
da https://korybko.substack.com/p/korybko-to-timofei-bordachev-youre
Traduzione di Marco Pondrelli per Marx21.it
Il direttore del programma del Valdai Club, Timofei Bordachev, ha pubblicato mercoledì su RT un articolo sul “perché gli Stati Uniti quasi certamente non permetteranno mai all’Ucraina di entrare nella NATO”. Il sottotitolo dichiara che “Kiev deve affrontare una brutta notizia: per la prima volta, l’allargamento della NATO è diventato una minaccia per Washington stessa”. Questo stimato esperto ha spiegato in dettaglio le relazioni di proxy-patron degli Stati Uniti con i membri della NATO per la maggior parte del suo articolo, prima di concludere con la seguente nota:
“Invitare Kiev a entrare nella NATO potrebbe significare qualcosa di completamente nuovo per la politica estera americana: la volontà di combattere un avversario alla pari come la Russia. Nel corso della loro storia, gli americani hanno evitato di farlo, usando altri attori come arieti disposti a sacrificarsi e a soffrire per gli interessi americani.
È stato così sia nella prima che nella seconda guerra mondiale.
Lo scenario più probabile, quindi, è che gli Stati Uniti si limitino a promettere di affrontare la questione dell’Ucraina e della NATO dopo che il regime di Kiev avrà risolto i suoi problemi con la Russia in un modo o nell’altro. Nel frattempo, gli verranno promesse solo alcune condizioni “speciali” su base bilaterale”.
Le sue parole sono vere dopo che Kiev non ha compiuto alcun progresso tangibile nell’adesione alla NATO, nonostante il clamore che ha preceduto il vertice di questa settimana. Le sue relazioni politico-militari de facto con il blocco sono state semplicemente formalizzate, mentre i membri hanno ripetuto superficialmente la loro retorica sulla possibilità di un’adesione futura, una volta soddisfatte vaghe condizioni concordate da tutti. La fazione pragmatica della burocrazia politica statunitense ha chiaramente battuto quella ideologica che voleva che l’Ucraina diventasse subito un membro.
Negli ultimi diciassette mesi, la prima è salita di influenza ed è tornata al suo ruolo di leader dell’era Trump, dopo che l’ordine mondiale previsto dalla seconda non è riuscito a realizzarsi nonostante i tentativi di forzarlo. C’è voluto un po’ di tempo perché i pragmatici tornassero alla ribalta politica e non è detto che vi rimangano, ma il trionfo di questa settimana era prevedibile dopo che il mese scorso sono riusciti a ricalibrare la politica degli Stati Uniti nei confronti dell’India.
Prima del viaggio del Primo Ministro Modi negli Stati Uniti, gli ideologi avevano condotto un’intensa campagna di pressione contro il suo Paese, con l’obiettivo di costringerlo a condannare e sanzionare la Russia, ma il tutto è clamorosamente fallito dopo che l’India li ha pubblicamente sfidati ogni volta che ci hanno provato. Il rischio è stato addirittura quello di produrre il risultato contrario, dato che la fiducia degli Stati Uniti nei confronti dell’India, conquistata con fatica, si stava rapidamente erodendo, ciò ha spinto pragmatici come Ashely J. Tellis a entrare in azione due mesi fa.
Tellis ha pubblicato un articolo fondamentale sull’influente rivista ufficiale del Council on Foreign Relations (CFR), Foreign Affairs, sostenendo che gli Stati Uniti devono rispettare l’autonomia strategica dell’India per salvare la loro politica indo-pacifica, che stava per essere distrutta dalle loro stesse mani a causa di questa campagna di pressione. Un mese dopo, all’inizio di giugno, l’Assistente Segretario alla Difesa per gli Affari di Sicurezza Indopacifici Ely Ratner ha confermato, durante l’evento di un think tank, che l’articolo di Tellis era stato ampiamente discusso dai politici.
Retrospettivamente ciò ha portato direttamente alla ricalibrazione della politica statunitense nei confronti dell’India, questo ha rappresentato la vittoria più significativa della fazione pragmatista fino a quel momento. “Gli Stati Uniti si sono finalmente resi conto dell’inutilità di cercare di costringere l’India a diventare un vassallo”, anche se “le parole di Obama sulla balcanizzazione dell’India dimostrano che i liberali-globalisti sono ancora una minaccia”. Tuttavia, i pragmatici hanno dimostrato di poter convincere i politici a cambiare marcia dopo il fallimento della politica dei loro rivali ideologici nei confronti di quella Grande Potenza.
