
di Marco Pondrelli
La situazione nella penisola coreana è destinata a tornare rovente. Il dialogo fra Kim Jong-Un e Trump ma soprattutto quello fra Kim e Moon Jae-in, Presidente sudcoreano, non hanno prodotto i risultati sperati. Trump e Kim avevano condiviso l’obiettivo della denuclearizzazione della penisola ma a questa dichiarazione di principio non ha fatto seguito alcun progresso, per Washington occorreva lo smantellamento dell’arsenale nucleare di Pyongyang prima di allentare le sanzioni. Per la RPDC sarebbe stato un rischio eccessivo, la recente storia (Libia, Iraq…) dimostra come gli USA siano poco propensi al confronto di fronte ad avversari deboli.
È indubitabile che il dialogo venne ostacolato da pezzi di apparato statunitense, come gli stessi leader nordcoreani denunciarono. Per gli USA un aumento della tensione della penisola coreana garantisce il mantenimento della presenza militare in grado, attraverso il THAAD, di controllare anche il territorio cinese e in minima parte russo.
Fallito il dialogo il nuovo Presidente insediato, Biden, sembra poco interessato al problema coreano ed è tornato alla politica obamiana della ‘pazienza strategica’, questo significa affrontare Pyongyang attraverso le sanzioni pensando di potere prendere il paese per fame. Il crollo della RPDC rappresenterebbe un grosso problema per Pechino ed una grossa opportunità per Washington che le potrebbe consentire di portare i propri missili al confine cinese. La politica USA è fatta non solo di sanzioni ma anche di continue provocazioni a partire dalle prossime, imminenti, esercitazioni militari con la Corea del Sud.
Questo esercitazioni sono una chiara provocazione, esse difatti simulano l’invasione della parte nord del Paese. Kim Jong-Un ha denunciato tutto ciò in un recente incontro con i militari, tenutosi dal 23 al 27 luglio e, pur non nominando direttamente USA e Corea del Sud, ha affermato che ‘le forze ostili stanno rafforzando le loro pratiche fanatiche e persistenti per l’invasione, continuando a espandere sistematicamente la loro capacità di colpire preventivamente la nostra nazione e aumentando le loro spese militari’. È un segnale importante quello che è stato mandato ed è un segnale di pace, non avere attaccato direttamente USA e Corea del Sud vuole dire tenere aperta la porta al dialogo. Se a questa mano tesa non verrà data risposta e le esercitazioni congiunte in funzione anti-nordcoreana saranno confermate esse produrranno degli effetti. Possiamo prevedere che Pyongyang risponderà con alcuni lanci dimostrativi a cui seguirà la solita fanfara mediatica occidentale intenta a denunciare le provocazioni del ‘tiranno’.
Ad un Occidente sempre più incapace di guardare e di capire ciò che lo circonda sfuggono due questioni fondamentali. Innanzitutto un mondo dove il diritto internazionale viene regolarmente calpestato (attraverso guerre e sanzioni illegittime) l’unica difesa valida è quella della forza, Pyongyang è conscia del fatto che un Paese armato con l’atomica non può essere attaccato perché la rappresaglia (Corea del Sud e Giappone) non potrebbe essere fermata. In secondo luogo l’Occidente non considera la determinazione del popolo coreano che ha lottato contro gli Stati Uniti e pur subendo bombardamenti atroci non si arreso.
Sarebbe ora che anche la politica italiana si scrollasse di dosso il cieco servilismo ed iniziasse a battersi per un sistema multipolare, solo così in Corea si potrebbe parlare di pace.