La CGT e le manifestazioni contro il pass sanitario

di Lorenzo Battisti (CGT Banque Assurance)

Se si osservano i commenti on line dei militanti della CGT sulle manifestazioni contro il Pass Sanitario, l’impressione è che molti lavoratori pensino che sia possibile spostare a sinistra queste manifestazioni dominate dall’estrema destra. Questa posizione si basa sull’idea che i movimenti sociali non abbiano un proprio orientamento, ma dipendano esclusivamente dai rapporti di forza: se si partecipa in massa, si può rubare la manifestazione all’estrema destra che ora la sta monopolizzando.

Sfortunatamente non è così. Per capire la natura di un movimento sociale bisogna capirne le radici sociali. Il movimento contro il passaporto vaccinale ha una radice lontana dai valori di sinistra e per questo è egemonizzata da movimenti di destra.

Un esempio italiano

Le prime manifestazioni in Italia si sono avute a Gennaio, quando il governo ha deciso di chiudere bar e ristoranti a causa della situazione pandemica che si aggravava in maniera pericolosa. Allora si trovarono in piazza fascisti, ristoratori e clienti al grido di “Libertà! Libertà!” e con lo slogan “io apro”.  

Nel mentre, ogni giorno dalle 300 alle 600 persone morivano soffocate e sole in un letto di ospedale, mentre i sanitari disperati cercavano di fare quel che potevano e anche di più per salvare più vite possibili. Come se ogni giorno si schiantasse un aereo intercontinentale.

Ma di quale libertà parlavano i fascisti e i ristoratori in piazza? Parlavano della libertà di continuare a fare affari come prima. Come se niente fosse, come se i letti di ospedale non fossero pieni di morte e disperazione. Quello che volevano era la libertà di fare quello che volevano quando volevano, senza costrizioni. E’ vero, i ristoratori italiani hanno ricevuto molti meno aiuti dei loro colleghi francesi. Ma avrebbero potuto chiedere aiuti simili a quelli ricevuti in altri paesi in Europa, dimostrando così un interesse per la situazione generale. Infatti in quel caso si sarebbero tutelati, oltre agli interessi legittimi dei ristoratori la salute pubblica, a partire da quella delle persone più fragili. Invece questa soluzione non era nemmeno concepita.

E i clienti che partecipavano a queste manifestazioni, di quale libertà parlavano? Chiedevano la libertà di fare quello che vogliono, disinteressandosi degli altri. Di festeggiare e brindare senza pensare alla morte che allora ci circondava. 

Questo mi faceva paura. Mi fa paura. Per loro la libertà non è una donna che può camminare tranquilla per strada. Non è un lavoratore che non ha paura di essere licenziato. Non è neanche un bambino che può studiare e sviluppare le proprie capacità. Non è un mondo senza guerre o una distribuzione equa della ricchezza. Non è un ambiente non avvelenato o una vecchiaia serena.

Per loro la libertà è poter mangiare e bere. La foto al tramonto sulla spiaggia. Tette e culi. Una successione di momenti esperenziali, uno dietro l’altro. L’importante è che nulla perturbi questi momenti. Non un immigrato o un senzatetto. Non un governo che cerca di costruire un argine alla pandemia. Non un “altro” che con la sua sola presenza disturba il godimento del momento.

Potrebbe esserci Pinochet al governo, che se si può mangiare e bere, divertirsi e fare festa è pari lo stesso. Anzi, forse sarebbe meglio, perché sarebbe un governo “efficiente” che risolverebbe velocemente i fastidi che perturbano le esperienze.

Una vita piena per loro non è una vita sociale, con gli altri, tesa a inseguire qualcosa, a costruire qualcosa che rimanga, a lasciare il mondo meglio di come lo si è trovato. Loro riempono la loro vita di tagliatelle e formaggi di fossa, vodka e selfie in posa, tutti uguali.

In Italia c’è un terzo del paese che è così e che grida “Libertà Libertà” se gli si chiudono i bar e i ristoranti. E c’è un altro terzo che tutto sommato simpatizza e che pensa che “questa non è vita”, negando però la sopravvivenza di chi rischia la vita con la pandemia. In un paese in cui si assiste da settimane, da quando si sono sbloccati i licenziamenti (è l’estrema destra di Meloni e Salvini ad avere chiesto la libertà di licenziare), a licenziamenti di massa al ritmo di 500 al giorno, nessuno di loro è andato davanti a queste fabbriche a gridare “libertà libertà” e a sostenere queste persone e le loro lotte. Anche oggi, nel momento più buio, c’è un altro terzo del paese, sempre quello, che sciopera, che fa aiuta i senza tetto, che cucina nelle cucine popolari per i poveri, che aiuta i clandestini, che chiede la tassazione dei grandi patrimoni, che si iscrive ai partiti di sinistra, che manifesta, che festeggia il 25 aprile e il 25 luglio.

L’orientamento del movimento no-vax/no-pass

Le manifestazioni europee contro le limitazioni in tempo di pandemia sono caratterizzate, come quelle italiane, dal rifiuto assoluto a qualsiasi limitazione all’attività economica (il diritto insopprimibile e illimitato di fare profitti) e il rifiuto a qualsiasi limitazione dei comportamenti individuali richiesto dai clienti.

