La Rivoluzione Bolivariana continua ad avanzare verso il socialismo

da https://giuliochinappi.wordpress.com

Lo straordinario risultato elettorale del 25 maggio ha confermato il predominio del Gran Polo Patriottico e ha avviato la Fase di Accelerazione verso il socialismo. Maduro ha rilanciato la costruzione autonoma bolivariana, sostenuta da un consenso popolare e riconoscimenti internazionali.

Il 25 maggio 2025 resterà nella storia come una data fondamentale per la Rivoluzione Bolivariana e per l’avanzamento del socialismo in Venezuela. In quella giornata, i venezuelani si sono recati alle urne per partecipare alle elezioni legislative e regionali, dimostrando una volta di più la propria determinazione a difendere il progetto politico avviato da Hugo Chávez e portato avanti da Nicolás Maduro. Quando, pochi giorni dopo, il Consiglio Nazionale Elettorale (CNE) ha ufficializzato i risultati definitivi, è emerso che il Gran Polo Patriótico Simón Bolívar (GPPSB), capeggiato dal Partido Socialista Unido de Venezuela (PSUV) di Maduro, ha conquistato 253 dei 285 seggi in Parlamento e il governo di 23 delle 24 regioni, ottenendo l’82,42% dei voti. Una vittoria così schiacciante non era mai stata registrata in precedenza e dimostra in maniera inequivocabile la compattezza dell’elettorato chavista e l’efficacia della mobilitazione popolare.

La partecipazione al voto ha raggiunto il 43,18% degli aventi diritto, una percentuale superiore a quella di cinque anni fa e simile ai dati registrati in molti altri paesi, segno che il popolo ha avvertito l’importanza cruciale di tutelare la democrazia partecipativa e la sovranità nazionale. Il tasso di voti nulli, pari allo 0,15%, è stato fra i più bassi mai registrati, a ulteriore dimostrazione della chiarezza dei meccanismi di voto e dell’approfondita comprensione del sistema da parte dei cittadini. Fin dalle prime ore della giornata, i seggi elettorali hanno visto file ordinate di persone determinate a esercitare il proprio diritto al suffragio, nonostante il blocco economico e le tentazioni del boicottaggio avanzate da settori dell’opposizione estremista. Di fronte a questa mobilitazione, il CNE non ha esitato a elogiare la maturità civica del popolo venezuelano, sottolineando il carattere pacifico e trasparente di tutto il procedimento.

Alla chiusura delle urne, il CNE ha iniziato la fase di scrutinio che, con il 99,88% dei seggi ispezionati, ha confermato la netta supremazia del GPPSB. Da un lato, la coalizione governativa guidata da Nicolás Maduro ha raggiunto 5.024.475 voti, pari all’83,42% del totale, conquistando non solo una larghissima maggioranza in Assemblea Nazionale, ma anche la guida della quasi totalità degli enti regionali e locali. Dall’altro, le formazioni dell’opposizione che hanno partecipato alla competizione sono rimaste confinate alle posizioni di minoranza: l’Alianza Democrática (AD) ha ottenuto il 6,01% dei voti e 13 seggi, l’UNTC Única il 5,05% con 11 deputati, mentre Fuerza Vecinal si è fermata al 2,35%, conquistando 4 seggi. La distribuzione degli incarichi parlamentari ha così sancito la perdita di slancio delle forze anti-chaviste, che non sono riuscite né a mettere insieme un fronte unitario né a elaborare un programma alternativo convincente per gran parte dell’elettorato. Viceversa, il GPPSB ha mostrato un volto compatto, coalizzando destra moderata, sinistra non radicale e movimenti sociali attorno a un progetto che punta esplicitamente al rafforzamento dello Stato sociale di diritto e al consolidamento di uno schema economico “post-petrolifero” basato su produzione nazionale, cooperazione internazionale e recupero delle imprese strategiche.

