La guerra e la prospettiva politica

di Roberto Gabriele e Paolo Pioppi

Con la guerra in Ucraina il gioco si è fatto duro e continuare ad andare avanti con l’arco e le frecce non porta a risultati concreti e soprattutto non modifica i rapporti di forza. E’ vero che c’è un’area politica, peraltro abbastanza ristretta, che si propone come opposizione e alternativa allo stato di cose presente e continua a prendere iniziative contro la guerra, ma nelle circostanze attuali quest’area si presenta più debole e confusa del solito, mentre la situazione impone una riflessione sulle prospettive che ci attendono e su come farvi fronte.

Per impedire che alle porte della Russia si realizzasse compiutamente il progetto NATO di portare l’Ucraina nel sistema di alleanze atlantico e si scatenasse l’offensiva finale contro il Donbass, il Cremlino, constatata nuovamente la sordità totale dell’occidente rispetto alle giuste richieste della Russia, ha preso un’iniziativa molto audace ma anche ben calcolata, stante i risultati che si possono valutare oggi, a guerra ancora in corso.

La situazione ha però generato anche un contraccolpo molto forte nell’area occidentale e questo ci riguarda molto da vicino. In primo luogo l’intervento della Russia in Ucraina, seppure ha bloccato il rafforzamento dello schieramento aggressivo NATO, nello stesso tempo sta dando la possibilità alle forze atlantiste di condurre una fortissima campagna ideologica contro il ‘nemico’ e di ricompattare l’egemonia americana come difesa della ‘libertà’ in stile guerra fredda o peggio ancora contro il ‘nuovo Hitler’.

Non bisogna sottovalutare questo effetto, anzi bisogna prenderlo in seria considerazione, perchè comporta per noi una difficoltà maggiore nel condurre la battaglia contro i progetti strategici dell’imperialismo a guida americana e ci deve indurre a spostare l’asse del ragionamento in questa nuova fase e puntualizzare meglio gli obiettivi che abbiamo di fronte. Non si tratta infatti di condurre solo una battaglia generica contro la guerra, bensì di fare un passo avanti nella comprensione degli avvenimenti e quindi affilare gli strumenti con cui affrontiamo la situazione.

Se non si va a fondo sulle questioni sul tappeto infatti si resta impigliati in una versione pacifista che non convince nessuno. Zelensky e soci hanno buon gioco a dire che i compromessi con l’aggressore, come la Monaco del 1938, non hanno salvato il mondo dalla guerra, ma ne sono stati la premessa. Presentare un eventuale accordo sull’Ucraina come una riedizione della Monaco del 1938 può sembrare un discorso sensato per quelli, e sono moltissimi, convinti che l’intervento russo non è altro che un’aggressione. Per questo molti non si scandalizzano affatto per l’invio di armi. Solo se si riescono a spiegare correttamente gli avvenimenti si può tentare di capovolgere l’assunto su cui si basa la propaganda imperialista che quotidianamente martella la gente, a cui non si può rispondere che sì, è vero, la Russia ha aggredito l’Ucraina, ma ci vuole la pace a prescindere.

La controffensiva che dobbiamo mettere in piedi si impernia su due livelli.

Il primo riguarda le motivazioni della guerra che va spiegata mettendo in evidenza senza indugi che la sua preparazione è stata lungamente concepita dagli americani e dai loro alleati, in particolare inglesi e polacchi. La guerra in Ucraina non è iniziata nel febbraio di quest’anno, ma molto prima, nel 2014 con il colpo di stato di Maidan e con l’attacco al Donbass, ma soprattutto in seguito a quegli avvenimenti si è proceduto a un riarmo forsennato dell’apparato militare, logistico e di intelligence coordinato dalla NATO, il cui atto conclusivo doveva essere appunto l’ingresso del paese nell’Alleanza atlantica.

Se vogliamo avere la forza di affrontare una situazione come l’attuale dobbiamo, senza complessi, rovesciare l’assunto da cui l’imperialismo occidentale parte per la sua campagna propagandistica e dobbiamo mettere sul piatto della bilancia tutte le questioni che la caratterizzano e i rischi che i popoli stanno correndo a causa dell’avventurismo militarista degli americani e della NATO. Solo una chiara visione di queste cose può aiutarci nella lotta contro l’imperialismo e la guerra in maniera concreta e convincente.

La debolezza e le ambiguità invece con cui l’area che possiamo definire pacifista partecipa alla lotta contro la guerra ci mettono sostanzialmente sulla difensiva e nei fatti rendono più forte la propaganda imperialista verso la gente che si sente schiacciata dalle prospettive di allargamento del conflitto.

La chiarezza su questo punto ci permette anche di affrontare in modo operativo la seconda questione sul tappeto: che fare contro la guerra, con quali obiettivi e quali parole d’ordine si deve orientare il movimento? Qui non possiamo permetterci di sbagliare perchè dal modo in cui saremo capaci di affrontare la situazione in caso di allargamento del conflitto e già nella fase attuale di partecipazione indiretta dell’Italia, chi è contro la guerra deve capire che l’obiettivo dello scontro sono i governi italiani, che sono compartecipi dei crimini della NATO e della sua politica di aggressione e mentono sui motivi della guerra in Ucraina. Lottare contro le prospettive di guerra ha un solo, principale obiettivo: il governo Draghi e tutti i governi italiani che operano dentro la NATO e a servizio degli americani e delle oligarchie internazionali ad essi legate. Su questo dobbiamo orientare la protesta di chi è contro la guerra. Lottare contro la guerra non significa dunque niente di meno che riconquistare l’indipendenza dell’Italia dalle strutture militari aggressive atlantiste.

Uno scontro del genere però non si improvvisa. Bisogna invece preparare il terreno per l’estensione di una coscienza di massa che porti al risultato che crediamo necessario, creando gli strumenti adeguati.

In questo momento ci sono fortunatamente alcuni caposaldi di informazione e riflessione che orientano i compagni su quanto abbiamo esposto finora. Ma le analisi e le parole non bastano, ci vuole l’azione politica organizzata di tutti coloro che condividono la necessità di questa battaglia, e all’orizzonte ancora qualcosa del genere non si vede.