La libertà dei soggetti fragili e della società tutta a tutelarli non è presente. La loro libertà è innanzitutto il loro diritto a vivere, il loro e nostro diritto a restare in salute e a non rischiare conseguenze di lungo periodo. Questa libertà entra in contrasto con la libertà economica a fare profitti e con la libertà individuale a divertirsi. In questo scontro, chi manifesta ha scelto da che parte stare.

Anche la destra sa benissimo dove stare. Non dicono che dei fragili non si interessano (se ne fregano, per usare un linguaggio da ventennio), dicono di voler difendere la libertà di ristoratori e clienti di divertirsi. Di vivere. E con una certa lucidità e coerenza politica. Storicamente per loro gli storpi, i mal riusciti, erano un peso per la razza, tanto che neanche ci finivano nei campi di concentramento e venivano eliminati direttamente (una eliminazione che cominciò prima addirittura di altre).

Il problema è la sinistra, egemonizzata da decenni da un pensiero libertario post sessantottino che concepisce la libertà in assonanza con la destra come assenza di vincoli e costrizioni. Senza lacci e lacciuoli, direbbe il Sole 24 Ore. Senza vincoli sociali, senza responsabilità verso gli altri, concentrata sul viversi la vita, come susseguirsi si esperienze belle e gratificanti, che nessuno può interrompere o turbare.

Questa “sinistra” non sente doveri verso i più fragili e vede la propria insopprimibile libertà senza vincoli come un bene assoluto a cui non si può transigere. Se i fragili sono da sacrificare per riprendere la vita goduriosa precedente, così sia.

I vincoli servono a imbrigliare il più forte a beneficio del più debole. E il più forte è sempre stato insofferente verso i vincoli. Il pensiero libertario ha insinuato a sinistra che non sia così. Ma senza vincoli esterni, ritorna la legge del più forte, riemergono i rapporti di forza, a scapito dei più deboli. Il pensiero libertario di sinistra, anche se esso non se ne rende conto, di fatto sdogana a sinistra un pensiero funzionale alla destra. In questo caso a quella più estrema.

Al rifiuto di qualsiasi limitazione è seguita la diffusione di teorie complottiste di ogni tipo: “il virus non esiste” “è una normale influenza” “si può curare con il farmaco x ma non ce lo dicono” ecc. Questo rappresenta una razionalizzazione ex-post per giustificare il proprio rifiuto di qualsiasi vincolo anche davanti a un’evidenza sanitaria indiscutibile. Io rifiuto le limitazioni e per farlo devo giustificarlo a me stesso prima che agli altri, per questo si accetta di credere alle teorie più fantasiose e incredibili. 

Le scelte dietro il pass sanitario

La questione dietro il pass sanitario è se possano esistere o meno limiti collettivi ai comportamenti individuali e all’attività economica.

O si tutelano le persone fragili, quelle che non possono vaccinarsi o su cui il vaccino non ha effetti (trapiantati, immunodepressi, malattie autoimmuni etc), restringendo la possibilità di vita sociale di chi non vuole vaccinarsi, oppure si da a queste persone il diritto di vivere liberamente rinchiudendo in casa le persone fragili, quasi fosse colpa loro della fragilità che portano.

Chi ha comportamenti individuali che contrastano con l’interesse collettivo deve essere sanzionato. Per tutelare la parte più fragile della società che sarebbe colpita dalle conseguenze di questa libertà senza limiti. Una libertà senza limiti che si trasforma nel suo contrario, cioè nella “libertà” dei forti contro i deboli.

Mi sono state mosse tre critiche. La prima mi accusa di fare il gioco di Macron (o di Draghi) e dei padroni (che si celano dietro di loro). Si dice che stanno usando la pandemia per imporre restrizioni di controllo sociale e per erodere i diritti. Questo è assolutamente vero, ma era assolutamente vero per ogni singolo giorno che ha preceduto la pandemia: anche prima della pandemia erano impegnati a ridurre i diritti e a utilizzare qualsiasi espediente per farlo. Non hanno aspettato certo la pandemia per farlo. Il rifiuto della restrizione dei diritti però non può portare al rifiuto dei provvedimenti di tutela collettiva dalla pandemia, quanto piuttosto al rifiuto di quei punti inseriti in maniera opportunista in tali provvedimenti. Io sono contrario a qualsiasi licenziamento legato alla non vaccinazione dei lavoratori, ma al contempo penso che sia necessario che tutti i lavoratori della sanità e quanti hanno contatto con il pubblico siano vaccinati, per il bene collettivo. Il rifiuto dei licenziamenti non può portare a ignorare la salute delle persone fragili che non possono vaccinarsi.

La seconda è che non bisogna perdere tempo a parlare, ma bisogna lanciarsi nelle manifestazioni. Che sarei un intellettuale da quattro soldi che perde tempo a ragionare. L’anti-intellettualismo è un elemento della cultura fascista: nel motto di Mussolini “Credere Obbedire Combattere” non c’era spazio per lo studio, la cultura, l’analisi, la critica. Nel mio piccolo, cerco invece di seguire Gramsci, vittima di Mussolini e del fascismo, che ci ha insegnato che l’analisi e la pratica vanno insieme, che è attorno alle grandi idee che si può costruire una via collettiva per cambiare il mondo. Senza di essa, inseguendo qualsiasi cosa si muova, qualsiasi movimento, si agisce come gattini ciechi.

