di Michelangelo Severgnini
da https://www.lantidiplomatico.it
Presente al fianco del partito sin dai suoi primi passi, il giornalista e saggista tedesco: “La BSW, grazie alla sua fenomenale ascesa in un brevissimo lasso di tempo, ha rivitalizzato il dibattito e ridisegnato il panorama politico della Germania”
Dal giorno della sua fondazione (l’8 gennaio 2024), il partito Bündnis Sahra Wagenknecht (BSW) ha cominciato lentamente a cambiare le carte in tavola all’intero dello scacchiere politico tedesco.
Nato come una costola di Die Linke, storico partito di sinistra, ha ormai più che triplicato, in meno di un anno, le percentuali che quest’ultimo partito ormai raccoglieva in Germania.
Come tutti i partiti europei che propongano un’agenda alternativa alle direttive più o meno ufficiali di Bruxelles, la BSW è stata in questi ultimi mesi accusata di razzismo, populismo e tutto il corollario appresso.
A quanto pare però, i suoi elettori non la pensano così e, nel mentre che l’Europa si fa una ragione sulle ragioni della BSW, gli elettori tedeschi sembrano progressivamente dare la loro preferenza a questa nuova formazione.
Per quanto sia un’alleanza nata intorno alla figura di Sahra Wagenknecht, questo nuovo progetto politico è forse l’unica proposta elettorale al momento in Germania in grado di raccogliere i bisogni delle fasce popolari della popolazione, ma anche di dare una risposta alle paure di una sinistra che esce a pezzi dalla stagione del finto moralismo fatto di Ong ancelle della menzogna e di sostegno militare all’Ucraina. Finto moralismo di cui sia Die Linke che il partito dei Verdi hanno dato ampio sfoggio Inn questi ultimi 3 anni di governo Scholtz.
Mentre da un lato i molti aspiranti stregoni presenti in Europa cercano dunque di affibbiare aggettivi e definizioni un po’ alla cieca, dall’altro chi meglio di un giornalista e scrittore attento come Ramon Schack potrebbe oggi aiutarci a definire la BSW?
Presente al fianco del partito sin dai suoi primi passi, anzi, sin dalle sue premesse, si accinge ora a dare alle stampe un nuovo libro molto atteso in Germania che si intitola “Wagenknechts Wagnis” (L’impresa di Wagenknecht).
Di questo e di tanto altro ci parla in questa intervista.
L’INTERVISTA
Nel 2016 Lei ha pubblicato un libro intitolato “L’età della decadenza”. È curioso perché proprio in quegli anni vivevo a Berlino e questo libro non potrebbe riassumere meglio il concetto. Quella esperienza, durata solo due anni, mi ha lasciato una sensazione di forte pessimismo. Mi sembrava che Berlino fosse caduta in un buco nero oscurantista, dove c’era molta informazione ma poco dibattito, dove il consenso veniva costruito con strategie militari, come nel caso allora della crisi siriana. Dal Covid in poi, ma soprattutto con l’inizio della guerra in Ucraina, abbiamo sperimentato questa militarizzazione del dibattito anche qui nell’Europa meridionale. Come interpreta questa fase storica?
Ebbene, solo le generazioni successive potranno interpretare storicamente la fase storica in cui viviamo, ma è certo che la “fine della storia”, come fantasticava il politologo statunitense Fukuyama nei primi anni Novanta, non è mai avvenuta. La storia non finisce mai. Molto più importante per noi in Occidente è chiedersi se abbiamo già raggiunto le orribili visioni che George Orwell ha descritto in “1984”, o se stiamo vivendo nel “Brave New World” che Aldous Huxley pensava di prevedere. Come ha scritto lo studioso di comunicazione Nial Postmann nel suo libro “Amusing Ourselves to Death: Public Discourse in the Age of Show Business (1985)” (Divertirsi fino alla morte: discorso pubblico nell’era dello show business): “Le profezie di Orwell hanno poca rilevanza per l’America, ma quelle di Huxley sono vicine a diventare realtà”. George Orwell temeva lo Stato, che brucia i libri come un Grande Fratello e sopprime la verità con il Ministero della Verità. Aldous Huxley, invece, descriveva il “Mondo Nuovo”, in cui la gente ammazza il tempo con “film sentimentalil” e il “ronzio centrifugo”, “una società che non ha bisogno di essere bandita dalla lettura dei libri perché non legge più libri”. E continua: “Dovremmo quindi seguire Huxley e non Orwell se vogliamo capire come la televisione e altre forme di immagine minaccino la base della democrazia liberale, cioè la libertà di informazione”. E si chiede: “Chi è pronto a ribellarsi all’assalto delle distrazioni? Con chi ci lamentiamo e quando? E con quale tono di voce, quando un discorso serio si dissolve in una risatina? Quale antidoto dovremmo prescrivere a una cultura consumata dalle risate?”. Questa domanda non ha ancora trovato risposta.
