La decisione dell’Arabia Saudita nell’OPEC+ non ha sorpreso gli osservatori obiettivi

di Andrew Korybko

da https://korybko.substack.com

Traduzione di Marco Pondrelli per Marx21.it

Un panico palpabile si è diffuso nella comunità degli esperti occidentali, con presunti guru che si affannano a spiegare perché l’Arabia Saudita abbia accettato di tagliare la produzione di petrolio insieme alla Russia durante il vertice OPEC+ di mercoledì a Vienna. Si pensava fino a questo momento era che il Regno wahhabita fosse uno strenuo alleato americano, nonostante alcuni disaccordi nel corso degli anni su questioni delicate, come l’uccisione di Jamal Khashoggi e la guerra in Yemen. Nessuno di questi esperti si aspettava che sfidasse così palesemente gli Stati Uniti.

Ma è proprio quello che è appena successo e che ha colto di sorpresa i più grandi nomi del settore. Ora sono screditati dopo aver fallito nel prevedere ciò che qualsiasi osservatore obiettivo avrebbe potuto facilmente prevedere. Il fatto è che l’Arabia Saudita pratica una politica estera multipolare dalla fine del 2017, iniziata con la storica visita di re Salman a Mosca. Da allora, il principe ereditario e neo-primo ministro Mohammad Bin Salman (MBS) si è avvicinato molto al presidente russo Vladimir Putin.

Mentre il Guardian ha appena tentato di screditare i loro rapporti perché presumibilmente guidati dall’ingenua adorazione del futuro leader saudita per il collega “autocrate”, nella realtà a farli incontrare è la convergenza delle grandi strategie dei due Paesi nella transizione sistemica globale verso il multipolarismo. Entrambi credono fermamente nel multipolarismo e hanno la loro parte di lamentele nei confronti dell’egemone unipolare in declino, anche se l’America nel caso dell’Arabia Saudita.è un alleato tradizionale.

Le lamentele di Mosca si spiegano da sole, mentre quelle di Riyadh si riferiscono alle accuse a MBS di essere personalmente responsabile dell’uccisione di Khashoggi; ai tentativi di rinegoziare l’accordo nucleare con l’odiato rivale iraniano; alle critiche per la guerra in Yemen; alla rivoluzione del fracking che ha trasformato l’Impero in una superpotenza energetica in grado di competere parzialmente con l’Arabia Saudita; alle intromissioni speculative negli intrighi di palazzo sauditi. Questi fattori si sono combinati per creare una sfiducia senza precedenti tra questi due alleati storici.

Quest’estate si era capito che l’Arabia Saudita era intenzionata a esercitare la propria autonomia strategica anche nei casi in cui questavrebbe potuto urtare l’America, dopo che il ministro degli Esteri del Regno aveva dichiarato alla CNBC che le relazioni di Riyadh con la Cina e gli Stati Uniti non si escludono a vicenda. È evidente che il Regno non è disposto a cedere unilateralmente su i suoi interessi nazionali solo per placare il suo storico partner. La stessa politica è stata indiscutibilmente applicata all’inizio della settimana durante il vertice OPEC+.

Invece di capitolare alle pressioni americane per sacrificare i propri interessi finanziari e strategici mantenendo la produzione al livello attuale, l’Arabia Saudita ha deciso di coordinare i tagli alla produzione con la Russia. Ciò ha spinto la Casa Bianca ad accusare il Regno di “allinearsi” con Mosca, facendo sì che un giornalista della CNBC chiedesse al Ministro dell’Energia se Riyadh stesse “usando l’energia come un’arma”, cosa che il Ministro ha negato con rabbia.

Questo sviluppo è stato particolarmente imbarazzante per l’Amministrazione Biden, dal momento che un funzionario anonimo durante l’estate si è vantato con la stampa, dopo il tour regionale del Presidente, che la presunta “deriva” dell’Asia occidentale verso la Russia e la Cina “è stata arrestata e, in molti casi, casi molto specifici – non tutti di cui posso parlare – invertita”. Ovviamente non è così, se uno dei più antichi alleati degli Stati Uniti nel mondo sfida così apertamente le sue richieste egemoniche su una questione strategica come il petrolio.

Non solo, ma l’Arabia Saudita ha anche appena bloccato i piani americani per un tetto al prezzo del petrolio, che Washington voleva imporre per privare la Russia delle entrate legate all’energia. Questo dipendeva totalmente dal fatto che Riyadh si piegasse alla sua volontà, cosa che qualsiasi osservatore obiettivo avrebbe potuto prevedere non sarebbe accaduta, ma a cui i cosiddetti “esperti” dell’Occidente hanno creduto. Questo dimostra quanto siano stati fortemente influenzati dal wishful thinking, il che scredita ulteriormente le loro credenziali professionali.

La flessione sempre più sicura dell’Arabia Saudita nella sua autonomia strategica è ormai innegabile e quindi è un fattore che deve essere incorporato in tutti i calcoli. In pieno allineamento con le tendenze multipolari, sta giustamente dando priorità ai propri interessi nazionali rispetto a quelli altrui, il che la rende un perfetto esempio del tipo di Stato sovrano che il Presidente Putin ha elogiato all’inizio dell’estate. Tutti avrebbero dovuto prevederlo, e chi non l’ha fatto non merita di essere definito “esperto”.

Unisciti al nostro canale telegram