La voce dei lavoratori del Kazakistan va ascoltata nonostante i provocatori!

Dichiarazione del Presidium del Comitato Centrale del Partito Comunista della Federazione Russa sugli eventi in Kazakistan

da https://kprf.ru/

Traduzione di Marco Pondrelli per Marx21.it

Il Kazakistan sta attraversando giorni difficili. Il malcontento della popolazione, a lungo covato, è esploso in violenti scoppi di indignazione e protesta di massa.

Ogni ampio movimento contiene varie componenti. Gli eventi in Kazakistan includono il malcontento sociale, l’attività di una “quinta colonna” e le azioni di gruppi terroristici. In questo contesto, la “quinta colonna” include gli estremisti devoti all’islamismo radicale, così come numerose ONG sostenute dall’Occidente, singoli membri dei corpi armati che cercano profitti nelle torbide acque dell’instabilità e clan oligarchici pronti ad utilizzare le proteste di massa nella lotta per una redistribuzione del potere.

I popoli fratelli di Russia e Kazakistan sono strettamente legati da secoli di storia comune. Insieme abbiamo creato l’Unione Sovietica, abbiamo costruito e trionfato, siamo stati orgogliosi delle eccezionali conquiste economiche e sociali. Insieme abbiamo rilanciato il processo di integrazione attraverso la creazione dell’Unione economica eurasiatica, l’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai e il Trattato di sicurezza collettiva.

Oggi, i nostri compagni e amici stanno attraversando un difficile periodo. Proteste di massa hanno avuto luogo in tutto il Kazakistan. Nella capitale meridionale Almaty ci sono stati disordini sanguinosi con molte vittime e distruzioni.

Molte cose devono essere prese in considerazione per un’analisi accurata e completa degli eventi. È assolutamente chiaro che la situazione in Kazakistan è una diretta conseguenza della tragedia che ha colpito tutti noi trent’anni fa. La distruzione dell’URSS, il rigetto del sistema socialista e del potere sovietico, ha messo numerose mine sotto i nuovi stati “indipendenti e democratici”. Il capitalismo primitivo in cui le repubbliche post-sovietiche sono state immerse ha inevitabilmente condannato il popolo lavoratore all’impoverimento e all’illegalità e ha creato un’ineguaglianza scandalosa. Allo stesso tempo, i nostri popoli erano estremamente vulnerabili alle minacce esterne.

Contrariamente alle promesse degli oratori liberali, i nuovi stati non sono diventati membri a pieno titolo del “mondo civilizzato”. Il capitale globale ha destinato loro il ruolo di appendici e sbocchi delle materie prime, fonti di manodopera a basso costo e pedine nelle avventure geopolitiche delle potenze imperialiste.

Anche il Kazakistan ha avuto un percorso instabile. I rami avanzati della produzione si sono persi nel vortice delle privatizzazioni. Il settore delle materie prime è stato consegnato al capitale straniero. Chevron e Exxon Mobil (USA), Total (Francia), Royal Dutch Shell (Regno Unito e Paesi Bassi) hanno preso piede nel settore del petrolio e del gas. ArcelorMittal, una corporazione transnazionale, e divenuta proprietaria dell’industria dell’acciaio.

La giovane borghesia del Kazakistan ha anche tratto profitto dallo sfruttamento delle risorse di manodopera e di materie prime della repubblica in stretta connessione con il capitale straniero. Inoltre, come in Russia o in Ucraina, non si è fermata davanti a nulla nel processo di “accumulazione originale del capitale”. Molti dei più ricchi si sono uniti al potere statale. Come quasi ovunque nello spazio post-sovietico, in Kazakistan è emerso un sistema oligarchico-comprador, tipico del capitalismo selvaggio.

La disuguaglianza nella Repubblica è cresciuta sempre di più. La gente riceveva solo le briciole del reddito nazionale totale. Le disuguaglianze di proprietà e le tensioni sociali sono aumentate. Nel 2011, uno sciopero di un mese dei lavoratori del petrolio a Shanaosen è finito con scontri e con la morte di 16 persone. Il governo ha reso chiaro il suo atteggiamento nei confronti del popolo alzando l’età pensionabile a 63 anni sia per gli uomini che per le donne.

La pandemia ha finalmente infranto il mito della “pace sociale” in Kazakistan. Anche il tasso di povertà ufficiale è aumentato. Tenendo conto dello standard mondiale dei bisogni minimi di 5,5 dollari al giorno, qui un abitante su sette è povero.

Secondo i sondaggi, la percentuale di coloro che non hanno nemmeno abbastanza da mangiare è passata dal 3 al 13%. Un altro 44% dice di avere abbastanza soldi solo per il cibo. Eppure il numero di miliardari è passato da quattro a sette nel primo anno di pandemia e la loro ricchezza totale è quasi raddoppiata.