Negli ultimi anni ho seguito con particolare interesse il percorso di Sahra Wagnenknecht, che fin dall’inizio sembrava immune dagli errori della sinistra europea degli ultimi anni. Ho accolto la notizia della sua separazione da Die Linke con gioia e persino con sollievo. Tuttavia, se chiedete a qualcuno della sinistra italiana di oggi, a parte i lettori de L’AntiDiplomatico, che cosa rappresenti il partito BSW, la maggior parte risponderà frettolosamente: “Sono razzisti”. Un’accusa che viene ripetuta anche dalla sinistra tedesca. Perché la sinistra di oggi non è disposta ad affrontare le conseguenze del multiculturalismo?
A questo proposito, bisognerebbe innanzitutto chiedersi se la sinistra esista ancora. Dieci anni fa, lo storico italiano Domenico Losurdo ha esplorato questa questione nel suo libro “La sinistra assente. Crisi, società dello spettacolo, guerra” (Roma, Carocci, 2014). Losurdo descriveva l’Occidente come una società dello spettacolo, della crisi e della guerra, una società che si è trasformata da democrazia a plutocrazia. In questo contesto, spiega Losurdo, si sono persi anche i concetti (sinistra/destra/democrazia, fascismo, antifascismo, ecc.). Come può quindi una sinistra che non è più tale mettere in discussione concetti come “multiculturalismo”? Questi strumenti sono andati perduti per questo movimento politico. La sinistra in Occidente si è trasformata in un establishment di giogo, conforme al mercato e fedele al governo, affiancata da un moralismo che è un possibile sostituto della religione e dell’ideologia e che è tutt’altro che progressista.
Parliamo di populismo. In Italia, una decina di anni fa, il Movimento 5 Stelle era definito. “populista”, in quanto partito che sulla carta metteva in discussione l’UE, anche se poi ha finito per adattarsi al sistema. Cosa pensa che intenda la stampa europea quando parla di “populismo”?
Beh, la stampa in Occidente – posso giudicarlo meglio in Germania – usa certi termini in modo inflazionato finché nessuno sa più esattamente cosa significhino: “controverso”/“populismo”. Se si considerano i media come un fattore di potere politico a sé stante, cosa che indubbiamente sono, allora l’accusa di populismo è meglio traducibile come “critica verso il governo”. I partiti, i movimenti, i media e gli individui che criticano il governo, soprattutto se si tratta di un governo transatlantico, vengono diffamati dai media transatlantici. Tuttavia, questo non funziona più bene come un tempo, poiché l’“egemonia culturale”, per citare Antonio Gramsci, esiste ancora, ma è offuscata.
A prima vista, si potrebbe pensare che le posizioni della BSW siano caratterizzate da nostalgia storica, cioè da un certo idealismo. Tuttavia, a quanto mi risulta, i temi principali della BSW sono piuttosto l’economia, la giustizia sociale e le relazioni internazionali. A quali esperienze con il passato tedesco o globale si riferisce questo approccio? A che punto è il dibattito sull’UE e sulla NATO?
Personalmente, avendo osservato da vicino il partito fin dalla sua fondazione, e anche prima, considero la BSW un partito di “realismo tedesco” in termini di programma, almeno per quanto riguarda il tentativo di tenere conto delle realtà nei settori dell’economia, della cultura, dell’istruzione e, soprattutto, della politica estera. La BSW, grazie alla sua fenomenale ascesa in un brevissimo lasso di tempo, ha rivitalizzato il dibattito e ridisegnato il panorama politico della Germania, o è in procinto di farlo, come dimostrano in modo impressionante i negoziati di coalizione negli Stati federali della Germania orientale.
Tuttavia, non si può pensare che l’adesione all’UE o alla NATO possa essere messa seriamente in discussione. Ma si deve pretendere che la critica alla linea di politica estera di Berlino, che non è propria ma segue le linee guida di Washington, sia ora nuovamente discussa anche a livello parlamentare, dopo che la sinistra, ma soprattutto i Verdi, hanno completamente fallito su questo tema.
In uno dei Suoi articoli ho visto un grafico dell’Hans-Böckler-Stiftung, nel quale, rispetto alle elezioni statali di un anno fa, viene illustrato il flusso di voti che da allora si sono spostati a favore della BSW. Ho notato alcune percentuali. Il 21% proveniva dall’AfD e solo il 3% dai Verdi. Come spiega questa discrepanza? Dove sono i punti di contatto tra il discorso dell’AfD e quello della BSW?