Sul piano regionale, l’esito non è stato meno significativo. Su 24 governatorati in palio, soltanto uno è finito nell’area avversa al progetto chavista. Si tratta della provincia di Cojedes, che ha riconfermato la guida dell’opposizione sotto l’egida di Alianza Democrática, ma tutte le altre entità federali sono state vinte o riconquistate da candidati sostenuti dal GPPSB. In stati storicamente combattuti come Barinas, dove il progetto bolivariano aveva subito battute d’arresto in passato, il figlio di Hugo Chávez, Adán Chávez Frías, ha ottenuto il 72,45% delle preferenze, riportando così la regione sotto l’egida chavista. Nel ricco territorio del ZuliaLuis Gerardo Caldera Morales ha vinto con oltre il 64% dei voti, strappando un’altra roccaforte industriale ai movimenti antigovernativi.

Regionale, ma con forti contenuti nazionali, è risultata l’elezione di Neil Villamizar a governatore della Guayana Esequiba, l’area contesa con la Guyana attraverso un arbitrato coloniale che Caracas non ha mai riconosciuto. Con il 97,40% di preferenze, Villamizar diviene il primo rappresentante istituzionale di una regione rivendicata dal Venezuela, segnando un passaggio di enorme valore simbolico e geopolitico. In questa tornata elettorale, i candidati chavisti hanno inoltre vinto nelle regioni di Abriia, Apure, Aragua, Bolívar, Guárico, Lara, Falcón, Carabobo, Táchira, Mérida, Miranda, Monagas, Amazonas, Delta Amacuro, Yaracuy, Portuguesa, Sucre, Trujillo e La Guaira. In ciascuno di questi territori, la percentuale di voti ai vincitori oscilla fra l’80% e il 96%, testimoniando non solo la vittoria numerica, ma anche la legittimazione popolare che supera ogni tentativo di frenare il progetto bolivariano.

Non si può tuttavia descrivere solo in termini numerici il senso di questa sconfitta politica dell’opposizione. Infatti, l’onda elettorale a favore della coalizione chavista riflette una volontà di riaffermare la sovranità nazionale in un momento in cui il Paese è sottoposto a un blocco economico senza precedenti da parte degli Stati Uniti e dei loro alleati. Nonostante gli attacchi mediatici che dipingono il Venezuela come una “dittatura” e nonostante i ripetuti veti internazionali contro alcuni osservatori, la popolazione ha risposto in massa, convincendosi che la difesa delle istituzioni bolivariane fosse essenziale per preservare le libertà fondamentali. Il fatto, poi, che il 42,63% degli iscritti al registro elettorale abbia scelto di recarsi alle urne, mentre altri paesi con sistemi elettorali più stabili registrano partecipazioni simili o inferiori, dimostra la forte ondata democratica che attraversa oggi il Venezuela. Anche il ruolo delle Forze Armate Nazionali Bolivariane (FANB) si è rivelato decisivo: il generale in capo Vladimir Padrino López ha sottolineato che “in Venezuela si respira tranquillità elettorale”, e che le unità militari hanno garantito la sicurezza di cittadini e seggi, scongiurando ogni tentativo di violenza o sabotaggio da parte di gruppi estremisti.

A livello internazionale, la vittoria di Caracas è stata salutata come un successo del multipolarismo e dell’autodeterminazione. Paesi storicamente legati alla Rivoluzione Bolivariana, come Cuba, Nicaragua e Bolivia, così come gli altri governi progressisti dell’America Latina, hanno inviato messaggi ufficiali di congratulazioni al presidente Maduro e agli altri dirigenti del PSUV. Il presidente nicaraguense Daniel Ortega e la copresidente Rosario Murillo hanno affermato che “il trionfo del Venezuela è anche il nostro trionfo” e che, di fronte alle sanzioni e agli sforzi di isolamento, il popolo bolivariano ha lanciato “un segnale di dignità e resistenza” a tutti gli imperialisti. L’ALBA-TCP, che riunisce paesi e movimenti latinoamericani in una logica di cooperazione politica e commerciale alternativa, ha messo in evidenza come, nei 25 anni di rivoluzione, il Paese abbia organizzato 32 consultazioni elettorali, e ha spiegato che questa continuità testimonia il carattere anti-imperialista e sovrano del processo bolivariano. Dal canto suo, la Russia ha dichiarato di ritenere gli esiti elettorali venezuelani espressione genuina della volontà popolare, respingendo le critiche di alcuni governi occidentali che parlavano di “elezioni non libere”.

