Attentato a Tel-Aviv: ri-mescolare le carte

di Bassam Saleh
da lacittafutura.it

L’attentato nel mercato di Tel Aviv fa emergere ancora una volta il fallimento di una politica che si illude di raggiungere la sicurezza con la forza militare. Mentre l’occupazione dei territori compie 49 anni e la soluzione della questione palestinese resta ancora troppo lontana.

L’attentato a Tel Aviv avvenuto l’8 giugno durante il quale un gruppo di palestinesi ha aperto il fuoco in modo indiscriminato in un mercato a Tel Aviv, facendo 4 morti e una decina di feriti, ha messo in discussione l’evidente debolezza del sistema della sicurezza israeliana, considerato che questo è il secondo attentato dall’inizio dell’anno. Riporta in primo piano l’incertezza, e forse l’inutilità, strategica di considerare la sicurezza come unico obbiettivo dei governanti d’Israele per garantire i suoi cittadini, mentre continua ad occupare illegalmente territori di un altro popolo da ben 49 anni, rifiutando ogni tentativo di proposta di pace e continuando a proteggere e sostenere i coloni e l’espansionismo nei territori palestinesi.

Il primo ministro Benjamin Netanyahu, si è impegnato a prendere “una serie di azioni offensive e difensive” per contrastare gli attacchi palestinesi. Le prime vittime sono quei lavoratori palestinesi che, ogni mattina, attraversano il confine con permessi alla mano, per andare a lavorare nel paese che occupa la loro terra, e la sera fanno ritorno a casa con quei pochi soldi che gli permettono di far la sopravvivere le proprie famiglie.

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