
Pubblichiamo come contributo alla discussione, una prima analisi sulla nuova presidenza Trump
di Davide Rossi
La terza guerra mondiale auspicata dai liberal – liberisti occidentali, fomentatori della globalizzazione speculativa e finanziaria con annesso furto permanente delle materie prime energetiche e alimentari del Sud del mondo nei prossimi quattro anni non ci sarà.
Di più, l’orripilante democrazia liberale, tanto cara ai governi europei e ai loro menestrelli mediatici, molto meno ai cittadini che quando possono votano qualsiasi cosa pur di trovare un’alternativa, è definitivamente morta, ma temo prepari pericolosi colpi di coda.
Il certificato mortuario della liberal democrazia globalista si è visto ieri con i grigi e spaesati coetanei di Trump, Clinton e Bush, sguardo vacuo, mummie ben assortite.
L’Europa invece di avere un ruolo nel futuro, si sta trasformando nel baluardo violento degli antichi poteri speculativi e predatori, essi giocheranno da soli tanto contro il multipolarismo sino – russo, quanto contro il neo-imperialismo trumpiano, anche in modo armato, come il fronte anglo – polacco – baltico minaccia, con una guerra contro la Russia senza la NATO formato Donald. Fine peggiore per il vecchio continente non si potrebbe immaginare. Trump impone la pace in Ucraina e in Palestina non per amore dei russi, di Putin o dei bambini di Gaza, ma perché ha visto le cifre buttate dai democratici in questi anni per Zelenskij e i sionisti e ha detto chiaro e tondo che lui non ci mette un centesimo.
Veniamo allora al ritorno dell’impero.
Donald Trump ci ha liberato dalla terza guerra mondiale e per questo c’è da essergli grati, ma non è certo diventato un fautore del multipolarismo.
Anzi, ha ribadito con forza la necessità dell’imperialismo a stelle e strisce, nessuna guerra coi cannoni, ferocissime guerre commerciali e culturali.
Un solo elemento unisce il fronte multipolare sino – russo e il neo – imperialismo trumpiano, la convinzione che la politica debba prevalere sui poteri economici e che l’economia interna di ciascuna nazione preveda un potente sviluppo del settore industriale e manifatturiero.
Tutto il resto li divide e non potrebbe essere altrimenti.
Trump ha scartato l’ipotesi di guerra armata contro la Cina e la Russia, auspicata dai liberal democratici statunitensi ed europei, per partire invece dalla ricostruzione egemonica di Washington nelle Americhe e nell’Atlantico.
Saranno tempi duri per Cuba e il Nicaragua, per il Brasile e il Venezuela, soprattutto per il Messico, non tanto per la questione migratoria, quanto perché il suo governo è vicino alla proposta multipolare.
In questa ottica si pone per Trump il ripristino del controllo commerciale e militare del canale di Panama e al contempo il consolidamento del controllo della Groenlandia, di cui per altro la Danimarca ha delegato alla Casa Bianca la tutela militare dal 1945, Trump vuole intensificarla per mettere le mani sulle terre rare, prima che arrivi una proposta di investimenti cinese o russa.
Fico e Orban a Washington non si sono presentati ed è chiarissimo perché, ambiscono a un’Europa emancipata dal liberal liberismo, ma indipendente rispetto al conflitto imperialismo/multipolarismo, libera di poter dialogare e intrattenere relazioni commerciali con entrambi gli schieramenti in conflitto e per questo sono odiati dal resto dell’Europa politica.
Giorgia Meloni ha scelto il neo – imperialismo, scavalcando di molto i suoi alleati di governo, i forzitalioti eurosuccubi e i leghisti più orientati a un’equidistanza orbaniana. D’altronde nel 2018/19 sono stati Conte e Salvini a portare Putin e Xi Jinping al Quirinale.
Ci apprestiamo a un nuovo mondo vivacemente e pesantemente in conflitto.
Lo scontro tra multipolarismo e neo – imperialismo deciderà le sorti del secolo e non vi è dubbio che non solo i marxisti, ma tutte e tutti coloro che auspichino un pianeta più giusto e partecipato, capace di scelte condivise prese da tutte le nazioni, debba risolutamente schierarsi con la proposta sino – russa di un nuovo ordine mondiale, i popoli del Sud globale lo hanno inteso benissimo e si stanno schierando nettamente, ogni giorno più numerosi.
Restano due variabili imprevedibili, l’Europa politica dei Macron e delle Von der Leyen, nemica di entrambe le proposte e con solidi agganci in quella blasfema e criminale finanza speculativa transazionale che stenta a trovare un accordo col trumpismo e in ogni caso avversa il multipolarismo, quindi l’India, che ha visto Modi uscire acciaccato dal 2024, ma comunque deciso, in ragione dell’essere alla guida della prima nazione per popolazione e terza per economia, di proporre un mondo a guida indiana, un imperialismo tanto futuribile, quanto pericoloso, che in ogni caso sarebbe sbagliato irridere o sottovalutare.
Un’ultima considerazioni la meritano i due giganti oceanici, Australia e Nuova Zelanda, da sempre al servizio di Washington, oggi vivranno l’imbarazzo di scegliere tra rinnovato asservimento alla Casa Bianca, oppure diventare baluardo del vecchio liberal liberismo alleandosi con i decadenti europei e le trame belliciste del sistema speculativo, o ancora tentare l’imprevedibile, stringendo un’alleanza con il nascente imperialismo indiano.
Di sicuro abbiamo una certezza, la storia non è finita, con buona pace dell’inetto Francis Fukuyama, ma in questo gennaio 2025 ha ripreso a correre molto più velocemente di quanto potessimo immaginare.
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