Libano, un paese pluri-confessionale e immobile

di Maria Morigi

La Repubblica del Libano è un paese allo stremo, segnato da blackout elettrici, scarsità di cibo e benzina, con una valuta che ha perso il 95% del suo valore e tre quarti della popolazione ridotta in povertà. Si trova da anni in una crisi economica durissima, aggravata dalla crisi politica che impedisce ogni tentativo di riforma. Nel corso della storia recente ci sono stati omicidi politici clamorosi come quello del primo ministro Rafiq Hariri, nel 2005. La paralisi, in parte provocata dalla corruzione e impreparazione della classe politica, è oggi confermata dall’esito del voto del 15 maggio

16 Candidati riformisti indipendenti anti-establishment, nati durante le proteste antigovernative del 2019, hanno ribaltato l’ordine nel Parlamento unicamerale, con un aumento di 15 seggi rispetto al 2018, mentre Hezbollah, il “Partito di Dio”, organizzazione paramilitare sciita e forza politica di gran lunga più influente del paese nata nel corso della guerra civile, ha perso la maggioranza che deteneva dal 2018. La coalizione guidata da Hezbollah ha ottenuto 62 seggi su 128, meno dei 65 necessari per la maggioranza. Il Movimento patriottico libero Free (Fpm), alleato di Hezbollah è stato superato e ora ha 17 seggi, 3 in meno rispetto al voto precedente. Altri alleati di Hezbollah hanno perso i loro leader (il druso Talal Arslan ed Aley e il sunnita Fausal Karame a Tripoli). Il gruppo Amal, principale alleato sciita di Hezbollah, ha mantenuto invece i 27 seggi degli sciiti. Le Forze libanesi di Samir Geagea, partito cristiano ostile a Hezbollah e legato all’Arabia Saudita, hanno superato il Movimento patriottico libero (Cpl) del presidente Michel Aoun e contano ora il blocco più numeroso in parlamento con 19 seggi, superando il Fpm.

Tuttavia la paralisi del Libano è anche dovuta al sistema di governo, un unicum nell’area del vicino Oriente creato per garantire concordia tra le varie comunità, ma ormai diventato uno dei principali fattori di crisi.

Le religioni riconosciute sono 18 e tale varietà religiosa ha prodotto un sistema di governo e di amministrazione di tipo “confessionale”, con le cariche attribuite in quote rigide sulla base della confessione religiosa. Fin da quando il Libano era parte dell’Impero Ottomano, ha sempre garantito e vantato la convivenza di comunità cristiane con comunità islamiche (ad esempio il sistema ottomano prevedeva un Governatore cristiano cui erano sottoposti 12 rappresentanti delle principali comunità religiose). Quando il Libano divenne protettorato francese, il sistema fu confermato dalla Costituzione del 1926: in base ai risultati del censimento del 1932 il Parlamento fu diviso tra cristiani (maggioranza) e musulmani, in quote di 6 a 5.

Nel 1943, dopo l’indipendenza, fu istituito il Patto Nazionale (ancora in vigore con numerose modifiche) che confermava il sistema di governo di tipo confessionale. Poiché l’ultimo censimento ufficiale era quello del 1932, rimasero le quote di 6 a 5 in favore dei cristiani, che ebbero sempre la maggioranza in Parlamento. Nel frattempo però la popolazione musulmana era aumentata creando squilibri che portarono alla gravissima guerra civile del 1975 conclusa soltanto nel 1990. Dopo un complicato negoziato, gli accordi di pace di Taif (città in Arabia Saudita) trovarono un fragile equilibrio ponendosi nel contempo l’obiettivo di uscire gradualmente dal sistema confessionale. Tuttavia finirono per legittimare lo stesso sistema.

Rispetto al periodo antecedente alla guerra civile, oggi il rapporto della rappresentanza parlamentare è paritario (1 a 1) e non più 6 a 5 in favore dei cristiani. Significa che dei 128 deputati del Parlamento libanese, 64 devono essere cristiani e 64 devono essere musulmani o drusi. Gli accordi di Taif hanno inoltre limitato i poteri esecutivi del presidente, trasferendoli al governo (e dunque alla comunità musulmana sunnita, che esprime il primo ministro)i. Inoltre le varie comunità religiose hanno diritto a una quota fissa e immutabile di seggi in Parlamento, che si ottiene con l’organizzazione dei distretti elettorali. Il che significa che l’assetto parlamentare è inalterato, con lo stesso numero di seggi per ciascun gruppo ii. Significa anche che le forze politiche, temendo di perdere i vantaggi delle proprie quote di influenza, continueranno ad evitare di riformare il sistema.

Ora realisticamente si osserva che il frammentato sistema confessionale–settario, anziché fare da garanzia, rende la vita politica polarizzata e violenta, amplifica le divisioni, disincentiva la creazione di formazioni solide e favorisce la diffusione della corruzione tra la classe politica affinché la propria fazione mantenga una sicura quota di potere. In pratica un sistema immobile che esclude possibilità di partecipazione a categorie poco rappresentate che non siano quelle religiose, donne e giovani, ad esempio. I partiti politici di fatto non sono espressione dell’elettorato, ma strumento politico dei leader. La conseguenza è l’immobilismo: niente riforme che sarebbero necessarie per risollevare l’economia, perché nessun partito o gruppo parlamentare se ne assume il carico. Anche dopo l’esplosione nel porto di Beirut del 2020 è solo per le massicce proteste popolari che qualcuno si è dimesso, ma in realtà è stato tutto uno scaricare responsabilità e reciproche accuse per controlli mancati.

Note:

iLe cariche politiche in Libano sono divise in modo vincolante:

– il Presidente della Repubblica: cattolico maronita (i maroniti sono una Chiesa di rito orientale dipendente dalla Chiesa cattolica e costituiscono la stragrande maggioranza della popolazione cristiana)

– il primo ministro: musulmano sunnita;

– il Presidente del Parlamento: musulmano sciita;

– il vicepresidente del Parlamento e il vice primo ministro: cristiani greco-ortodossi;

– il capo dell’esercito: druso (setta musulmana vicina agli sciiti).

iiCristiani (Cattolici maroniti: 34 seggi; Cristiani greco-ortodossi: 14 seggi; Cattolici greco-melchiti: 8 seggi; Apostolici armeni: 5 seggi; Cattolici armeni: 1 seggio; Protestanti evangelici: 1 seggio; altre minoranze cristiane: 1 seggio).

Musulmani (Sunniti: 27 seggi; Sciiti: 27 seggi; Alaviti: 2 seggi; Drusi: 8 seggi).

Unisciti al nostro canale telegram