.

 

Recentemente John Kerry, ex candidato alle presidenziali in contrapposizione a Bush, oggi presidente della commissione degli affari esteri del Senato, e l’ambasciatrice Anne W. Patterson hanno incontrato tre alti dirigenti del Partito della giustizia e della libertà (Fratelli musulmani) egiziano, Essam El-Erian, Mohamed Saad Katani e Mohamed Morsi a Washington il 10 dicembre scorso. Secondo l’amministrazione Obama si tratterebbe di una nuova forma di Realpolitik, come quando Reagan aveva avviato negoziati con l’URSS sulla corsa agli armamenti. Questo rovesciamento di alleanze è stato esplicitato il 2 gennaio quando gli Stati Uniti hanno indirizzato un ultimatum al governo militare in merito alle perquisizioni avvenute presso alcune ONG filo-occidentali.

 

In realtà la strada dell’avvicinamento ai Fratelli musulmani egiziani era stata intrapresa fin dal febbraio scorso dal direttore della National Intelligence James Clapper che, davanti alla Commissione della Camera dei rappresentanti, aveva presentato i Fratelli musulmani come un “gruppo eterogeneo”, “ampiamente laico” e che rifiutava la violenza.

 

Le convergenze tra i Fratelli musulmani e gli interessi americani non si limitano all’Egitto, poiché Washington e gli islamisti hanno avuto interesse comune al rovesciamento del regime di Gheddafi nel 2011 e dei regimi relativamente laici di Algeria e Siria oggi.

 

Secondo alcuni analisti, la nuova strategia americana comprenderebbe anche un’alleanza con gli islamisti sunniti più radicali del movimento Al-Qaida, che sono stati attivi nella guerra di Libia (particolarmente con il governatore militare di Tripoli Abdelhakim Belhaj e la guida spirituale sceicco Ali Al-Salibi) ed oggi nel quadro dell’Esercito siriano libero (secondo la testimonianza di Daniel Iriarte nel quotidiano spagnolo ABC del 17 dicembre 2011, due luogotenenti di Abdelhakim Belhaj dirigerebbero questa struttura).

 

Un agente dell’alleanza tra gli Stati Uniti e i Fratelli musulmani è l’emirato del Qatar. Nel 2011 questo paese ha finanziato i ribelli libici di Bengasi, ha fatto passare la mozione della Lega Araba per sostenerli, ha fornito della logistica, dai talkie-walkie agli Chevrolet SUV e ai misssili anti-tank francesi Milan, ha addestrato i miliziani (ancora oggi esiste un programma di addestramento dei soldati libici in Francia finanziato dal Qatar), ha lanciato una catena televisiva anti-Gheddafi, Lybia al-Ahrar. Il Qatar oggi esercita un’influenza avvertita come sempre più ingombrante sul governo libico (vedere Time Magazine del 2 gennaio). E non finisce qui. In Algeria, finanzia la catena televisiva di Oussama Madani, uno dei figli di Abassi Madani, ex presidente del Fronte islamico di Salvezza. Per quanto riguarda la Siria, il Qatar ha fatto passare la mozione che sospende il governo di Bachar El Assad dalla Lega Araba e oggi il suo primo ministro cerca di screditare le testimonianze degli osservatori della Lega Araba a Damasco perché esse hanno rivelato che il governo siriano si sta confrontando con gruppi armati. Secondo il sito Debkafiles del 27 dicembre, il Qatar ha montato di tutto punto in accordo con l’Arabia Saudita una forza mobile di intervento di 2.500 uomini, di cui la metà è composta da combattenti del Gruppo combattente islamico in Libia (Islamic Fighting Group in Lybia-IFG) e da terroristi di Ansar Al-Sunna irachena (responsabile di attentati sanguinosi), convogliati dall’Iraq e dalla Libia fino in Turchia per seguire un addestramento militare, e assicura la logistica delle loro infrastrutture di comunicazione, con la complicità della NATO.

 

Il Qatar è pure sempre più inserito nelle strutture militari e civili occidentali. I fondi sovrani Qatar Holding hanno moltiplicato le loro partecipazioni nel capitale di grandi imprese europee: Hochtief, Volkswagen, Iberdrola, Veolia e anche Vinci. Hanno accresciuto la loro quota azionaria dal 7,6% al 10,07% nel capitale del fabbricante d’armi francese Lagardère (che controlla anche i media dell’ “esagono”) ed hanno puntato gli occhi su EADS (vedere L’Expansion del 3 gennaio 2012).

 

Ma la nuova politica filo-islamista di Obama, che è in linea con la tradizione democratica (Jimmy Carter ha aiutato gli islamisti in Afghanistan, Bill Clinton in Bosnia-Erzegovina), irrita i repubblicani adepti dello “scontro delle civiltà” e i loro alleati in Europa e in Israele.

 

Diversi blog repubblicani hanno ricordato che i Fratelli musulmani continuano a voler applicare la sharia e per questo non meritano di essere definiti laici (secolari). I repubblicani rimproverano anche a Hillary Clinton di avere ricevuto, dal 12 al 15 dicembre davanti alle telecamere a Washington, rappresentanti dell’Organizzazione della Conferenza Islamica (OCI) per discutere della messa in opera della risoluzione 16/18 del Consiglio dei diritti dell’uomo dell’ONU relativa alla lotta contro l’intolleranza, la discriminazione e la violenza contro persone sulla base della loro religione e delle loro credenze. Secondo i repubblicani, il voto della risoluzione nel marzo scorso aveva permesso di preservare la nozione di libertà di espressione, il che metterebbe in discussione la fiducia che Clinton ha accordato all’OCI in merito alla sua attuazione.

 

In Europa, José Maria Aznar, ex primo ministro spagnolo e alleato importante di George W. Bush durante la guerra in Iraq, invitato dal blog CNBC, ha rivelato il 9 dicembre 2011 che Abdelhakim Belhay è uno dei sospettati dell’attentato dell’11 marzo 2004 a Madrid. L’ex ambasciatore israeliano Dore Gold, presidente del Jerusalem Center for Public Affairs ha ripreso l’informazione nel Jerusalem Post mettendo in guardia il pubblico americano rispetto al fatto che i Fratelli musulmani potrebbero un giorno allearsi all’Iran se questa dovesse assumere la leadership del Medio Oriente, come aveva fatto il governo legato ai Fratelli musulmani del Sudan negli anni 90.

 

L’alleanza tra Obama e i Fratelli musulmani (e anche con alcune tendenze di Al-Qaida), in una relazione triangolare con le petro-monarchie inquieta anche l’Iran e i suoi alleati di Hezbollah libanese, poiché non c’è dubbio che la forza mobile creata dai qatarini, se dovesse impiantarsi in Siria, sarebbe anche utilizzata in gran misura contro di loro. La carta dello scontro delle civiltà tende così a trasformarsi, nell’opinione degli strateghi, in scontro sciiti/sunniti.