Los desaparecidos en Argentina

riceviamo e pubblichiamo

di Defina Miglionico

Sintesi storica dell’Argentina della seconda metà del ‘900, i crimini dell’ultima dittatura e il racconto delle vicende di quel periodo della famiglia di una ragazza trasferitasi in Italia

Nella sua storia l’Argentina ha vissuto tanti colpi di stato, ma quelli che hanno avuto successo sono stati sei e tutti si sono verificati durante il corso del ‘900. Quello più tristemente famoso si verificò nel 1976 quando il governo di Maria Estela Martinez de Peron (anche chiamata Isabelita) fu destituito per dare inizio ad una delle più sanguinose dittature dell’America Latina che segnerà la storia del paese fino al 1983.

L’era Peròn

Il presidente dell’Argentina dal 1946 al 1955 fu Juan Domingo Peròn, generale e politico argentino, nato a Lobos l’8 ottobre 1895. Dopo esser stato ministro nella precedente giunta militare, nel febbraio del 1946 Peròn vinse le elezioni col 56% dei consensi e a maggio si insediò alla presidenza contraddistinguendosi, negli anni di governo, per una marcata politica sociale e per l’ampliamento dei diritti civili. Le conquiste del peronismo furono molto importanti per la società argentina nel suo complesso e, in particolare, per le classi popolari e per le donne. Vennero, infatti introdotti: il voto alle donne, la legge sul divorzio, l’uguaglianza dei coniugi, i contratti collettivi di lavoro, il salario minimo, il diritto alle ferie, diritto alla salute, limiti ai licenziamenti, il riconoscimento del diritto di sciopero, la legge per la protezione dagli incidenti sul lavoro, l’edilizia popolare (vengono costituite più di 271 mila case), l’alfabetizzazione delle classi popolari, le borse di studio per gli studenti poveri, il potenziamento dell’istruzione universitaria e misure economiche di natura progressista come la nazionalizzazione della Banca Centrale, delle ferrovie, dell’acqua, del gas e della società telefonica.

Dopo la Riforma Costituzionale del 1949, venne rieletto nel 1951 con il 62% dei voti nelle prime elezioni nella storia dell’Argentina con la partecipazione di donne e uomini, ma la politica del suo secondo mandato cambiò. Iniziò così la crisi del peronismo a causa di una stretta repressiva alle libertà, con incarcerazioni di oppositori, chiusura di organi di stampa, obbligo per gli impiegati pubblici di iscriversi al Partito Peronista (PJ) e imposizione di testi scolastici di apologia del governo.

Il 26 luglio 1952 muore Evita (María Eva Duarte de Peròn), la seconda moglie di Juan Domingo Peròn che aveva avuto un ruolo attivo durante i mandati presidenziali del marito.

Evita è stata un’attrice, politica, sindacalistafilantropa argentina, “primera dama” dell’Argentina dal 1946 fino alla morte, avvenuta per un tumore, a 33 anni, ed è stata molto amata dagli argentini e poi venerata come una santa dopo la sua scomparsa.

Peròn dopo la morte della moglie introdusse alcune riforme. Nel 1954 venne approvata una legge sul divorzio e soppresso l’insegnamento religioso obbligatorio.

La ripresa economica europea del secondo dopoguerra causò una diminuzione delle esportazioni agricole argentine nel Vecchio continente e una serie di cattivi raccolti acuirono la crisi economica. Lo sviluppo dell’industria nazionale causò un aumento delle importazioni e inflazione. Mentre a livello internazionale gli Stati Uniti diffidavano di Peròn per la sua politica estera autonoma fra Occidente e blocco socialista e, in piena Guerra fredda, premevano per un cambio di presidente.

Dopo qualche anno con Peròn al potere, il 16 giugno 1955, si verificò il bombardamento di Plaza de Mayo (Buenos Aires), detto anche massacro di Plaza de Mayo, la denominazione con cui si identifica un tentativo di colpo di Stato compiuto in Argentina contro il governo costituzionale preseduto da Juan Domingo Peròn. Si trattò di un bombardamento aereo da parte di un settore della marina militare argentina, appoggiato politicamente dall’Unione civica radicale e dal Partito socialista, durante il quale vennero uccise almeno 308 persone, più un’ulteriore quantità che non poté essere determinata a causa dello stato dei resti umani, e più di 800 rimasero ferite.

