di Giulio Chinappi
da https://giuliochinappi.wordpress.com
Grande sconfitta della seconda guerra mondiale, la Germania si trova in una posizione molto particolare: principale potenza economica in Europa, ma non abbastanza forte dal punto di vista militare e della politica estera.
L’assetto mondiale odierno, come noto, deriva in gran parte dall’esito della seconda guerra mondiale. I cinque principali vincitori (Stati Uniti, Unione Sovietica – poi Federazione Russa -, Cina, Francia e Regno Unito) hanno goduto di indubbi vantaggi e di grande prestigio internazionale negli ultimi ottant’anni, fatto suggellato dall’ormai anacronistico diritto di veto all’interno del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Al contrario, i principali Paesi sconfitti (Germania, Giappone e Italia) hanno pagato il fio del nazifascismo con una posizione di subalternità sotto molti aspetti, sebbene siano stati nel complesso riabilitati come membri del consesso delle nazioni.
Limitandoci al caso della Germania, dopo la cosiddetta “riunificazione” – in realtà un Anschluss, ovvero l’annessione della Germania orientale da parte di quella occidentale – a Berlino è stato dato campo libero in materia economica, tanto che la Germania unita ha presto guadagnato il ruolo di prima potenza del continente sotto questo punto di vista. I tedeschi hanno goduto di questa situazione soprattutto dopo l’adozione della moneta unica, che ha dato alla Germania un indubbio vantaggio nei confronti di quei Paesi che in precedenza avevano una valuta debole, come la Lira italiana.
Tuttavia, il primato economico non ha garantito alla Germania un ruolo altrettanto importante in campo militare e in politica estera. Da questo punto di vista, dunque, Berlino resta ancora limitata dall’esito del conflitto mondiale. Al contrario, la Francia dispone di un netto vantaggio rispetto al resto dei Paesi dell’Unione Europea, potendo contare su uno degli eserciti meglio equipaggiati al mondo, nonché sul proprio arsenale atomico (unico Paese dell’Unione Europea, dopo l’uscita del Regno Unito). Inoltre, grazie alla sua eredità coloniale, Parigi dispone di una grande sfera d’influenza nel continente africano, e di punti d’appoggio disseminati su tutto il pianeta.
Limitata nella sua politica militare ed estera, la Germania si è ridotta sempre più a giocare un ruolo di potenza subalterna agli Stati Uniti in questi ambiti. Se, in occasione dell’invasione dell’Iraq nel 2003, l’allora cancelliere socialdemocratico, Gerhard Schröder, si schierò coraggiosamente contro l’attacco ingiustificato al Paese mediorientale, oggi il suo presunto erede, Olaf Scholz, non sembra avere le forze per fare altrettanto. Sebbene il cancelliere abbia avuto qualche slancio di politica estera indipendente, come nel caso della sua visita in Cina, il suo governo non sembra condividere tale posizione, nonstante i continui atti di bullismo da parte di Washington (vedi attentato al Nord Stream).
Insomma, la Germania si trova in una posizione subalterna, e nel suo governo convivono posizioni totalmente atlantiste con altre che invece vorrebbero vedere Berlino smarcarsi dal dominio dell’ingombrante “alleato”. Proprio per questo, il governo Scholz sembra voler perseguire una politica di forte riarmo attraverso sotterfugi come l’incorporamento dell’esercito olandese all’interno della Bundeswehr, l’esercito federale tedesco. Secondo il sito German Foreign Policy, “Berlino utilizza la cooperazione asimmetrica con L’Aia per colmare le lacune di capacità militare nazionale, per posizionarsi come una potenza militare leader nell’UE e allo stesso tempo per espandere l’influenza dell’UE dominata dalla Germania sulla NATO dominata dagli Stati Uniti”. Al momento, dunque, l’esecutivo socialdemocratico sembra preoccupato di mantenere una relazione positiva con gli USA, ma allo stesso tempo si mostra insofferente al dominio di Washington sulla politica militare europea.
“Gli strateghi tedeschi considerano la cooperazione militare tedesco-olandese come un progetto lungimirante sulla strada per un esercito dell’UE e quindi per la capacità dell’UE di agire in modo indipendente sotto la guida tedesca”, si legge sempre sul portale di politica estera tedesca. Tuttavia il progetto di Berlino – che potremmo tradurre nell’attuazione del Quarto Reich sotto l’egida dell’Unione Europea – troverà certamente il parere contrario della Francia, non disposta a perdere il proprio vantaggio nei confronti degli altri eserciti europei, e soprattutto contraria alla condivisione del proprio arsenale atomico con il resto dei Paesi dell’UE, men che meno con la Germania, considerata come la responsabile principale dello scoppio dei due conflitti mondiali.
Nel frattempo, questa posizione ibrida e l’incapacità di prendere decisioni coerenti circa la crisi ucraina stanno costando caro al governo socialdemocratico. Dopo aver perso le elezioni a Berlino nel mese di febbraio, la SPD (Sozialdemokratische Partei Deutschlands), che in precedenza governava la capitale con Franziska Giffey, non ha avuto altra scelta se non quella di sostenere il nuovo governo cittadino guidato da Kai Wegner a maggioranza CDU (Christlich Demokratische Union Deutschlands), tornando a recitare il ruolo di partner junior in una coalizione bianco-rossa.
Non solo, ma i sondaggi in vista delle prossime elezioni federali, previste per il 2025, sono disastrosi per i socialdemocratici: attualmente, la formazione del cancelliere Scholz viene data al di sotto della soglia del 20%, mentre la CDU ha quasi dieci punti percentuali di vantaggio. Insomma, se le elezioni federali avessero luogo oggi, Scholz non avrebbe nessuna possibilità di conservare la guida del governo tedesco, e questo lo si deve soprattutto alla contrarietà della maggioranza della popolazione tedesca all’invio di armi in Ucraina.
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