I punti di contatto sembrano risiedere nelle questioni di politica estera, nella questione della pace in Ucraina e nella critica al sostegno a Kiev, che sembra quasi incondizionato. Tuttavia, l’ala transatlantica dell’AfD è considerevole, anche se al momento non è visibile, poiché i successi elettorali si stanno verificando nell’est, dove questa corrente è molto più debole. Per il resto, non riconosco quasi nessun punto di contatto tra i due partiti.
Il Suo nuovo libro sulle origini della BSW sarà pubblicato all’inizio del 2025. Può dirci cosa l’ha spinta a scriverlo? Quanto è forte il contributo politico e culturale dell’esperienza della DDR nel progetto della BSW? E naturalmente: cosa si aspetta per il futuro di questo partito?
Il mio nuovo libro “L’impresa di Wagenknecht” è più che altro un’istantanea di questa nuova forza politica, anche se naturalmente anche le origini di questo movimento politico ancora molto giovane giocano un ruolo importante. Mi ha affascinato particolarmente la dinamica di questo processo, il dibattito politico che ha scatenato, ma anche la popolarità e l’afflusso di elettori. L’accoglienza mediatica nei media tedeschi è stata critica in negativo fin dall’inizio, per le ragioni sopra citate, che hanno avuto un ruolo anche al momento di iniziare a lavorare a questo libro. Per quanto riguarda il futuro, c’è un rischio sotto forma di fallimento di un progetto politico, non tanto a causa della competizione politica, ma a causa dei propri errori, basati su decisioni personali sbagliate. Ma al momento sembra più probabile che la BSW si affermi come forza politica duratura, portando l’eredità sia della politica di sinistra dell’Est, ma anche della SPD a Ovest, come rappresentante degli interessi di una parte considerevole della popolazione, con una retorica e un programma socialdemocratico classico di cui non si trova ormai più molto nell’SPD di oggi, anzi, niente di niente, almeno a livello federale.
Un altro suo libro si intitola “L’età dell’idiozia: come l’Europa si gioca il suo futuro”. A questo punto, vorrei farLe una domanda. Ora ci sono tutte le prove e le ammissioni che dimostrano che il gasdotto Nord Stream sia stato fatto esplodere in un’operazione congiunta di Polonia e Ucraina. Ciò significa che non solo il movente, ma anche la natura del gioco sporco dei fautori europei della guerra, sembra essere chiaro a tutti. Come reagisce la società tedesca a queste rivelazioni?
La società tedesca ha reagito in modo sorprendentemente calmo, anzi non ha proprio reagito, considerando le dimensioni di questo incidente oltraggioso e di chi ha commesso il reato, il che può anche essere dovuto al fatto che i dibattiti sociali si concentrano sulle banalità, sullo spettacolo che Losurdo aveva deplorato. Naturalmente, i principali media hanno ancora abbastanza influenza tanto da non parlare affatto di certi argomenti, o solo superficialmente, mentre altri vengono ancora pubblicizzati. “Le dittature del futuro saranno molto diverse da quelle che abbiamo visto in passato. […] governeranno ottenendo il consenso delle persone che le governano, aggirando il lato razionale delle persone e facendo appello al loro subconscio, alle loro emozioni più profonde, in modo che le persone amino la loro schiavitù”, scriveva Aldous Huxley già nel 1959.
Il 3 ottobre scorso si è svolta a Berlino una grande manifestazione per la pace. In Italia non si può dire che siano mancate le manifestazioni per la pace negli ultimi due anni, nonostante i divieti. Tuttavia, queste manifestazioni in Italia sono spesso promosse da ambienti di sinistra che vedono Putin come un dittatore e sostengono la resistenza ucraina all’aggressione. Come vede il futuro di queste manifestazioni e, più in generale, il futuro del pacifismo in Europa?
Uno degli organizzatori di Berlino ha parlato di una “rivitalizzazione” del movimento per la pace ed era evidente che molti giovani di ogni estrazione sociale erano di nuovo presenti. In “Perché la guerra?”, il libro con il famoso carteggio tra Albert Einstein e Sigmund Freud del 1933, si legge: ‘Tutto ciò che promuove lo sviluppo culturale funziona anche contro la guerra’. Con queste parole Freud conclude la sua breve corrispondenza con Einstein del 1933, pubblicata dalla Società delle Nazioni nello stesso anno con il titolo. Il patriottismo non è più utile nemmeno in tempo di pace. I problemi del nostro mondo sono planetari. Il pacifismo e il movimento per la pace non sono sempre la stessa cosa, ma sono atteggiamenti politici di base che sembra valga la pena di sostenere in un’epoca di bellicismo marcio, come è ora rappresentato anche dagli ambienti della sinistra liberale. Il movimento per la pace esisterà finché ci saranno guerrafondai, si spera, perché è di un’attualità opprimente che noi europei ci sottraiamo alle linee guida di Washington e formuliamo i nostri approcci geopolitici.
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