di Giulio Chinappi
da https://giuliochinappi.wordpress.com
La Russia viene accusata di schierare truppe al confine con l’Ucraina, ma le Repubbliche Popolari di Doneck e Lugansk sono territori indipendenti sotto attacco da parte di Kiev.
L’aumentare delle tensioni tra la Federazione Russa e il blocco occidentale a guida statunitense circa la cosiddetta “questione ucraina” hanno fatto scatenare la stampa filoimperialista, che già grida alla ventura invasione dell’Ucraina da parte delle forze di Mosca. In effetti, la Russia sta schierando le proprie forze nella regione, ma non al confine con il territorio ucraino, bensì con le Repubbliche Popolari di Doneck e Lugansk, che sono territori de facto indipendenti da Kiev.
Per coloro che hanno la memoria corta, il colpo di Stato che ha avuto luogo in Ucraina nel febbraio 2014, con la conseguente deposizione del presidente legittimo Viktor Janukovyč, portò successivamente alla nascita di un governo nazionalista antirusso, che impose forti restrizioni e pesanti disciminazioni alla popolazione di etnia e lingua russa. Fu allora che, il 7 aprile, la Repubblica Popolare di Doneck (RPD) dichiarò unilateralmente la propria indipendenza, seguita, il 12 maggio, dalla Repubblica Popolare di Lugansk (RPL). In precedenza, l’11 marzo, anche la Repubblica Autonoma di Crimea aveva proclamato l’indipendenza, per poi entrare a far parte della Federazione Russa in seguito all’esito del referendum organizzato il 16 marzo.
Se si considera il quadro, appare chiaro come sia l’Ucraina, naturalmente per conto della NATO, a minacciare militarmente l’indipendenza delle due repubbliche, mentre la Russia si schiera a difesa della RPD e della RPL in quanto abitate in maggioranza da una popolazione di etnia e lingua russa. Da tempo, l’imperialismo occidentale usa l’Ucraina come una propria pedina all’unico scopo di provocare Mosca, come nel caso delle esercitazioni militari tenute illegalmente dalla NATO nelle acque della Crimea. Lo scopo sembra essere proprio quello di causare un incidente, per poi dare la colpa alla Russia per lo scoppio di un eventuale conflitto armato.
Secondo quanto affermato dalle autorità militari di Lugansk, le forze armate ucraine hanno intensificato di recente le proprie attività nella regione del Donbass al fine di dare vita a spedizioni punitive contro le due repubbliche autoproclamate. Secondo i dati dell’intelligence della RPL, inoltre, i membri della 35ma brigata di fanteria navale separata sono stati schierati nella regione di Odessa, al fine di essere inviati al confine con la Repubblica Moldava di Pridnestrovie, meglio nota come Transnistria, altra repubblica autoproclamata filorussa. Anche i vertici militari di Doneck hanno confermato di aver rilevato le unità delle forze armate ucraine dispiegate nella regione del Donbass in vista di un’offensiva.
La posizione del Cremlino sulla “questione ucraina” è sempre stata limpida, ed è stata ribadita in queste ore da Gennadij Kuzmin, vice rappresentante permanente russo alle Nazioni Unite. Il diplomatico ha affermato che i governi e i media occidentali stanno enfatizzando la presunta minaccia russa al fine di giustificare un aumento del flusso di armamenti verso l’Ucraina, il che potrebbe causare una intensificazione degli scontri armati con le due Repubbliche Popolari. Kuzmin ha accusato le potenze della NATO di “continuare a pompare armi all’Ucraina, inviando i loro consiglieri militari e connivendo con le provocazioni dell’Ucraina invece di costringerla ad attuare gli accordi di Minsk che sono stati approvati dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite”. “Questo significa che i bambini, gli anziani e le donne contro cui le autorità di Kiev hanno condotto una guerra non dichiarata continueranno a essere uccisi”, ha aggiunto.
Anche il portavoce del Cremlino, Dmitrij Peskov, ha affermato che l’obiettivo di Washington è quello di fomentare le tensioni in Ucraina: “Non è cambiato nulla in termini di ciò che sta accadendo per quanto riguarda l’aspetto informativo e di ciò che di fatto stanno facendo gli Stati Uniti per fomentare le tensioni. Stiamo osservando con grande preoccupazione le azioni degli Stati Uniti“, ha sottolineato Peskov, riferendosi all’annuncio fatto lunedì scorso dal segretario stampa del Pentagono John Kirby, secondo il quale gli Stati Uniti erano pronti a inviare 8.500 soldati in Europa.
Secondo Andrej Kortunov, direttore generale del Consiglio per gli affari internazionali della Russia, intervistato dall’agenzia stampa TASS, i Paesi paesi occidentali potrebbero tentare di mettere in scena una provocazione che coinvolge l’Ucraina alla vigilia dei Giochi Olimpici invernali di Pechino 2022. “È ovvio che il fattore olimpico può fungere da catalizzatore, perché l’attenzione sarà focalizzata su cose diverse per un po’. I partner occidentali potrebbero vedere questa come una finestra di opportunità. Si spera che non succeda nulla di simile, ma i Giochi Olimpici non sono certo un fattore per allentare le tensioni“, ha detto.
Kortunov ha fatto riferimento anche a quanto accaduto nel 2008, quando, in occasione dei Giochi estivi che si tennero proprio nella capitale cinese, si verificò l’invasione georgiana dell’Ossezia del Sud, mentre i media occidentali descrivevano l’evento come un’invasione russa della Georgia. “C’è stato un tentativo di sfruttare il momento in cui il leader russo era a Pechino e le Olimpiadi hanno catturato l’attenzione di tutti. Quel precedente non ha avuto molto successo né per lui né per la Georgia, però“, ha detto Kortunov, parlando dell’allora presidente georgiano Mikheil Saak’ashvili.
“In altre parole, le autorità ucraine potrebbero cercare di usare la forza per ottenere alcuni vantaggi tangibili, se non per risolvere il problema del Donbass. L’esercito ucraino sta ottenendo armi da varie fonti, compresi i Paesi occidentali, c’è un rafforzamento militare lungo la linea di ingaggio. Non si può escludere un qualche tipo di peggioramento. Questo è uno dei probabili punti dolenti che dovremmo tenere a mente“, ha sottolineato. “Inoltre, non escluderei del tutto il rischio di alcuni incidenti nel Mar Nero, come quello con il cacciatorpediniere britannico The Defender nell’estate del 2021. Una violazione dimostrativa delle acque territoriali russe e uno scontro con alcune navi o aerei russi sono un possibilità“, ha aggiunto Kortunov.