di Andrew Korybko
da https://korybko.substack.com
Traduzione di Marco Pondrelli per Marx21.it
Lo stimato intellettuale russo Sergey Karaganov, che ricopre la carica di presidente onorario dell’influente Consiglio per la politica estera e di difesa della Russia ed è anche supervisore accademico presso la Scuola Superiore di Economia e Affari Esteri Internazionali, torna a parlare di nucleare. L’anno scorso è balzato agli onori della cronaca per la sua proposta di un attacco nucleare contro l’Europa, a cui ha risposto qui, ha appena rilasciato un’intervista a Kommersantsull’aggiornamento della dottrina nucleare russa.
Sebbene all’epoca la precedente risposta sostenesse questa proposta, dopo un’ulteriore riflessione è chiaro che non sarà un deterrente per l’Occidente, per le ragioni che ora verranno spiegate. L’attuale dottrina enumera quattro scenari in cui si possono usare le armi nucleari, che includono minacce all’esistenza dello Stato e aggressioni convenzionali su larga scala. Karaganov ritiene che debbano essere utilizzate “in caso di invasione del nostro territorio e dei nostri cittadini”, in riferimento all’invasione ucraina di Kursk.
Sebbene abbia sicuramente la sua parte di sostenitori tra i falchi in patria e i più accaniti sostenitori della Russia all’estero, tutti costoro stanno trascurando alcuni “fatti scomodi”. In primo luogo, qualsiasi sconfinamento nel territorio russo può essere interpretato come una minaccia all’esistenza dello Stato se il Comandante in Capo vuole davvero rispondere con le armi nucleari, ma quello attuale non ricorrerà a misure radicali, come spiegato qui. In sostanza, Putin ha lavorato duramente per evitare la Terza Guerra Mondiale a causa di errori di calcolo, e ora non sarà imprudente.
Il secondo punto è che, a prescindere da come la si pensi, sganciare bombe nucleari in risposta a quello che il governo considera ufficialmente un atto di terrorismo a Kursk è grossolanamente sproporzionato. Non solo, ma suggerirebbe che la Russia non può rispondere convenzionalmente alle incursioni territoriali a causa di una presunta debolezza, cosa che non è, visto che ha appena lanciato una controffensiva per espellere l’Ucraina da quella regione.
In terzo luogo, anche se la dottrina fosse modificata secondo la visione di Karaganov, è improbabile che specifichi gli obiettivi e la portata della risposta nucleare russa, poiché le circostanze esatte non possono essere conosciute in anticipo. Se i responsabili delle decisioni fossero legalmente obbligati da una dottrina riveduta a usare le armi nucleari a prescindere da tutto, potrebbero scegliere di lanciarle sul proprio territorio o appena oltre il confine, per evitare un’escalation. Questa osservazione si ricollega al quarto punto.
Obbligare una risposta nucleare a qualsiasi sconfinamento può portare gli avversari della Russia a manipolarla per usare tali armi, esattamente come Lukashenko ha avvertito il mese scorso che l’Ucraina ha cercato di fare con l’invasione di Kursk. È stato spiegato qui che “la Cina e l’India sarebbero sottoposte a un’immensa pressione per prendere le distanze dalla Russia, non solo da parte dell’Occidente, ma anche per motivi di apparenza, poiché non vorrebbero legittimare l’uso di armi nucleari da parte dei loro rivali”.
Infine, la Russia può già utilizzare canali discreti per comunicare la sua intenzione di usare le armi nucleari in circostanze diverse da quelle dichiarate pubblicamente (o secondo un’interpretazione nuova, come è stato accennato nel primo punto), quindi aggiornare la sua dottrina nucleare è praticamente solo un esercizio di soft power.
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