Che cosa succede nell’Egitto dei Fratelli musulmani?

di Bassam Saleh

fratelli-musulmani1Anni fa, prima della cosi detta”primavera”, molti analisti e commentatori del mondo arabo escludevano qualsiasi intervento statunitense nei confronti dei regimi che da decenni erano al potere nei paesi arabi.

Tutto sembrava dover restare fermo, nessuna richiesta, nessuna voce, nulla.

L’ipotesi anche di una seppur minima riforma di questi regimi – che nel frattempo assicuravano pienamente gli interessi Usa – era esclusa, dato che ciò avrebbe potuto favorire quella che era considerata l’unica alternativa, ovvero le forze islamiste ostili agli americani e ad Israele e sostenitrici (almeno a parole) della resistenza in Palestina, Libano e Iraq!

Tutto ciò ha fatto sì che gli Usa per decenni sono stati impegnati a proteggere i regimi arabi e i governi a loro affiliati – tutti quelli che non si opponevano alle mire politiche di potenza e dominio emanate da Washington – nel tentativo di garantirsi interessi vitali. Questi governi assicuravano anche uno stallo sulla questione palestinese impostando il loro lavoro sulla base di una “non soluzione”, cioè, nei fatti, la negazione ai palestinesi della possibilità di esercitare i propri diritti legittimi, a partire dal diritto al ritorno, all’auto-determinazione e la creazione di uno stato palestinese indipendente con Gerusalemme capitale. Una precondizione per mantenere Israele come uno stato al di sopra del diritto e della legalità internazionale, una potenza nucleare (l’unica nell’area mediorientale) non soggetta al controllo delle Organizzazione internazionale per l’energia atomica!

Altri analisti vedevano, invece, che gli Usa, in modo particolare dopo il discorso di Obama all’università del Cairo nel 2009, avevano radicalmente cambiato il loro approccio con il mondo arabo rispetto all’era Bush. Con il viaggio del 2009 in Egitto si era infatti sancita una vera e propria alleanza con i Fratelli musulmani, come forza centrale di un possibile cambiamento, capace di prendere il controllo del mondo arabo. Il movimento islamico dei Fratelli mussulmani diventa così il cavallo di Troia, su cui scommettere per controllare il processo di cambiamento, che si prevede imminente nel mondo arabo. In cambio di questo “sdoganamento” i Fratelli mussulmani si impegnano: 1) ad affrontare l’Islam militante “Jihadista” (considerato il principale serbatoio del terrorismo islamico); 2) mantenere l’impegno per la sicurezza di Israele e per gli accordi firmati tra alcuni paesi arabi e l’entità sionista; 3) mantenere la relazione economica tra i paesi arabi e i centri del capitalismo mondiale, in sostituzione-continuità fra il precedente capitalismo liberale arabo e il nuovo capitalismo islamico arabo. In parole povere: mantenere l’essenza del sistema economico capitalistico dominante come è , ma con sapore islamico invece che liberale.

Un giornalista arabo, un penna prestigiosa, ha commentato tempo fa l’arrivo dei Fratelli musulmani al governo dell’Egitto, con queste parole: “non avremo più bisogno di sionismo o di colonialismo! Questo perché ciò che comporterà il potere della Fratellanza musulmana, in termini di lotte e contraddizioni interne, permetterà al sionismo e al colonialismo di andare in una lunga vacanza, rilassante e divertente. Una vacanza lunga decenni, forse secoli. In cui verrà distrutto tutto e tutti, a partire da ogni speranza di progresso della nostra Nazione Araba e dalla sua liberazione dal colonialismo e dal sionismo”. Conclude il giornalista arabo: “la Palestina nei loro occhi – dei Fratelli musulmani – è oggi una sorta di stato ebraico! Secondo la loro percezione del conflitto verrà lasciata da parte, ad un angolo appunto, fino, alla completa eliminazione delle istituzioni degli stato nazionali arabi, o panarabi. E’ infatti loro convinzione e fede che il panarabismo è il nemico più avanzato e l’ostacolo da abbattere per creare lo Stato islamico internazionalista (Stato Califfato). Solo a questo Stato Califfato sarà affidato l’annuncio della Jihad, la guerra santa, per la liberazione della Palestina dagli invasori ebrei. Secondo i Fratelli Musulmani la Jihad è un obbligo, ma oggi deve essere limitata e concentrata verso l’empowerment al potere, deve rivolgersi all’interno del mondo arabo, contro quelli che sono gli ostacoli alla creazione del “califfato”, e quindi soprassedere rispetto alla liberazione della Palestina e di Gerusalemme dal dominio straniero!”

La situazione nei paesi arabi oggi non ha bisogno di tante parole, la destabilizzazione creativa è dominante, in particolare nei paesi più importante, Egitto e Siria fra tutti, ma questa stessa viene domata con il sangue se si avvicina ai paesi del petrolio, vedi Bahrein, Kuwait, e guarda caso non si parla mai del Qatar o dell’Arabia Saudita .Il cambiamento ha portato la Fratellanza al potere in più di un paese arabo. I Fratelli mussulmani sono oggi al timone in Egitto da cinque mesi, dove la loro ideologia condiziona pesantemente il dibattito e il presidente Morsi dopo aver destituito il consiglio militare, bloccato la nuova costituzione, cerca di concentrare tutti i poteri nelle sue mani. E’ nato così il primo Faraone islamico, come l’ha descritto l’opposizione stessa. L’Egitto si trova ad un bivio, perché, il problema dei Fratelli Musulmani non è stato solo con il vecchio regime, bensì come “fraternizzare” il popolo d’Egitto, per poi “fraternizzare” lo Stato Arabo d’Egitto. Per fare questo devono essere smontate tutte le istituzioni, costruite da un secolare rinascimento arabo, e questo non per rappresaglia contro il vecchio regime di Mubarak, bensì come risposta contro lo stato egiziano e le moderne istituzioni, civili, militari, giudiziarie, politiche, economiche, culturali e sociali, che devono essere demolite, per sostituirle con istituzioni coerenti con la visione islamica dei Fratelli musulmani.

In pratica tutto quello che il vecchio regime non era riuscito a fare, nelle istituzioni statali civili, sarà fatto brillantemente dai Fratelli musulmani. Questa volta in nome della rivoluzione (con una sorta di consenso drogato), e in nome della religione. Così l’Egitto diventerà in breve una entità “fraternizzata”, fragile, senza peso e influenza. Senza, soprattutto, un progetto futuro di valore culturale e spirituale, imperniato sulla modernità e sulla laicità, non sarà in grado cioè di continuare ad avere lo storico ruolo nazionale, panarabo e internazionale. In questo contesto il conflitto interno perdurerà ancora a lungo, fino alla completa distruzione dell’identità e delle priorità dell’Egitto moderno, basate sul cammino storico di questo grande paese, dalla nazionalizzazione del canale di Suez alla costruzione della diga di Assuan passando per le riforme agrarie e del sistema scolastico, fino ai romanzi di Nagib Mahfoz, e Taufiq al Hakim.

Detto tutto questo dobbiamo però dare atto alle rivolte arabe di aver rotto il muro della paura nelle masse, di aver fatto capire che si può osare. Per queste ragioni confido nei giovani e nelle opposizioni laiche e democratiche in Egitto, come negli altri paesi. Opposizioni vitali che proprio in questi giorni stanno dimostrando una ammirevole resistenza a chi vuole portare l’Egitto indietro nella storia dell’umanità.