di Ricardo García Pérez | da il Manifesto
Intervista ad Ahmed Manaï, osservatore tunisino della missione della Lega araba
Il veto russo-cinese ha salvato Damasco dalla sorte che toccò a Baghdad. Ma ci sono rischi di guerra
Ahmed Manaï è uno dei 166 osservatori che la Lega araba ha inviato in Siria per monitorare la crisi (missione prima «sospesa» poi definitivamente annullata domenica scorsa dalla Lega). Ha lavorato all’Onu come esperto di affari internazionali, è stato a fianco della rivoluzione democratica in Tunisia e ha scritto un libro sulla tortura in Tunisia durante il regime di Ben Ali.
Come membro tunisino degli osservatori della Lega araba, qual è stata la sua reazione dopo il veto di Russia e Cina al Consiglio di sicurezza?
Di grande soddisfazione per la Siria e il suo popolo. Il veto russo-cinese ha salvato il paese dalla distruzione totale che forse gli consentirà di non conoscere il destino dell’Iraq.
Chi sono gli attori esterni coinvolti nella crisi siriana secondo quanto avete potuto vedere. Si è parlato di iraniani, di Hezbollah libanesi, di iracheni…
Non credo che i siriani abbiano bisogno dell’aiuto di nessuno per gestire la crisi che vivono. Molti media hanno parlato di elementi degli Hezbollah o delle Guardie rivoluzionarie iraniane impegnati a reprimere le manifestazioni di protesta. E’ solo propaganda. Certo, questo sì, che c’è cooperazione, sul terreno dell’intelligence per esempio. Ma ci sono altri paesi coinvolti nella crisi siriana, i paesi del Golfo a cominciare dal Qatar, la Turchia, i paesi della Nato. E oltre a questi stati ci sono dei movimenti politici assai influenti, come i Fratelli musulmani e i salafiti.
Torniamo al veto. Quasi un anno fa Russia e Cina si astennero sulla risoluzione 1973 che autorizzava l’uso della forza contro Gheddafi. Come spiega l’uso del veto nel caso della Siria?
La risoluzione 1973 sulla Libia fu sequestrata dai paesi Nato. Il risultato della guerra contro la Libia, ancora poco conosciuto nell’opinione pubblica, è stato catastrofico. Forse Russia e Cina credevano che il testo si sarebbe rispettato alla lettera. Poi, pur con tutto il suo petrolio, la Libia non ha lo stesso peso strategico mondiale della Siria, la cui produzione petrolifera è quasi insignificante.
Dopo questo veto, una guerra è più vicina?
Se ci sarà una guerra, non sarà circoscritta alle frontiere del Medio Oriente. Tutti sono convinti di questo, compresi quelli che preparano i piani più aggressivi.
Che tipo di pressione potrà esercitare ora, dopo il veto russo-cinese, la Lega araba per arrivare alla caduta di Assad?
La Lega araba ha perso ogni autorità perché ha sepolto il rapporto finale della sua stessa missione di osservatori e perché ha fatto quel tipo di ricorso al Consiglio di sicurezza. Tutto ciò che possa fare in futuro sulla crisi siriana, è senza valore. Ora tocca alla Russia premere sulla Siria perché il regime di Assad acceleri un processo di vere riforme.
Per quello che avete potuto vedere in Siria, qual è il peso reale del Cns, favorevole all’intervento esterno, e quello del Comitato di cooordinamento nazionale per il cambio democratico, contrario all’intervento esterno, di cui si sente però parlare poco?
In Siria il Csn non gode di buona fama, proprio perché chiede un intervento armato dall’esterno. I siriani hanno una lunga tradizione di patriottismo e resistenza contro le dominazioni straniere. Al contrario, all’estero il Csn è l’ interlocutore prediletto dei media e dei politici. Diverso il caso del Comitato di coordinamento perché i suoi militanti sono quasi tutti attivisti che stanno all’interno del paese come il loro portavoce, Haytham Manna. E’ spiegabile che non si parli di questo Comitato nei media di propaganda e disinformazione che appoggiano l’intervento.
Che prove avete sulle attività dell’Esercito siriano libero?
Il rapporto della missione di osservatori arabi parlava dell’esistenza dell’Esl e altri gruppi armati che attaccavano le truppe governative, praticavano sequestri di civili e assassinii, sabotaggi…
Un’ultima domanda: cosa cambierebbe nel caso il presidente Assad dovesse lasciare il potere?
Coloro che credono che la rinuncia o la partenza del presidente Assad risolverebbe tutti i problemi del paese sono solo degli idioti. Siamo stati incapaci di apprendere la lezione venuta dalla Tunisia, dall’Egitto e dallo Yemen. E di capire che i momento successivi alle dittature in genere sono più difficili da gestire delle dittature stesse perché l’opposizione vittoriosa non ha ancora imparato a governare.