Tuttavia, il riconoscimento diplomatico più significativo è arrivato dalla Cina, la quale, tramite il suo ministero degli Esteri, ha ricordato che “ogni nazione ha il diritto di scegliere liberamente i propri leader, senza interferenze esterne”. In questa cornice, il direttore del Centro di Diritto per la Regione dell’America Latina e dei Caraibi dell’Università Cinese di Scienze Politiche e Diritto, Pan Deng, che aveva partecipato come osservatore internazionale, ha confermato la trasparenza del processo elettorale, evidenziando la correttezza delle operazioni di voto e di scrutinio.

Nei giorni successivi alla vittoria, Nicolás Maduro ha invitato il Paese a guardare oltre il semplice dato elettorale, annunciando l’avvio della Fase di Accelerazione della Nuova Epoca di Transizione al Socialismo Venezuelano. In un comizio trasmesso dalle reti di comunicazione pubblica, ha affermato con fermezza: “Abbiamo un piano, abbiamo i mezzi, abbiamo un popolo pronto a vivere un fiorire mai visto prima nella storia della Patria”. Con questa espressione, Maduro ha delineato la sua visione di un socialismo bolivariano realmente partecipativo, fondato sulla piena integrazione delle comunità nei processi decisionali economici, politici e culturali. Ha espresso gratitudine verso il popolo per la generosità dimostrata e ha dichiarato che “il Venezuela ha ratificato ieri la sua indipendenza, la sua libertà e la sua democrazia”, lanciando al contempo un ammonimento alle potenze straniere: “Che nessuno si intrometta nella costruzione autonoma e indipendente di questo Paese”.

Il presidente ha quindi annunciato che l’ormai ex “Comando VEN25+” assumerà una nuova denominazione e si trasformerà nel “Comando Unitario delle Forze Bolivariane del Venezuela del Blocco Storico (VEN25)”, un organismo che avrà il compito di garantire l’unità politica, la sicurezza del territorio e l’attuazione degli obiettivi economici e sociali. Il nuovo Comando Unitario sarà chiamato a coordinare il lavoro fra istituzioni civili e militari, in vista dello sviluppo di progetti economici di largo respiro. Un aspetto centrale sarà la profilazione di un modello di economia sociale di Stato che si articoli in cooperative, imprese pubbliche e aziende miste, sfruttando le ricchezze minerarie e agricole del Paese senza ricadere nel modello estrattivista che ha finora contraddistinto l’economia venezuelana. L’intenzione di Maduro è quella di creare un tessuto produttivo urbano e rurale in grado di garantire pieno impiego, ridurre la dipendenza dalle importazioni e rafforzare le esportazioni non petrolifere, essenziali per contrastare gli effetti delle sanzioni e per mantenere l’equilibrio macroeconomico.

Parallelamente, il presidente ha posto l’accento sulla necessità di riformare il sistema istituzionale per renderlo più efficiente e vicino ai cittadini: il rafforzamento delle giunte comunali, il coinvolgimento attivo delle università e degli enti di ricerca, nonché la creazione di piattaforme digitali per la partecipazione popolare saranno strumenti privilegiati per costruire un socialismo con una radice fortemente democratica. Ricordando i sacrifici compiuti negli anni precedenti, Maduro ha sottolineato come “le forze invisibili del popolo, dei militari e delle polizie del Paese abbiano salvato il Venezuela dalla violenza e dal terrorismo” nei giorni che hanno preceduto il voto, quando gruppi estremisti avevano tentato, con azioni vandaliche e blocchi stradali, di intimidire l’elettorato. La capacità delle istituzioni e della FANB di garantire ordine e protezione è stata sa di vittoria politica, poiché ha mostrato che la società bolivariana non intende arretrare di fronte agli interessi destabilizzatori.