Negli ultimi due anni gli scioperi nelle imprese in Kazakistan non si sono fermati. Le azioni più grandi hanno avuto luogo nelle regioni occidentali. Essendo la principale fonte dei più importanti beni di esportazione – petrolio e gas naturale – sono anche leader nella disuguaglianza nel paese. Migliaia di persone hanno protestato contro gli arretrati salariali e i licenziamenti e hanno chiesto aumenti salariali in un contesto di inarrestabile aumento dei prezzi. Anche secondo le cifre ufficiali, l’inflazione alimentare nel paese è stata del 20% negli ultimi due anni.

Le richieste legittime dei cittadini insoddisfatti sono state ignorate dal governo. Il sostegno sociale durante la pandemia si è dimostrato chiaramente inadeguato. Rigide misure di quarantena hanno suscitato il malcontento della popolazione. Come la Russia, il Kazakistan aveva subito una disastrosa “ottimizzazione” del suo sistema sanitario, cheha influenzato direttamente il modo in cui si è risposto all’epidemia.

Alcune delle misure prese dal governo sono state viste come una presa in giro. In autunno, per esempio, il Presidente del paese ha promesso ai cittadini che avrebbero potuto utilizzare parte dei loro contributi pensionistici. Tuttavia pochi giorni prima della fine dell’anno, la “soglia di sufficienza”, l’importo minimo cumulativo oltre il quale sono permessi i prelievi di fondi, è stata drasticamente aumentata. Per i residenti di 59-62 ann, è più di 9 milioni di tenge o 1,5 milioni di rubli. Ma il numero di coloro che hanno queste “ricche riserve” è incredibilmente piccolo in Kazakistan.

Invece di risolvere i problemi sociali, la classe dirigente ha preferito dividere la società provocando russofobia e odio etnico. Nei libri di testo scolastici, i giovani kazaki imparano il “colonialismo russo” e il “sanguinoso totalitarismo sovietico”. Una campagna per riabilitare completamente tutte le “vittime della repressione”, compresi i collaboratori che disertarono per Hitler, è stata lanciata a livello ufficiale. Sono stati eretti monumenti a figure come Mustafa Shokai, che collaborò con i nazisti. Strade e scuole sono state intitolate a queste figure. Il governo ha speculato sempre più sull'”Holodomor kazako”, distorcendo grossolanamente i fatti storici. Le forze nazionaliste filogovernative hanno chiestoil riconoscimento della carestia come “genocidio”” e la “decomunistizzazione finale”.

In modo ossessivo gli ultimi monumenti a Lenin nel paese sono stati abbattuti e strade, quartieri, villaggi e intere città rinominate. Alla fine dell’anno scorso, una nuova ondata di questi abomini politici ha travolto la Repubblica. Decine di strade sono state rinominate a Uralsk, Semej (ex Semipalatinsk) e altre città. A Karaganda, il quartiere Ottobre è stato intitolato ad Alichan Bukeykhanov, il leader del partito borghese Alash, che era alleato con Kolchak e con l’atamano Dutov nella lotta contro il potere sovietico.

Nonostante l’amicizia ufficialmente proclamata tra le nazioni, la leadership del Kazakistan ha costantemente limitato la portata della lingua russa e discriminato i cittadini russofoni. Alla fine dell’anno scorso, il parlamento ha approvato un disegno di legge per permettere la pubblicazione di informazioni visive solo in kazako. Un passaggio completo dell’alfabeto kazako dal cirillico al latino è previsto entro il 2025.

Questo tipo di politica ha portato a un esodo di massa della popolazione. La percentuale di russi nella repubblica è scesa dal 38% al 18% nel periodo post-sovietico. Di conseguenza, 45.000 persone hanno lasciato il paese nel 2019, l’85% dei quali erano russi, ucraini e tedeschi. Il Kazakistan ha un programma statale per reinsediare i cittadini titolari della nazionalità nelle regioni settentrionali, prevalentemente russofone.

Le “ronde linguistiche” sono diventate un fenomeno odioso. Per umiliare gli abitanti della nazione “titolare”, i loro partecipanti esigevano scuse davanti “alla telecamera” per chi non conosceva la lingua kazaka. Il governo ha a lungo chiuso un occhio su questo fenomeno. Condanne esitanti di tali azioni sono seguite solo dopo un’ampia reazione nei media russi.

Tale politica è stata accolta con favore dalle numerose ONG filo-occidentali che si sono radicate nella Repubblica. Il governo stesso, pur sostenendo l’integrazione eurasiatica, ha flirtato con le capitali occidentali. Le relazioni con gli Stati Uniti hanno raggiunto il livello di “partnership strategica estesa”. Ogni anno, la Repubblica ospita esercitazioni militari congiunte chiamate “Steppe Eagle” con la NATO. Con la partecipazione degli americani, sono stati creati diversi bio-laboratori, la cui ricerca solleva molte domande tra gli esperti locali e stranieri.