Scampato il golpe, le tensioni tuttavia non diminuirono tant’è che nello stesso 1955 si verificò la Rivoluzione Liberatrice (Revolución Libertadora in spagnolo), il nome assunto dalla dittatura militare che governò l’Argentina dopo aver rovesciato con un golpe militare il presidente costituzionale Juan Domingo Peròn. Il colpo di Stato avvenne il 16 settembre 1955, sciogliendo il Congresso Nazionale e destituendo i membri della Corte Suprema e con l’esilio di Peròn che trovò rifugio in Paraguay, Panama, Nicaragua, Venezuela, Repubblica Dominicana e infine nella Spagna franchista.

Il 1º maggio 1958, dopo quasi tre anni di potere, la dittatura guidata dai generali Eduardo Lonardi e da Pedro Eugenio Aramburu, passò il testimone a un presidente eletto, Arturo Frondizi. A queste elezioni al peronismo non fu permesso di partecipare, così Peròn si alleò con Frondizi che promise una maggiore libertà di azione per gli amministratori fiduciari e di convocare libere elezioni nel 1962. La politica economica di Frondizi era caratterizzata dallo sviluppo dell’industria pesante e dalla ricerca di investimenti stranieri.

Dopo quattro anni, nel marzo 1962 avvenne un nuovo colpo di Stato in Argentina. Il golpe civico-militare fu realizzato il 29 marzo 1962 e destituì il presidente Arturo Frondizi. L’azione fu il culmine di un processo di deterioramento del rapporto del presidente con le Forze Armate e fu affrettata dal trionfo in varie province nelle elezioni del 18 marzo 1962 dei partiti che rispondevano al peronismo.

La mattina del 29 marzo le forze militari condussero Frondizi in arresto​ all’isola Martín García. Ciò permise al presidente provvisorio del Senato José María Guido di assumere la carica vacante, annullando le elezioni svolte. Messo nuovamente il peronismo fuori dalla competizione elettorale, il nuovo presidente ad interim sciolse il congresso argentino e chiamò nuovamente a elezioni, tramite le quali Arturo Umberto Illia divenne nuovo presidente dell’Argentina il 12 ottobre 1963.

Peron tentò di tornare in Argentina nel 1964, ma il presidente Arturo Illia lo impedì chiedendo alla dittatura militare al potere in Brasile di trattenerlo e rimandarlo in Spagna.

Nel 1965 il governo convocò elezioni legislative, eliminando tutte le restrizioni che avevano pesato nella precedente fase. In questo modo, il peronismo presentò le proprie liste di candidati e trionfò.

Il 28 giugno 1966 si verificò la Rivoluzione Argentina, il nome con cui si autodefinisce la dittatura civico-militare che rovesciò il presidente costituzionale Arturo Illia con un altro colpo di Stato, portando al potere il generale Juan Carlos Ongania.

La «Rivoluzione argentina» non si presentò «provvisoria» come in tutti i precedenti colpi di stato, ma pretese di affermarsi come un nuovo sistema dittatoriale di tipo permanente poi associato al concetto di Stato burocratico-autoritario (EBA).

Il 29 luglio 1966, è passato alla storia come la Notte dei Bastoni Lunghi, lo sgombero da parte della Direzione Generale dell’Ordine Urbano della Polizia Federale Argentina, di cinque facoltà dell’Università di Buenos Aires (UBA), occupate da studenti, professori e laureati, in opposizione alla decisione del governo de facto di intervenire nelle università e di annullarne il regime di autogoverno.

Il 9 ottobre 1967 morì in Bolivia Ernesto Che Guevara e ciò ebbe riflessi importanti in Argentina, nella quale era nato, e in tutta l’America Latina. Guevara era diventato un mito rivoluzionario e un punto di riferimento del 1968 e dei movimenti di rivolta. Fu arrestato e poi assassinato in Bolivia a 39 anni di età quando era indiscusso leader della rivoluzione contro il potere dittatoriale in diversi paesi della America latina e non solo.