Come è stato scritto in precedenza, non c’è alcuna garanzia che rimarranno in prima linea nella definizione delle politiche, ma l’esito poco brillante del Vertice NATO di questa settimana suggerisce fortemente che sarà molto difficile per i loro concorrenti scalzarli da questa posizione in tempi brevi. I pragmatici hanno immediatamente colto lo slancio politico derivante dalla loro vittoria nel ricalibrare la politica statunitense nei confronti dell’India per sostenere in modo convincente che è da tempo necessario che gli Stati Uniti riconsiderino il loro approccio anche nei confronti della Russia.
Ciò si è manifestato anche in un articolo pubblicato la scorsa settimana su Foreign Affairs del CFR1, in cui si diceva ai politici “Non lasciate che l’Ucraina entri nella NATO”, questo è servito come secondo esempio di spicco dei pragmatici che hanno esercitato la loro ritrovata influenza per plasmare il dibattito sulle principali questioni geopolitiche. Il consiglio condiviso da Justin Logan e Joshua Shifrinson del Cato Institute è stato ascoltato a posteriori, come dimostrato dal fatto che la NATO ha rifiutato di invitare l’Ucraina a far parte dell’alleanza nonostante alcune aspettative contrarie.
Sebbene Bordachev del Valdai Club e i tre esperti citati del CFR sostengano rispettivamente gli interessi russi e statunitensi, essi condividono una visione altrettanto pragmatica delle relazioni internazionali e dei relativi consigli che condividono con i responsabili politici del loro Paese. Ognuno di loro sposa un approccio neorealista che prende candidamente in considerazione le realtà negabili e i limiti che queste pongono alla politica, motivo per cui le due varianti nazionali di questa scuola si oppongono all’adesione dell’Ucraina alla NATO.
Esse prevedono correttamente che l’Ucraina rischierebbe incautamente la Terza Guerra Mondiale per il modo in cui questo scenario aumenta la possibilità di uno scontro diretto tra Russia e Stati Uniti. Sebbene l’articolo 5 non preveda l’uso della forza armata, ma solo “l’azione che [uno Stato membro] ritiene necessaria” per assistere chi è sotto attacco, la Russia dovrebbe presumere che sventare preventivamente le minacce imminenti provenienti dall’Ucraina o rispondere a un attacco proveniente da lì porterebbe alla guerra con gli Stati Uniti.
Di conseguenza, i responsabili politici potrebbero decidere di colpire per primi quel Paese e i suoi alleati europei, al fine di mitigare i danni che dovrebbero infliggere alla Russia secondo l’interpretazione di Mosca dell’articolo 5, rendendo così inevitabile la Terza Guerra Mondiale. Questa sequenza di eventi potrebbe essere evitata tenendo l’Ucraina fuori dalla NATO e diminuendo così le possibilità di uno scontro diretto tra queste superpotenze nucleari, indipendentemente dall’intensità della loro guerra per procura.
È stato saggio per l’alleanza non fare alcun progresso tangibile sull’adesione dell’Ucraina durante il vertice di questa settimana, alla luce di come la Russia valuta ufficialmente l’invio di munizioni a grappolo a Kiev da parte degli Stati Uniti e il suo previsto acquisto di F-16. Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha descritto il primo come “un cambiamento di gioco [che] certamente costringerà la Russia a prendere misure specifiche in risposta”, mentre il ministro degli Esteri Sergey Lavrov ha avvertito che “la Russia non può ignorare la capacità di questi aerei di trasportare armi nucleari”.
Queste escalation sono dettate dalla disperazione dell’Occidente di mantenere in vita la fallita controffensiva di Kiev fino all’inverno, in un ultimo tentativo di guadagnare terreno in vista dell’apparentemente inevitabile ripresa dei colloqui russo-ucraini, che dovrebbe avvenire in quel periodo, come spiegato qui. Hanno già esaurito le loro scorte, quindi ora si affidano a esportazioni sempre più provocatorie, come quelle sopra citate, e a forniture da partner come il Pakistan.
Tuttavia, la guerra per procura tra la NATO e la Russia in Ucraina rimane molto più gestibile che se il Paese fosse un membro della NATO con le garanzie di sicurezza dell’articolo 5, ed è per questo che è nell’interesse degli Stati Uniti che l’Ucraina non aderisca, proprio come sostengono Bordachev, gli esperti del CFR e del Cato Institute. Finché non c’è una possibilità credibile che gli Stati Uniti sostengano Kiev con la forza armata, la terza guerra mondiale non è così probabile, anche se tutto potrebbe cambiare improvvisamente se gli ideologi riacquistassero influenza politica su questo tema.
Note:
1Council on Foreign Relations, think tank statunitense
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