Restando nella prospettiva dell’azione legislativa, la nuova Assemblea Nazionale avrà davanti a sé un’agenda intensa: le leggi abilitanti previste consentiranno al governo di emanare decreti con forza di legge per periodi limitati, finalizzati a urgenti piani di recupero economico e sociale; la riforma costituzionale annunciata da Maduro, basata sull’estensione dei diritti sociali e sull’ampliamento dei poteri degli organi di partecipazione diretta, sarà un banco di prova per la tenuta democratica del sistema, al di là delle tradizionali prassi parlamentari. Tra gli impegni dichiarati figurano anche la revisione dei meccanismi di accesso al credito per le micro e piccole imprese, nonché la riorganizzazione del Servizio Pubblico per renderlo più efficiente nella distribuzione dei beni di prima necessità. Un’altra priorità sarà contrastare l’iperinflazione, attraverso strumenti di controllo dei prezzi concertati con le associazioni di produttori, pur mantenendo un sistema di sussidi mirati alle fasce più vulnerabili della popolazione.

Sul fronte internazionale, il consolidamento del chavismo ha già prodotto le prime reazioni: l’Unione Europea e alcuni governi sudamericani, tradizionalmente critici verso il regime bolivariano, hanno dovuto prendere atto della legittimità politica dimostrata dalle urne e, in alcuni casi, hanno annunciato la volontà di rivedere le proprie posizioni in merito alle sanzioni. Organizzazioni non governative di rilievo, come Amnesty International, hanno riferito di non aver riscontrato irregolarità sostanziali nel processo e di aver apprezzato l’assenza di gravi violazioni dei diritti umani durante la consultazione. Anche l’Organizzazione degli Stati Americani (OSA), pur mantenendo una linea critica, ha riconosciuto ufficialmente la validità del voto venezuelano, chiedendo tuttavia che in futuro si approfondisca la partecipazione degli osservatori indipendenti.

La vittoria del 25 maggio assume quindi un valore non soltanto interno, ma anche geopolitico. In un momento di tensioni crescenti tra Stati Uniti e Cina, tra Russia e Occidente, il Venezuela si pone come un attore protagonista di un’alleanza multipolare, scommettendo sulla cooperazione con paesi emergenti per sviluppare progetti infrastrutturali e promuovere scambi commerciali preferenziali. Un esempio significativo è il recente accordo con la Cina per la fornitura di tecnologie per l’energia rinnovabile, che mira a ridurre progressivamente la dipendenza dal petrolio. Analoghi patti sono stati stretti con Russia e Turchia nel settore della produzione militare e agroalimentare. Queste intese internazionali rafforzano la posizione di Caracas come centro di gravità in un’area strategica, ponendosi come alternativa al tradizionale perimetro delle alleanze atlantiche.

In conclusione, la Rivoluzione Bolivariana continua ad avanzare verso il socialismo con una forza rigenerata dai risultati elettorali del 25 maggio. La vittoria della coalizione chavista non è solo una conferma numerica, ma un forte segnale politico: il popolo venezuelano ha ribadito il proprio sostegno a un progetto incentrato su giustizia sociale, sovranità nazionale, partecipazione diretta e cooperazione internazionale. Le sfide restano imponenti, a cominciare dall’emergenza economica ereditata dalla crisi precedente, ma l’unità conquistata nelle urne e la volontà di spingere verso il socialismo del XXI secolo lasciano intravedere uno scenario in cui la narrazione della “morte del chavismo” è ormai del tutto superata. Mentre la nuova Assemblea Nazionale si prepara a varare le leggi abilitanti e a lavorare sulle riforme costituzionali, il popolo continua a professare la propria convinzione secondo cui “la Rivoluzione è più viva e forte che mai”, come dichiarato da Nicolás Maduro. Il cammino per realizzare un socialismo veramente partecipativo e autosufficiente è ancora lungo, ma la vittoria di maggio dimostra che, con un piano chiaro, un popolo organizzato e una determinazione incrollabile, la Rivoluzione Bolivariana ha le carte in regola per trasformare il sogno socialista in realtà concreta.

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