Infine mi è stato detto che farei lo schizzinoso, che dividerei il movimento contro Macron. Questa posizione contiene in sé l’idea che la divisione destra-sinistra non esista più, e che ci si dovrebbe unire tutti contro il potere oppressivo. Chi la sostiene non sente nessun fastidio a manifestare a fianco di gruppi fascisti, in manifestazioni egemonizzate da loro e con parole d’ordine lontane dalla sinistra. Devo ammettere che in effetti, per rispondere a queste persone con le loro parole, ho sempre giocato alla divisione dai fascisti. Loro sono nemici di classe e mai ho manifestato con loro. Ancora una volta, questo mostra il carattere reazionario di queste manifestazioni: è da sempre l’estrema destra che sostiene che la divisione destra-sinistra non esista e che sia un’invenzione delle élites per dividere il popolo, e che sarebbe necessaria un’unione nazionale oltre destra e sinistra per unire il paese e liberarlo. Ancora una volta mi ricorda molto Mussolini e i suoi. 

La sinistra e le manifestazioni contro il pass sanitario

I movimenti sociali sono come dei bus, su cui chiunque può salire. Il problema è capire chi siede al volante. Pensiamo ai grandi scioperi: ad essi non partecipano solo i lavoratori di sinistra, ma anche persone di centro, o lavoratori vicini all’estrema destra. Ma il loro orientamento è chiaro e mai l’estrema destra ha provato a prenderne il controllo, perché la loro radice sociale risiedeva in un orientamento di classe avverso all’idea corporativa della destra.

Il movimento contro il passa sanitario si inserisce nella continuità delle numerose manifestazioni oscurantiste che hanno avuto luogo in Francia e in Europa negli ultimi mesi. Queste hanno “in sé” una radice di estrema destra perché si basano sul sostegno all’assenza di vincoli all’economia e ai comportamenti individuali (che si traduce nell’imposizione della “libertà” del forte sul debole)  e su un irrazionalismo complottista (“il virus non esiste” “è una normale influenza” “si può curare con il farmaco x ma non ce lo dicono” ecc). 

Questo si basa sull’idea che la gente comune è vittima di un sistema di sfruttamento in cui tutto è controllato da una piccola cerchia di un’élite con il potere di controllare e pianificare tutto. Chi viene, come me, dal paese che ha inventato il fascismo, sa molto bene che questa è la base culturale del fascismo. Chiunque pensi questo non è ancora un fascista, ma è a un passo dal diventarlo.

Purtroppo ci sono molte persone oggi che confondono la lotta di classe con la lotta contro le élite: la prima è una lotta per la democrazia e l’uguaglianza, la seconda è una strada che porta al fascismo. Perché è così? Perché se esiste questa élite onnipotente, non c’è possibilità di democrazia, infatti tutti in democrazia sono compromessi con l’élite che controlla tutto. Anche i partiti di sinistra e i sindacati: ricordiamo cosa sosteneva Jean Marie Le Pen a ogni sciopero? Un’élite internazionale (e alcuni indicano anche la radice ebraica), unificata, globale, che vuole assoggettare i singoli paesi sfruttando una retorica democratica dove ciascun attore partitico, sindacale o associativo obbedisce in realtà a questa élite. Bene, se questo è il caso, l’unica soluzione logica è una forza antidemocratica e nazionalista, guidata da un uomo (o una donna?), che liberi il paese dalla democrazia corrotta delle élite.

Le proteste di questi giorni sono proteste che partono da questo terreno culturale. Ecco perché l’estrema destra, in Francia come in tutta Europa, è dominante. Non è una questione di rapporti di potere, né di andare in massa a cambiare la direzione delle manifestazioni. È che la cultura su cui si basa, gli slogan, l’orientamento politico sono di estrema destra. 

L’obiettivo del sindacato non deve essere quello di partecipare a queste manifestazioni per egemonizzarle. In un momento in cui l’egemonia appartiene all’avversario il rischio è piuttosto quello di perdere pezzi in favore di chi si vuole combattere. Bisogna invece indire manifestazioni e scioperi paralleli a queste manifestazione, indetti su parole d’ordine chiare e che contrastino quelle dell’estrema destra, e che mettano le manifestazioni sindacali in concorrenza con quelle indette “spontaneamente” dall’estrema destra. Il centro di queste manifestazioni deve essere contro la libertà di licenziare in assenza del pass sanitario, non contro il pass sanitario stesso.

Mi dispiace vedere che, su questo argomento, la confusione in Francia è la stessa del mio paese d’origine, dove non c’è più nessuna sinistra o sciopero degno di questo nome.

Invito tutti a fare attenzione alla loro partecipazione a queste manifestazioni, perché potrebbe danneggiare i futuri movimenti di classe ai quali la CGT deve partecipare.