Il 29 maggio 1970, tre membri del Comando Juan José Valle, del movimento dei Montoneros, fingendo di essere militari di custodia, rapirono il tenente generale Pedro Eugenio Aramburu, tra promotori dell’autoproclamata Rivoluzione Liberatrice, che rovesciò il governo costituzionale di Juan Domingo Perón nel 1955. I rapitori portarono l’ex presidente in una stanza situata nella città di Timote, provincia di Buenos Aires. Lo stesso giorno, il gruppo annunciò al pubblico il sequestro e l’inizio di un «processo rivoluzionario». In tale processo, i guerriglieri lo giudicarono colpevole di numerosi crimini, come le fucilazioni di José León Suárez e il rapimento del cadavere di Eva Perón e venne condannato a morte. Alle 7:00 del 1º giugno 1970, il capo del Comando, Fernando Abal Medina, sparò tre colpi all’ex dittatore con una pistola e poi un ultimo colpo con un’altra.

All’alba del 22 agosto 1972 a Trelew, Argentina, c’è stato l’omonimo massacro, anche noto come le fucilazioni di Trelew, che consisté nell’uccisione di 16 giovani detenuti nel carcere di Rawson dell’Esercito rivoluzionario del popolo (ERP), delle Forze armate rivoluzionarie (FAR) e dei Montoneros, catturati dopo un tentativo di fuga parzialmente riuscito e successivamente mitragliati da marinai guidati dal capitano di corvetta Luis Emilio Salinas. Gli eventi ebbero luogo nella Base Aeronavale Almirante Zar, una dipendenza della Marina Argentina vicino alla città di Trelew, provincia del Chubut, in Patagonia meridionale.

Nel marzo del 1973 si tennero le elezioni presidenziali e a causa del divieto imposto a Perón di candidarsi alla presidenza del paese, Peròn stesso designò come candidato del partito peronista Hector Cámpora, che trionfò con il 49,5% dei voti.

Il 20 giugno 1973, dopo 18 anni, il generale Juan Domingo Perón fece ritorno in Argentina, dove lo attendeva una delle più grandi mobilitazioni popolari della storia, circa 2 milioni di persone erano presenti all’aeroporto di Ezeiza. Tuttavia, le tensioni che attraversavano il movimento sarebbero presto esplose.

Il suo arrivo era previsto all’aeroporto Maestro Pistarini (Ezeiza), Buenos Aires, ma all’ultimo momento la destinazione fu cambiata ed il presidente atterrò all’altro aeroporto di Buenos Aires, l’Aeroparque Jorge Newbery.

Per l’accoglienza di Peròn in Argentina venne organizzato un grande evento, all’incrocio dell’autostrada Ricchieri con il Camino de Cintura (Strada Provinciale 4), a circa 10 chilometri dall’aeroporto di Ezeiza, chiamata Porta 12.

In quel luogo avvenne una delle più grandi stragi a livello nazionale, nella quale l’organizzazione paramilitare anticomunista appostatasi con fucili di precisione su degli spalti, fece fuoco sul popolo della sinistra peronista e sull’organizzazione dei Montoneros. Secondo la ricostruzione del giudice Baltasar Garzón, anche il neofascista italiano Stefano Delle Chiaie (coinvolto in numerosi casi di spalleggiamento a dittature in America Latina) era presente quel giorno ad Ezeiza ed era compromesso nella vicenda.

Nella strage persero la vita 13 persone e 365 furono ferite e fu organizzata dall’ala estremista della destra peronista, in particolare dal segretario personale di Perón, José López Rega, e dalla Tripla A, l’organizzazione paramilitare anticomunista da lui fondata successivamente.

L’Alleanza Anticomunista Argentina (AAA), conosciuta come Triple A, fu un’organizzazione di estrema destra che operò in Argentina negli anni settanta, uccidendo diversi rappresentanti della sinistra. L’organizzazione, come abbiamo già detto, era guidata da José López Rega, che fu segretario personale del presidente Juan Domingo Perón.

Un mese e mezzo dopo aver preso le funzioni di governo, il presidente Cámpora si dimise e si svolsero nuove elezioni senza divieti.

