di Marco Pondrelli
È indubbio che il bilancio che gli Stati Uniti traggono da 20 anni di guerra infinita è ampiamente negativo. All’alba del nuovo millennio Washington tentò di riscrivere la mappa mediorientale per bloccare l’ascesa cinese e per disgregare ulteriormente la Russia, ad un declino economico ed egemonico si rispondeva spostando la propria azione sul piano militare. L’Impero che si credeva unico ed invincibile ha rifiutato il diritto internazionale (o meglio ha preteso di riscriverlo a proprio uso e consumo) dichiarando e combattendo guerre che hanno causato milioni di morti, senza alcun mandato internazionale. Anche la politica italiana ha seguito pedissequamente i diktat di Washington confondendo il ruolo dell’ONU con quello della NATO e tentando di abbellire massacri e torture che avvenivano per il mondo con vaghi appelli alla democrazia o ai diritti delle donne.
La sconfitta della strategia statunitense si articola in 4 punti:
- militare, il Paese che spende oltre 700 miliardi di dollari per la ‘difesa’ è stato umiliato sia in Afghanistan che in Iraq. Qual era lo scopo di questi conflitti? Creare zone di destabilizzazione (dall’Afghanistan non solo passerà la via della seta ma si può sostenere il terrorismo dello Xinjiang), impedendo la nascita di un potere centrale stabile. Il recente ritiro (ma sarebbe più corretto parlare di fuga) da Kabul non ha fatto che consacrare una sconfitta maturata da tempo, l’accordo sottoscritto da Trump prevedeva il blocco degli attacchi da parte dei talebani in cambio del ritiro, questo perché la situazione sul terreno era chiara: i talebani, piaccia o meno, avevano già vinto. Quando alcuni Paesi (fra cui l’Italia) hanno criticato i tempi ed i modi la risposta di Biden è stata ‘chi vuole può rimanere’, sappiamo come è andata…
- economica. Le guerre sono costate cifre enormi, non solo in termini monetari ma anche di vite umane, ai morti sul terreno vanno aggiunti circa 30.000 reduci suicidatisi in Patria ed anche coloro che vivono conseguenze fisiche e mentali delle guerre divenuti un problema sociale. Ancora più grave è la crisi economica che Washington sta vivendo, con 100 milioni di poveri, un’economia reale che rimane al palo ed un’economia finanziaria totalmente fuori controllo che ha riempito le famiglie americane (e il mondo) di titoli tossici che non valgono neanche la carta su cui sono stampati.
- Geopolitica. Quando nella seconda metà degli anni ’90 Brzezinski definì gli obiettivi statunitensi per esercitare l’egemonia mondiale nel XXI secolo, capì che il tassello fondamentale era il continente Euroasiatico, occorreva impedire la nascita di uno Stato egemone. Per fare questo era ed è necessario, nell’ottica statunitense, bloccare la crescita cinese. La Cina non solo sta crescendo al proprio interno (800 milioni di poveri in meno) ma, come anche la gestione della pandemia ha dimostrato, il prestigio e la forza internazionale della Cina sta crescendo, attraverso la nuova via della seta Pechino lancia un messaggio di pace e speranza anche all’Occidente, dimostrando la forza del modello di socialismo con caratteristiche cinesi.
- Di immagine o di soft power. L’immane numero di morti, le torture e le menzogne che hanno segnato la storia statunitense degli ultimi 20 anni hanno indignato il mondo (con l’eccezione dei politici e degli opinionisti italiani). Se gli USA nell’89 si presentavano come l’Impero del Bene oggi dobbiamo prendere atto che sono riusciti ad esportare solo guerra, povertà, tortura e morte.
Questa premessa era necessaria per comprendere la nuova strategia USA. Nel 2016 fra la Clinton e Trump c’erano prospettive differenti sulla politica estera, mentre fra Trump e Biden nel 2020 le differenze si erano ridotte. Gli USA vogliono aprire una nuova fase che ricorda quella del secondo dopoguerra, ad una nuova Jalta si legherà una nuova guerra fredda. È in quest’ottica che va analizzato lo scontro con la Russia sull’Ucraina.
Negli ultimi tempi le posizioni anti-russe si sono rafforzate ed anche in Italia alcuni organi d’informazione hanno accusato Putin di volere invadere l’Ucraina. Mentre l’Occidente accusava di questo Mosca la NATO mostrava i muscoli sui confini e la UE bloccava l’apertura del North Stream 2 facendo ulteriormente salire il prezzo del gas ed accusando Putin di tenerlo volutamente alto.