Fondamentalmente, tollerando i nazionalisti, il governo del Kazakistan sta sistematicamente distruggendo l’opposizione di sinistra. Sia i comunisti che i sindacati indipendenti sono diventati oggetto di un’intensa repressione.

In questo contesto c’è stata un’esplosione sociale nel paese. Il forte aumento del prezzo del gas di petrolio liquefatto – raddoppiato! – ne è stata la causa immediata. In precedenza, il governo aveva annunciato il passaggio a “prezzi di mercato” e la completa eliminazione dei sussidi. La fonte del malcontento era nel Kazakistan occidentale. In primo luogo, il gas di petrolio liquefatto è particolarmente diffuso lì e viene utilizzato per riscaldare le case e alimentare le automobili. Secondo, il combustibile è prodotto proprio in questa regione grazie agli sforzi di molti dei suoi abitanti, ma alla gente è stato detto di dimenticarsene e di “sottomettersi al libero mercato”. E terzo, le precedenti ondate di crisi hanno colpito in modo tangibile il Kazakistan occidentale, rendendolo centro delle proteste.

In pochi giorni l’indignazione si è estesa ad altre regioni della Repubblica. Inizialmente, le proteste erano pacifiche. I partecipanti alle manifestazioni chiedevano tagli dei prezzi, aumenti dei salari e delle prestazioni sociali e insistevano sul ritorno alla precedente età pensionabile. I lavoratori di diversi campi petroliferi hanno scioperato in solidarietà con i manifestanti.

Tuttavia la situazione è rapidamente cambiata ed è andata fuori controllo. I primi atti di terrore e vandalismo hanno avuto luogo nelle città di Shanaosen e Aktau nell’oblast’ di Mangistau nel Kazakistan sud-occidentale. I disordini si sono poi spostati in violenti scontri ad Almaty e in altre città. In particolare gli aeroporti di Aktobe, Aktau e Almaty sono stati paralizzati. La sicurezza del cosmodromo di Baikonur è stata minacciata. Gruppi di giovani armati hanno attaccato le forze di sicurezza, occupato e distrutto edifici e attaccato medici, vigili del fuoco e civili. Un’ondata di saccheggi ha attraversato le città.

È abbastanza chiaro che le azioni distruttive sono state commesse da coloro che non hanno nulla a che fare con il grosso dei manifestanti. Gruppi criminali stanno usando le rivolte popolari in Kazakistan per i loro scopi. Prima di tutto, si tratta di cellule islamiste radicali. La loro attività è indicata dalla brutalità dimostrativa contro le forze di sicurezza. Si è arrivati al punto di tagliare la testa agli uomini in uniforme. Anche gli agenti di forze esterne si sono attivati. Soprattutto ad Almaty, tradizionalmente considerata un bastione liberale. Gli uffici di un numero significativo di ONG filo-occidentali si trovano qui. Infine, i criminali associati ai gruppi nazionalisti hanno attraversato le frontiere. Lo dimostrano gli attacchi mirati agli edifici delle procure e dei servizi speciali, gli incendi, la confisca delle armi, i pogrom nei negozi e in altri luoghi pubblici.

Non si può escludere che le azioni di tutte queste forze siano state coordinate da un unico centro intenzionato a destabilizzare il Kazakistan. Tuttavia, anche la leadership della Repubblica non può essere assolta dalla responsabilità per il fatto che i funzionari hanno tollerato le attività delle forze filo-occidentali e adottato un atteggiamento conciliante verso gli islamisti. Il comitato di sicurezza nazionale del paese ha respinto numerose richieste di vietare il salafismo (wahhabismo). Predicatori formati in Arabia Saudita e in altri paesi arabi hanno svolto attività in Kazakistan.

Il nostro paese è obbligato a considerare l’intero corso degli eventi in un ampio contesto internazionale. Negli ultimi mesi, la situazione politico-militare ai confini occidentali della Russia si è notevolmente deteriorata. La pressione economica, informativa, diplomatica e militare sul nostro Stato è solo aumentata. I media occidentali, i diplomatici, i politici e i rappresentanti della NATO hanno più di una volta espresso a gran voce la loro finta “preoccupazione” per i piani di “attacco all’Ucraina” e hanno minacciato Mosca con “misure preventive globali”.