Perón si candidò con la moglie rispettivamente alla presidenza e alla vicepresidenza nel settembre 1973 e ottenne una grande vittoria, assumendo l’incarico nell’ottobre dello stesso anno.

Purtroppo, Peròn non riuscì a portare a termine il suo mandato presidenziale dato che il morì il primo luglio di 1974. La vicepresidente Maria Estela Martinez di Peron (terza moglie di Juan Domingo) diventò la nuova presidente degli argentini nel mese di ottobre del 1975.

Il 18 di dicembre dello stesso anno si verificò un nuovo tentativo di colpo di stato da parte delle forze aeree ma non ebbe successo, tuttavia, i militari golpisti riuscirono a spostare a loro favore le ultime forze armate rimaste a favore di Isabelita.

Il golpe militare spiana la strada al “Processo di riorganizzazione nazionale”

Nella notte del 24 di dicembre 1975 il generale Jorge Videla comunicò un “ultimatum” a Estela nel quale le concedeva soltanto 90 giorni per “ristabilire l’ordine” nel paese.

Il 24 marzo 1976, poco prima dell’una di notte, l’elicottero che trasportava la presidentessa Maria Estela Martinez di Perón alla residenza presidenziale, fu dirottato per decisione del pilota all’aeroporto Jorge Newbery, dove fu accolto da 3 alti ufficiali dell’esercito. Era l’inizio del golpe.

Fu arrestata e trasferita nella provincia di Neuquén e mesi dopo portata nell’arsenale navale di Azul, nella provincia di Buenos Aires, e rilasciata solo dopo 5 anni di prigione, nel 1981. Successivamente si stabilì in Spagna, dove risiede ancora oggi.

Alle 03:10 del 24 marzo di 1976 tutte le stazioni televisive e radiofoniche erano occupate. La programmazione regolare era stata interrotta e venne rilasciata la prima dichiarazione, dando inizio in questo modo al Processo di Riorganizzazione Nazionale (PRN). Conosciuto anche come “il processo” è stata una dittatura civico-militare che cominciò il 24 di marzo di 1976 e fini il 10 dicembre del 1983 con un governo democratico scelto dai propri cittadini argentini guidato dal presidente eletto, Ricardo Alfonsin.

I crimini della dittatura militare di estrema destra

Il colpo di stato è stato pianificato ed eseguito nel quadro del Plan Condor, un sistema clandestino di coordinamento repressivo tra paesi latinoamericani promosso dagli Stati Uniti, come parte della “dottrina della sicurezza nazionale”, che ha favorito l’ascesa delle dittature in America Latina al fine di mantenere il controllo imperialistico su questi paesi durante la Guerra fredda.

Questa dittatura una volta preso il controllo del paese, creò un Consiglio di Comando con la partecipazione dei tre rami dell’Esercito, garantendo a ciascuno l’indipendenza di agire senza bisogno di concordare nulla.  Ci sono tante controversie con la definizione che è stata data all’ultima dittatura, vale dire “civico-militare”. Chi difende l’utilizzo di tale termine tenta di affermare la necessità di ricordare il genocidio con tutte le sue sfaccettature. Lungi dall’eufemismo di parlare solo di soldati sazi di potere e di persine rapite, scomparse, torturate e uccise, perché ci sono stati anche civili che promossero il genocidio e che furono complici e parte attiva della scomparsa di migliaia di persone e dell’introduzione di un piano economico neoliberale che distrusse l’economia del paese. Videla divenne il primo presidente della nuova dittatura di fatto fino al 1980.

La dittatura attuò una repressione illegale in centri di detenzione clandestini (aziende, scuole, stazioni di polizia, ecc.) dove torturavano e poi uccidevano gli scomparsi.

Le attività di spionaggio e di rapimento sono state svolte da “gruppi di lavoro” costituiti da personale militare e di polizia che ha agito illegalmente, poiché non avevano ordini della Magistratura a sostegno delle loro azioni. I metodi di sparizione erano tanti ma quelli più conosciuti erano i “voli della morte”; alcuni scomparsi si sono salvati dalla morte, ma la grande maggioranza no, di solito questi venivano ingannati degli agenti, che con la scusa di cambiare sede di detenzione li facevano salire su un aereo e in mare aperto legavano loro le caviglie e li buttavano, in modo di non lasciare trace del corpo del crimine. Pertanto, senza cadaveri o testimoni, questo individuo restava Disperso, Desaparecido come li chiamiamo in Argentina

Desaparecidos

Gli esperti calcolano circa 5.000 vittime gettate nel viaggio con la scusa del cambio del luogo di detenzione clandestino.