La NATO si sta preparando alla guerra? No, esattamente il contrario gli USA non vogliono uno scontro con Mosca ma vogliono raffreddare il fronte europeo perché sono consci che la vera partita si gioca nell’Indo-Pacifico. Il fatto che Washington abbia chiarito che in caso di un (ipotetico) attacco russo a Kiev non interverrà militarmente ma si limiterà a sanzioni economiche, è un chiaro segnale che per il momento non si parla di un ingresso dell’Ucraina nella NATO ed allo stesso tempo come ha dichiarato Michael O’Hanlon del Brookings Institution che nessuno vuole ‘combattere per Kiev1‘. Durante la guerra fredda c’era un rischio concreto di un conflitto nucleare, così come i sovietici sapevano che le loro città sarebbero state bombardate con ordigni nucleari, gli americani erano consci che un attacco a New York, Los Angeles, Dallas avrebbe causato milioni di morti, allo stesso tempo era chiaro che la difesa di Berlino ovest o di Tokyo avrebbe avuto questo prezzo. Oggi la situazione è diversa per gli occidentali sarebbe difficile convincere i propri popoli che Kiev valga una guerra. Tutto queste considerazioni portano a pensare che oggi una guerra in Europa non sia all’ordine del giorno.
L’obiettivo statunitense rimane il contenimento della Cina e l’Indo-Pacifico. Se questo è il fronte principale occorre spostare risorse in quel quadrante ed in quest’ottica la difesa comune europea non sarebbe uno schiaffo a Washington ma svolgerebbe un ruolo complementare a quello degli USA. La strategia statunitense è duplice, oltre a spostare risorse Washington si vuole incuneare fra Cina e Russia in quella che somiglia sempre più ad un’alleanza.
Concretamente la soluzione alla crisi ucraina la si può trovare negli accordi di Minsk riconoscendo al Donbass una speciale autonomia in grado di tutelare quelle popolazioni ed allo stesso tempo di impedire un ingresso dell’Ucraina nella Nato, probabilmente Washington è pronta ad offrire un accomodamento (se non addirittura un riconoscimento ufficiale della Crimea russa). Assieme ad un accomodamento sulla questione ucraina gli USA potrebbero essere disponibili ad assecondare le proposte russe per una distensione nel quadrante europeo, ovverosia ‘non più espansione verso est dell’alleanza e garanzie di non schierare truppe o armi nei paesi che hanno aderito al blocco dopo il 1997. Le richieste russe prevedono anche restrizioni reciproche sul dispiegamento di missili a corto e medio raggio e una maggiore condivisione delle informazioni sulle esercitazioni militari, tra le altre cose2‘. Questo accordo potrebbe provocare qualche mal di pancia a Kiev e fra qualche altro Stato russofobo dell’est Europa ma difficilmente questa opposizione farebbe saltare l’intesa.
Questo scenario oggettivamente non favorirebbe la Cina ma realisticamente Pechino non può sperare che le tensioni Ucraine permangano distraendo così gli USA dal fronte principale. È prevedibile che le scelte russe non avranno ripercussioni negative sui rapporti con la Cina. La risposta migliore è stato l’incontro (virtuale) fra Putin e Xi Jinping. Incontro nel quale, a mio avviso, l’elemento più significativo è il ruolo che Mosca può giocare verso l’India, un incontro fra i leader dei tre Paesi sarebbe anche solo simbolicamente importantissimo.
Per la Russia e per la tenuta dell’asse con la Cina l’anno fondamentale sarà il 2024, gli USA stanno mandando un messaggio agli ambienti moscoviti filo-occidentali, con cui Putin non ha mai chiuso i rapporti. Questo messaggio è chiaro l’Occidente (cioè gli USA) è pronto ad accogliervi al proprio interno ma solo se sarete pronte a rompere l’asse con Pechino. Se nel 2024 Putin dovesse ricandidarsi la continuità sarebbe garantita altrimenti si aprirebbero scenari differenti, anche se si può escludere un ripetersi degli anni bui di Eltsin.
Ucraina, Afghanistan, Siria, accordo AUKUS sono i primi tasselli di un nuovo ordine mondiale che sta nascendo, non è il migliore dei mondi possibili, non rappresenta un futuro di integrazione e di cooperazione ma allo stesso tempo non è un futuro di guerra.
Note:
1Mastrolilli Paolo, “Vi svelo l’arte della guerra in tempo di pace”, la repubblica, 28 dicembre 2021
2Mackinnon Amy, What’s Behind Russia’s Latest Demands, https://foreignpolicy.com/2022/01/05/putin-russia-ukraine-europe-nato-security-zelensky-war-build-up/