Sullo sfondo dell’escalation della situazione nel nostro paese, abbiamo ricevuto un colpo ai nostri confini meridionali. Con l’inizio del nuovo anno, gli avversari della Russia sulla scena mondiale hanno aumentato notevolmente la posta in gioco nella “grande scacchiera”. Il 2 gennaio, il popolo del Kazakistan ha ricevuto uno shock dal “regalo di Capodanno” del governo – un aumento del prezzo del gas. I terroristi clandestini, la cui leadership attinge all’esperienza di combattimento dei jihadisti in Siria e Iraq, hanno immediatamente sfruttato l’esplosione dell’indignazione. Sono state organizzate azioni su larga scala per destabilizzare la situazione. Da un lato, i rappresentanti della clandestinità sono riusciti a fondersi con la massa dei manifestanti, dall’altro, hanno potuto contare su elementi criminali.

Migliaia di persone hanno sofferto finora questi atti criminali. Centinaia di persone sono state ricoverate, decine sono in terapia intensiva, ci sono morti. I rivoltosi ostacolano il lavoro delle ambulanze e delle strutture mediche, usano armi da fuoco, intimidiscono la popolazione, svaligiano negozi e saccheggiano. La natura delle loro azioni testimonia di mosse pianificate, coordinate e finanziate dall’estero.

Il presidente del Kazakistan ha dichiarato lo Stato di emergenza sul Paese e ha licenziato il governo. Data la portata degli eventi e l’interferenza di forze esterne, il governo della Repubblica si è rivolto ai partner per chiedere aiuto. Il Consiglio di sicurezza collettiva del CSTO ha deciso di fornire questa assistenza per stabilizzare la situazione in Kazakistan.

Secondo il CPRF, il dispiegamento delle forze di pace della CSTO è una misura forzata ma adeguata e tempestiva per spegnere le fiamme di un altra “rivoluzione colorata”. Il Partito Comunista di Russia condanna risolutamente le azioni della reazione internazionale e degli elementi criminali. Consideriamo del tutto inaccettabili le interferenze negli affari interni del Kazakistan e i tentativi di destabilizzare l’Asia centrale, che rappresentano una minaccia diretta per il nostro paese.

Il CPRF è a favore del ritorno del Kazakistan su una via pacifica. Crediamo che il compito principale del contingente di pace sia la protezione dei siti strategici, che dovrebbero garantire la vita normale dei cittadini. La popolazione della Repubblica deve essere protetta dagli attacchi terroristici dei jihadisti che hanno fatto ricorso a “tattiche di intimidazione”.

Siamo convinti che la missione di pace della CSTO contribuirà alla stabilizzazione della situazione nella regione dell’Asia centrale. Allo stesso tempo, crediamo che il contingente di pace dovrebbe essere utilizzato solo per gli scopi dichiarati. È inammissibile coinvolgere le forze di pace nelle dispute interne dei clan e delle fazioni statali.

Per la leadership del Kazakistan sarebbe un errore prendere la strada della persecuzione dei manifestanti pacifici e classificarli tutti come “terroristi” e “militanti”. Noi crediamo che il governo dovrebbe immediatamente aprire un dialogo con i lavoratori e i politici autorevoli e soddisfare immediatamente le loro legittime richieste per il miglioramento della situazione socio-economica.

Il CPRF nota che è il momento di intraprendere un’azione fondamentale contro le politiche russofobe e antisovietiche nella Repubblica. Un’attenta analisi delle attività delle organizzazioni e dei media filo-occidentali è urgente e necessaria. Tutto questo ha trasformato il Kazakistan nel corso degli anni in un campo d’azione per le forze anti-russe e ha trasformato la popolazione mettendola contro l’amicizia con il nostro paese.

È giunto il momento di una discussione onesta e dell’eliminazione delle cause fondamentali della perniciosa divisione sociale non solo in Kazakistan, ma anche in Russia. Perché il nostro paese ha ricevuto un altro terribile segnale che le politiche che producono divisione, disuguaglianza e povertà rompono inevitabilmente il filo della pazienza del popolo. Quando un governo lavora nell’interesse degli oligarchi e getta le “briciole dalla tavola” al popolo lavoratore, dovrà inevitabilmente affrontare le richieste di rendere conto delle proprie azioni. Allora né la dura repressione, né la droga del nazionalismo, né le bugie dei sostenitori dell’antisovietismo e della russofobia saranno utili.

La conclusione principale degli eventi in Kazakistan è che i tentativi delle borghesie nazionali di integrare i loro popoli nel mondo del capitalismo globale le rendono marionette nelle mani dell’oligarchia mondiale. È nell’interesse stesso dei popoli della Russia, del Kazakistan e di tutti gli altri Stati abbandonare questa politica perniciosa. Oggi, più che mai, il nostro programma “Dieci passi verso una vita dignitosa” e l’esperienza unica delle imprese popolari sono necessari. Non il capitale straniero o “nostrano”, ma le masse lavoratrici devono diventare i padroni dei loro paesi!

Il presidente del CC del CPRF

G.A. Zyuganov