Ciò che ha lasciato questo periodo di sospensione delle garanzie costituzionali nella vita degli argentini è indimenticabile e mai era accaduto prima: le agenzie per i diritti umani stimano 30.000 persone scomparse, mentre il rapporto del 1984 ha registrato circa 9.000 sparizioni forzate.

Le torture erano tanto psicologiche come fisiche:

utilizzavano presunte dichiarazioni di altri detenuti per farli confessare e alcuni già stanchi delle torture finivano per parlare. Questo poteva significare salvarsi dalla reclusione ma in realtà le possibilità erano due:

  1. L’essere completamente liberi, ma dover ricorrere all’esilio per evitare rappresaglia da parte dei colleghi o della stessa Giunta
  2. Essere ingannato dagli agenti e finire comunque assassinato.

Si sono verificati anche abusi sessuali su detenuti di entrambi i sessi, nel caso in cui le donne fossero rimaste incinte, la loro permanenza nell’istituto di tortura si prolungava fino al parto e i loro bambini venivano portati via. Nei casi più fortunati erano consegnati ai loro parenti, ma nel peggiore, la maggior parte dei casi, i bambini furono affidati direttamente a famiglie di militari, altri abbandonati in istituti come NN, altri venduti. In tutti i casi, la loro identità è stata annullata e sono stati privati ​​della convivenza con le loro famiglie legittime, dei loro diritti e della loro libertà ed è così che si creano prima le Mamme e poi le Nonne di Plaza de Mayo.

In mezzo ad arresti illegali, abusi, sparizioni forzate e violazioni di tutti i diritti, il 30 aprile di 1977 nascono le Madres dei Plaza de Mayo, associazione con il fine iniziale di recuperare vivi i detenuti scomparsi e poi, dopo la dittatura, di stabilire chi era responsabile dei crimini contro l’umanità e promuoverne il perseguimento giudiziario.

Quest’ultima associazione ha dedicato i suoi sforzi al ritrovamento dei neonati e dei bambini rapiti dai “gruppi di lavoro” della dittatura per restituire la loro vera identità. Il primo gruppo che scese in piazza per opporsi alla dittatura furono le Madri di Plaza de Mayo. Erano madri di molte delle vittime della repressione. Cominciarono a manifestare il 30 aprile di 1977. Poiché tutte le manifestazioni erano vietate, le madri si riunirono soltanto in piazza, con fazzoletti di tessuto bianchi in testa, e marciarono in cerchio con striscioni per chiedere la ricerca dei loro parenti. Le madri denunciarono la scomparsa dei loro figli e quando non ebbero risposta, si unirono ad altre madri con la stessa perdita e furono chiamate Madri di Plaza de Mayo poiché lì si trovava la Casa Rosada, il palazzo presidenziale dell’Argentina. 

Queste instancabili madri, ora divenute nonne, continuano ancora oggi la ricerca e lo dichiarano così sul proprio sito web https://www.abuelas.org.ar

“La ricerca continua e coinvolge già la generazione dei nostri pronipoti che, come le loro madri e i loro padri, vivono senza conoscere le proprie origini familiari. Ma è anche un debito della nostra democrazia, perché finché non si trova l’ultimo nipote sottratto dalla dittatura, lo Stato continua a commettere quel crimine e l’identità di un’intera generazione è in dubbio.

Le Nonne continueranno a svolgere compiti di trasmissione della memoria collettiva per costruire l’eredità della lotta e garantire che questa terribile violazione dei diritti umani non si ripeta mai più”

La guerra delle Falkland/Malvinas

A tutta questa pressione delle madri, sommata alla terribile gestione dell’economia e allo scopo del PNR, organizzare il paese secondo una dittatura fascista, la giunta militare, in quella fase guidata dal generale Galtieri (22 dicembre 1981-18 giugno 1982), non riusciva a mantenere calma la gente, e per questo aveva bisogno di una via d’uscita che riducesse la pressione della strada trovandola nella guerra contro il Regno Unito per cercare di riconquistare le isole Malvinas nell’anno 1982.

La guerra delle Malvinas (in inglese: Falkland War) fu una guerra non dichiarata ufficialmente tra l’Argentina e il Regno Unito del 1982, per la quale si disputò la sovranità delle isole Falkland.

Il conflitto iniziò il 2 aprile, durò 74 giorni e si concluse con la resa argentina il 14 giugno, riportando le isole sotto controllo britannico. In totale, 649 militari argentini, 255 militari britannici e tre isolani civili delle Falkland morirono durante le ostilità.

Nessuno degli Stati dichiarò ufficialmente guerra, anche se entrambi i governi dichiararono le isole zona di guerra.

Il 28 aprile 1983, i dittatori pubblicarono un rapporto chiamato Documento Finale della Giunta Militare. Il suo contenuto era una giustificazione delle sue azioni durante la dittatura.

Raul Alfonsin, pochi giorni dopo il ritorno alla democrazia, chiede il Processo alle Giunte che è l’espressione con cui si conosce il processo giudiziario condotto in Argentina nel 1985 su nove dei dieci membri delle prime tre Giunte Militari della dittatura e sul quale è uscito da poco il film “Argentina, 1985”

La crisi del dicembre 2001 in Argentina, o crisi del 2001, è stata una crisi politica, economica, sociale e istituzionale, alimentata da una rivolta popolare generalizzata sotto il motto «Che se ne vadano tutti!», che ha causato le dimissioni dell’allora presidente dell’Argentina Fernando de la Rúa, dando luogo a un periodo di instabilità politica durante il quale cinque funzionari hanno esercitato il potere esecutivo nazionale in pochi mesi. È avvenuto nel quadro di una crisi più grave che si è estesa tra il 1998 e il 2002, causata da una lunga recessione che ha innescato una crisi umanitaria, di rappresentatività, sociale, economica, finanziaria e politica. Durante la crisi sono state uccise 39 persone, tra cui cinque persone decedute in quello che fu chiamato il massacro di Plaza del 20 dicembre 2001.

La mia esperienza familiare durante il periodo della dittatura

Un venerdì d’inverno del 1977 all’uscita di facoltà di Legge mio nonno Jorge prese il bus per andare a casa sua. Appena tutti gli studenti erano dentro, i militari fermarono l’autobus mettendo le auto di fronte con la scusa che dovevano fare un controllo dei precedenti penali, chiamato tra i locali RACIA. La domenica mattina, visto che in quel periodo non c’era bisogno di un capo d’imputazione formalizzato per arrestarli, possiamo dire, che con molta fortuna lo lasciarono tornare a casa. Tuttavia, non tutti furono così fortunati e non si sa cosa gli sia successo.

Durante tutto il periodo della dittatura mio nonno che era amante della lettura, aveva a casa sua molti libri su Iosif Stalin, la Rivoluzione russa e “Che” Guevara, tra gli altri. All’interno dei divieti della dittatura in quel periodo, si trovavano questo tipo di letture, poiché erano considerate sovversive, per cui venivano censurate. La soluzione per molti, tra cui mio nonno, fu quella di seppellirli nel giardino, ermeticamente, mentre governavano i militari.

Il mio parere

Per me è stata la peggior fase storica nella storia recente dell’Argentina, che non si deve ripetere in nessuna circostanza e il cui danno psicologico provocato alla società continua ancora oggi dopo 40 anni. E’ stato un periodo in cui molte persone hanno sofferto e sono state gravemente ferite fisicamente e psicologicamente. E’ stato il massacro più brutale che abbia subito il paese nella sua storia più recente, dopo molte battaglie si è potuta fare giustizia e di qualcosa possiamo essere certi, non dimenticheremo….  

E come diciamo noi argentini quando ci chiedono dei crimini dell’ultima dittatura, la nostra risposta è molto chiara: NUNCA MAS (MAI PIÙ).

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